giovedì 6 ottobre 2011

SAN RAFFAELE,BERLUSCONI,BERTONE E FORMIGONI SI ATTIVANO PER IL SALVATAGGIO.TUTTI I RETROSCENA DELL'OPERAZIONE.

Il premier voleva salvare l' ospedale di don Verzè, ma non ha potuto. Allora il presidente della Lombardia ha supplicato il Segretario di Stato...
Il cda del San Raffaele si è riunito nuovamente il 3 ottobre, per la prima volta dopo la decisione della Procura di presentare l’istanza di fallimento. E cominciano a emergere maggiori particolari sulla genesi e lo sviluppo di un’operazione che negli ultimi mesi ha visto intrecciarsi il mondo della finanza e della sanità con quello Vaticano.All’inizio del 2011, di fronte all’ingente mole di debiti provocati dalla faraonica gestione di don Luigi Verzè, il premier Silvio Berlusconi si era detto disponibile a intervenire per salvare l’ospedale dove lui stesso va a farsi curare. Ma l’attesa sentenza della Corte d’Appello sul Lodo Mondadori, che imporrà a Fininvest il pagamento di 560 milioni di euro alla holding di Carlo De Benedetti, «congela» le intenzioni del premier, non più in grado di venire incontro alle necessità dell’amico prete. Il Cavaliere aveva affidato la pratica a uno dei suoi consiglieri più ascoltati, il super consulente d’impresa Bruno Ermolli. È lui a cercare di mettere insieme una gruppo di imprenditori in grado di rilevare l’ospedale. Si fa così avanti Giuseppe Rotelli, uno dei maggiori imprenditori della sanità lombarda e italiana.

Negli ambienti del San Raffaele molti clinici si mostrano però insofferenti: temono che l’ospedale diventi una «clinica d’affari», che passi in secondo piano l’attenzione al malato caratteristica dell’ispirazione originaria di don Verzè, il quale si convince ad esplorare altre vie.Così, lo scorso marzo, l’anziano sacerdote mette in moto tutti gli amici del mondo della finanza, delle banche e della politica. Scende in campo anche il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni. È lui a interpellare direttamente il Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il cardinale, all’inizio titubante, chiede a due uomini di sua fiducia, il presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi e il manager della sanità Giuseppe Profiti, di esaminare i conti del San Raffaele. Profiti, il più ottimista sull’esito dell’operazione, convince Bertone.E la nuova squadra entra nel cda prendendo le redini dell’ospedale: oltre a Profiti e Gotti, c’è l’ex Guardiasigilli Giovanni Maria Flick, anch’egli stimatissimo da Bertone, che ha cercato invano di affidargli sia la guida dell’istituto Toniolo, cassaforte dell’Università cattolica, sia la presidenza dell’Aif, l’autorità che vigila sull’applicazione in Vaticano delle norme antiriclaggio. Con loro entra anche l’imprenditore cattolico genovese Vittorio Malacalza, che si mette a disposizione per collaborare al progetto della Segreteria di Stato.
La visione dei conti riserva brutte sorprese. E il 18 luglio il suicidio di Mario Cal, braccio destro di don Verzè, fa precipitare la situazione. La Procura di Milano, che prima aveva concesso ai nuovi arrivati alcuni mesi per la presentazione di un piano di risanamento, contrae i tempi e fissa la scadenza del 15 settembre.

La cordata bertoniana fa lavorare a tempo pieno i revisori di Deloitte, il superconsulente Enrico Bondi – che interviene in cambio di un compenso simbolico – e i legali dello studio Gianni Origoni. I debiti del San Raffaele ammontano a un miliardo e mezzo di euro, solo nel primo semestre del 2011 le perdite si attestano sui 40 milioni di euro. Ci sono centinaia di fornitori dell’ospedale che non vengono pagati da due anni e sono anch’essi sull’orlo del fallimento.
La nuova cordata decide di isolare le attività sanitarie italiane dal resto e presenta un piano che prevede l’esborso in contanti di circa 300 milioni di euro, ripartiti tra lo IOR e Malacalza, più l’accollo delle perdite previste nei sei mesi successivi (circa 50 milioni di euro) e l’accollo di alcuni debiti per altri 300-400 milioni di euro: in totale circa 750 milioni di euro.Le attività e le passività che la banca vaticana e Malacalza intendono acquisire saranno trasferite a una nuova società (newco), che a sua volta dovrebbe costituire una nuova fondazione, in modo da poter ricevere i contributi del cinque per mille. La vecchia fondazione San Raffaele incasserebbe il valore della nuova società, dismettendo le attività che le sono rimaste e pagando i creditori.Secondo le stime di Profiti in due anni il San Raffaele potrebbe essere risanato. Stime più prudenti affermano che di anni ce ne potrebbero volere quattro. L’intenzione della cordata bertoniana è di arrivare a un concordato preventivo sottoposto al controllo della magistratura e il piano di risanamento presentato il 15 settembre deve essere approvato dai consulenti del Tribunale fallimentare entro il 10 ottobre.Ma la Procura, anche a seguito dell’inchiesta su Cal, è andata avanti e ha presentato l’istanza di fallimento: una complicazione che non dovrebbe bloccare l’inziativa della squadra di Bertone.
L’interesse del Vaticano è quello di salvare un gioiello e un modello per la qualità delle cure e la ricerca. Anche se l’operazione – le cui motivazioni non sono state ancora comunicate né spiegate – ha suscitato perplessità e dubbi negli ambienti d’Oltretevere e in quelli della Chiesa italiana: per la somma consistente che il Vaticano deve impegnare e per le implicazioni legate all’insegnamento e alla sperimentazione attuati dal San Raffaele, non in sintonia con l’insegnamento cattolico.Lo scorso 17 settembre, a Castel Gandolfo, i cardinali Bagnasco e Bertone hanno parlato anche di questo con Benedetto XVI. Il Segretario di Stato avrebbe assicurato che l’impegno finanziario del Vaticano sarà limitato nel tempo, in attesa di far subentrare nuovi soci. E se l’operazione salvataggio andrà in porto, bisognerà tener conto anche del parere del nuovo arcivescovo Angelo Scola, che il Papa ha voluto inviare sotto la Madonnina.

FONTE
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