lunedì 13 dicembre 2010

SANTI PAGANI: UN IMBROGLIO MILLENARIO DELLA CHIESA DI ROMA.



Madonna del cardellinoDivinità ieri, santi oggi
LA BIBBIA
Inizio questo studio a partire dalle Tavole della Legge (o 10 comandamenti) che lo stesso Dio scrisse su pietra col fuoco e consegnò a Mosè sul Monte Sinai intorno al XIII secolo a.C. Vi sono due versioni bibliche dei 10 comandamenti, quella dell'Esodo (20, 2-17) e quella del Deuteronomio (5, 6-21).   Nell'Esodo leggiamo:
[2] Io sono il Signore, tuo Dio,che ti fece uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa degli schiavi.
[3] non avrai altri dei all'infuori di me.
[4] Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra.

[5] Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano,
[6] ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
[7] Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.
[8] Ricordati del giorno di sabato per santificarlo:
[9] sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro;
[10] ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te.
[11] Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro.
[12] Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio.
[13] Non uccidere.
[14] Non commettere adulterio.
[15] Non rubare.
[16] Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
[17] Non desiderare la casa del tuo prossimo.
Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.
Nel Deuteronomio gli stessi comandamenti sono detti in modo leggermente differente:
[6] Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese di Egitto, dalla condizione servile.
[7] Non avere altri dèi di fronte a me.
[8] Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra.
[9] Non ti prostrerai davanti a quelle cose e non le servirai. Perché io il Signore tuo Dio sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per quanti mi odiano,
[10] ma usa misericordia fino a mille generazioni verso coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti.
[11] Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio perché il Signore non ritiene innocente chi pronuncia il suo nome invano.
[12] Osserva il giorno di sabato per santificarlo, come il Signore Dio tuo ti ha comandato.
[13] Sei giorni faticherai e farai ogni lavoro,
[14] ma il settimo giorno è il sabato per il Signore tuo Dio: non fare lavoro alcuno né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero, che sta entro le tue porte, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te.
[15] Ricordati che sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato.
[16] Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà.
[17] Non uccidere.
[18] Non commettere adulterio.
[19] Non rubare.
[20] Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
[21] Non desiderare la moglie del tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo.
Sono interessato a sottolineare quanto è scritto nelle prime frasi, praticamente coincidenti, delle due versioni (osservo che nella Bibbia non vi è una numerazione dei comandamenti, i numeri tra parentesi quadra indicano il numero del verso come sistemato in epoca posteriore alla redazione). Le frasi vanno dalla [2] alla [6] nella versione Esodo e dalla [6] alla [10] nella versione Deuteronomio. [Osservo a parte che anche il Non commettere adulterio  che ha un preciso significato, si è passati nei comandamenti cattolico a Non fornicare o a Non commettere atti impuri con un significato completamente diverso strettamente connesso con la misoginia della Chiesa sulla quale dirò in un prossimo capitolo].
        Le Tavole della legge erano destinate al popolo ebraico ma furono assunte come proprie anche dal Cristianesimo con qualche cambiamento (è stato tolto il riferimento alla liberazione dalla schiavitù in Egitto ed il giorno di riposo è diventato la domenica anziché il sabato). Il problema più grave sorse intorno alla metà del secolo VIII, sulla vicenda  che va sotto il nome di culto delle immagini o loro eliminazione (iconoclastia) come prevedrebbe il testo biblico. Scoppiò nell'Impero Bizantino, si estese un poco dovunque. Se ne interessarono Re e Papi finché non si addivenne, dopo aspre lotte e scomuniche, all'ammissione delle immagini, che erano diventate oltre ad un importante richiamo alle immagini degli dei pagani, importanti fonti di reddito per preti e frati, con Papa Gregorio IV nell'843. Il problema si ripropose però nel XVI secolo con la Riforma protestante che, di nuovo negò il culto delle immagini. Insomma, la Chiesa di Roma decise di non tenere conto della volontà di Dio, scritta a fuoco sulla pietra, e di utilizzare la Bibbia come un menù alla carta. Ed i comandamenti che il Cristianesimo accetta sono oggi quelli che seguono:
Io sono il Signore Dio tuo:
Non avrai altro Dio al di fuori di me.
Non nominare il nome di Dio invano.
Ricordati di santificare le feste.
Onora il padre e la madre.
Non uccidere.
Non commettere atti impuri.
Non rubare.
Non dire falsa testimonianza.
Non desiderare la roba d'altri.
Non desiderare la donna d'altri.
        I dibattiti, come accennato, furono lunghissimi e non riguardarono solo la cosa in sé ma anche nelle sue valenze dottrinali in epoche in cui le eresie abbondavano ed il volere di Dio si decideva quando possibile a maggioranza o con l'uso della forza di un tal regnante amico di tale Papa. Una sintesi estrema può far intendere almeno cosa era in gioco.
        La prima questione era strettamente teologica e relativa alla natura di Cristo. Questi si era incarnato e quindi si era materializzato ed allo stesso modo si sarebbe potuto rappresentarlo materialmente. Quindi i problemi riguardavano uno dei dogmi della Chiesa, l'Incarnazione. Dietro di ciò vi erano riti che definire pagani è un tenero eufemismo. L'immagine di Cristo era essa stessa parte dell'Incarnazione e quindi si poteva sottrarre con un coltello della vernice dall'immagine per mescolarla al vino della messa in modo di entrare in perfetta comunione con Cristo. L'immagine, più in generale di un santo era essa stessa una sorta di manifestazione materiale del medesimo santo. Al punto che, come nei riti romani che si dovevano svolgere davanti ad un testimone, nel battesimo e nella cresima si utilizzava un'immagine sacra come testimone. E' chiaro che un'immagine sacra lo era tanto più quanto benedetta da autorità religiose. Serviva per aiutare i malati, per accompagnare i morti, per ogni sollievo dal male. La produzione di tali immagini era dunque un'attività estremamente lucrosa.
        La stessa Bibbia era inesorabile contro il culto delle immagini se Isaia poteva scrivere: Quelli che fabbricano gli idoli sono gente da nulla. I loro dèi preziosi non servono a niente. Quelli che li adorano non vedono e non si rendono conto: perciò saranno coperti di vergogna. Chi fabbrica un idolo o fonde una statua si illude di averne un vantaggio. Quelli che li prendono sul serio saranno umiliati, perché gli idoli sono stati fatti da semplici uomini. Il falegname prende le misure, disegna l’immagine con il gesso, misura il pezzo con il compasso e lo lavora con lo scalpello. Gli dà una forma umana, una bella figura d’uomo, che metterà in casa. […] Usa una parte dell’albero per accendere il fuoco, e una parte per costruire un idolo. Mette la prima in un braciere per riscaldarsi e cuocere il pane; con l’altra invece fa la statua di un dio e la adora con grande rispetto. Con un po’ di legna fa il fuoco; arrostisce la carne, se la mangia ed è sazio. Poi si riscalda e dice: Che bel calduccio! Che bel fuocherello! Poi con il resto si costruisce un dio, il suo idolo, lo adora, si inchina e lo prega così: Tu sei il mio Dio, salvami! Questa gente è troppo stupida per capire cosa sta facendo: hanno gli occhi e l’intelligenza chiusi alla verità. Nessuno di loro riflette, nessuno ha il buon senso o l’intelligenza di dire: Ho bruciato metà di un albero; sulla brace ho cotto il pane e arrostito la carne che mangio. Dell’altra metà ho fatto un idolo inutile. Mi prostro davanti a un pezzo di legno! Il loro idolo non li può salvare, ma essi non riescono a pensare: E’ evidente che quello che ho in mano è un falso dio [Isaia 44; 9-20].
        Ma qui ho già fatto un passo troppo avanti ed occorre distinguere per essere più precisi. Infatti, tornando ai 10 comandamenti, il comandamento è relativo all'immagine di Dio, è di Dio che non si devono fare immagini. Dei santi neppure si parla perché sono del tutto estranei a quel Dio che, lo ripete spesso in vari passi della Bibbia, è geloso e non vuole neppure saperne di altri dei di qualunque rango al suo fianco. Ma qui, quando ho parlato di immagini sacre ho parlato di immagini di santi. Si introduce quindi un ulteriore problema a lato del culto delle immagini, quello del culto dei santi. E' un qualcosa che ha un senso per il Cristianesimo e, comunque, da dove discende ?

IL CULTO DEI SANTI

        Scrive Karlheinz Deschner nel volume primo (parte prima) della sua monumentale ed eccellente Storia criminale del Cristianesimo:
Paolo, l'apostolo dei gentili, con Giovanni pose le basi del cristianesimo, egli era in guerra ideologica e di potere con gli ebrei e alleato con i gentili convertiti, i cristiani presero a chiamare gli ebrei assassini di profeti, però anche la chiesa avrebbe sterminato profeti cristiani, come anche Elia aveva sterminato 450 sacerdoti di Baal.
Per Giustino gli ebrei avevano meritato la loro sorte, per Eusebio essi erano responsabili delle colpe di tutto il genere umano, alle fine furono accusati di aver ucciso Dio, Tertulliano diceva che gli ebrei non erano destinati al paradiso, nel IV secolo, l'epoca di Costantino e del cristianesimo trionfante, l'ostilità verso gli ebrei divenne sempre più violenta, per opera di Ippolito, Attanasio, Ambrogio e Agostino.
Cipriano, nel terzo secolo, odiava gli ebrei, Efrem (306-373) chiamò gli ebrei assassini di Dio, Crisostomo (354-407) chiamò gli ebrei criminali e assassini, per lui la sinagoga era un bordello e un covo di briganti, per Clemente d'Alessandria, Origene e Crisostomo gli ebrei dovevano essere schiavi dei cristiani, allora ad Antiochia, Roma e Alessandria vi erano importanti comunità ebraiche.
Il sinodo di Elvira del 306 proibì ai cristiani, con aspre pene, di mangiare con gli ebrei e di celebrare con loro matrimoni misti, il sinodo successivo di Antiochia proibì di celebrare assieme a loro la pasqua e di fare visita alle sinagoghe, nel 315 Costantino dichiarò la conversione alla religione ebraica un delitto capitale e proibì  i matrimoni misti con gli ebrei.
Progressivamente gli ebrei furono privati della capacità di fare testamento, allontanati dagli impieghi, dalla corte, dall'esercito e nel 438 furono dichiarati inabili a ricoprire qualsiasi incarico statale, perciò furono costretti a dedicarsi alle attività finanziarie e commerciali.
Sotto i romani, le persecuzioni legali, cioè non spontanee, degli ebrei della diaspora, iniziarono nel IV secolo, agli ebrei fu proibito di possedere  schiavi, le loro sinagoghe erano incendiate e i loro beni espropriati dai cristiani, è accaduto per tutto il medioevo e anche sotto il nazismo, anche i pogrom sono stati spontanei od organizzati dallo stato.
Nella seconda metà del II secolo Marcione fu l'autore della versione più antica del Nuovo Testamento, Marcione sosteneva che il dio del vecchio testamento aveva creato il mondo e quello del nuovo testamento, che era diverso, lo aveva salvato dal peccato.
La chiesa cattolica sorse tra il 160 e il 180, quando fu definito il canone cattolico, in questa evoluzione Paolo era stato in aperto contrasto con i cristiani ebrei, ebioniti e nazareni, che non credevano alla divinità di Cristo.
Tra i cristiani già nel II secolo erano tante le sette in lotta tra loro e con i Giudei, fino all'eliminazione fisica, per la sua propaganda Paolo iniziò a ricorrere alle falsificazioni, come la chiesa cattolica avrebbe continuato nei secoli successivi, Paolo diceva espressamente: "Se grazie alle mie menzogne la verità di Dio ha trionfato, perché io devo essere biasimato?".
Paolo era anche accusato dagli ebrei cristiani d'imbrogli finanziari, l'amore di Paolo era riservato solo agli elementi del suo partito e a chi condivideva la sua opinione, grazie alla sua predicazione, ad Efeso i cristiani distrussero un patrimonio in libri, questa pratica cristiana sarebbe continuata seguita anche nei secoli successivi.
Cerento sosteneva che Gesù non era nato da una vergine ed era solo un uomo saggio, era la tesi di ebioniti e nazareni, però, a causa delle dispute su Cristo, i figli si divisero dai genitori, d'altronde Cirillo d'Alessandria diceva che il timore reverenziale verso i genitori era inopportuno se portava danno alla fede, in pratica i genitori andavano onorati dai figli solo fino a che non si mettevano contro la chiesa.
[...]
Nelle dispute teologiche la diffamazione diventava più importante di qualunque prova, come accade oggi in politica, anche il veleno era usato per eliminare gli avversari, com'è stato abbondantemente usato nei secoli dalla curia romana e ai vertici degli stati.
Nel II secolo Ignazio di Antiochia sancì che ogni comunità doveva essere presieduta da un vescovo, Ireneo attaccò duramente lo gnosticismo,  ne fu distrutta la sua ricca produzione letteraria, accusò ingiustamente gli gnostici di lussuria, erano uomini che non credevano alla gerarchia religiosa, inseguivano la conoscenza ed erano asceti, lo gnostico Bordesane (154-222), condannato dalla chiesa, fu un pensatore originale, capace di fondere il pensiero cristiano con la filosofia greca.
All'inizio del III secolo Tertulliano elaborò la dottrina della grazia, del battesimo, della penitenza, della cristologia e della trinità, fissando altri principi al protocattolicesimo di Paolo e Giovanni,  lottò per eliminare fisicamente i suoi avversari, naturalmente eretici per lui, alla fine della sua vita però anche lui  aderì all'eresia montanista, i montanisti erano asceti che annunciavano, dopo la rivelazione di Cristo, quella dello spirito.
Cirillo accusava i montanisti di uccidere i bambini e di mangiarli, un'accusa che i romani all'inizio avevano rivolto ai cristiani e che poi il cristianesimo istituzionalizzato rivolse agli ebrei, nel IV secolo Pacomio, fondatore del monachesimo cristiano, odiava gli ebrei come la peste.  Efrem diffamò  il persiano Mani, fondatore del manicheismo, che era contro il servizio militare, la venerazione delle immagini, l'idolatria.
Chi la pensava diversamente dai padri cattolici era trascinato nel fango, nel IV secolo Ilario  denigrava ebrei, pagani ed eretici ariani. Girolamo era contro le eresie ed esaltava la verginità,  come Agostino ricordava i giorni dissoluti della sua giovinezza, comunque definì i cristiani eterodossi bestie da macello.
Origene nello stesso secolo sosteneva che il figlio era subordinato al padre e lo spirito santo al figlio, non credeva al fuoco eterno dell'inferno, per lui incompatibile con la misericordia di Dio, perciò alla fine anche lui fu condannato dalla chiesa trionfante.
Girolamo accusò Rufino di aver usato il denaro per appropriarsi del seggio episcopale romano, questa prassi si ripeté nei secoli successi, la simonia a Roma era sempre condannata e sempre praticata, comunque era chiaro che la lotta alle eresie era pura lotta per il potere.
All'inizio del V secolo il sacerdote Vigilanzio attaccò con veemenza il culto delle reliquie e dei santi, che favorivano le truffe e lo sfruttamento della credulità popolare, il santo Girolamo disse che i libri da lui scritti erano stati vomitati nell'ebbrezza del vino, egli  tentava sempre di far apparire come abietti furfanti i suoi avversari. Girolamo era ben introdotto presso l'aristocrazia romana, falsificò documenti e fece delazioni.
A causa della divisione dei cristiani, ufficialmente per ragioni ideologiche, in realtà per ragioni economiche e di potere,  Giovanni Crisostomo affermava che non si potevano convertire i pagani  con la condotta di vita dei cristiani, che avevano essi stessi bisogno di essere salvati.
Fortunatamente di lì a poco il cristianesimo, nella sua opera d'evangelizzazione sarebbe stato soccorso dalla spada del braccio secolare, accadrà anche con Maometto, comunque anche Nazianzeno denunciava le divisioni e le rivalità che divoravano i cristiani.
Nel 372 d.c. San Basilio diceva che il più grande bestemmiatore era il candidato ideale a ricoprire la carica di vescovo, destinato a sperperare il denaro che doveva essere consegnato ai poveri, comunque anche San Basilio era contro la libertà di pensiero, cioè era contro l'eresia degli altri.
Ai cristiani trionfanti stavano a cuore la distruzione dei luoghi di culto concorrenti e la persecuzione dei seguaci delle altre confessioni religiose, i templi antichi hanno sempre attirato ricchezze, tra loro si facevano concorrenza e di denaro non ce n'era mai abbastanza  per i dirigenti cattolici.
Nel quarto secolo i cristiani erano urbanizzati, entrati nelle istituzioni e civilizzati, mentre i pagani erano più rurali e considerati selvaggi, cioè erano regrediti, perché in epoca ellenica avevano coltivato arti e cultura e abitato anche nelle città.
Prima di Costantino i padri della chiesa predicavano la tolleranza e reclamavano la libertà di culto, invitando a non odiare nessuno, all'inizio anche Tertulliano era a favore della libertà di culto, le sue prese di posizione però erano state solo tatticismo politico verso il potere romano.
Una volta ottenuta la libertà di culto, i cristiani iniziarono le polemiche contro i pagani, come prima avevano fatto contro ebrei ed eretici cristiani, attaccarono l'idolatria perché i miti antichi erano scandalosi, gli dei pagani non erano altro che cani e maiali.
Sottolineavano che le rondini facevano cadere escrementi sulle statue degli dei, per Tertulliano era peccato anche fabbricare statue agli dei, com'era peccato portare i processione gli dei e baciare le loro statue, Agostino affermava che le immagini degli dei non proteggevano gli uomini in battaglia.
Alla metà del II secolo Aristide condannava l'uso egiziano di divinizzare le forze della natura e gli animali, per lui il regno animale e vegetale non significavano nulla, i cristiani non si sentivano naturalisti, ma superiori alla natura.
Taziano criticò costumi e filosofia pagana, diffamando la cultura pagana, del resto tutti i padri della chiesa come Policarpo, Ireneo, Teofilo definivano la filosofia pagana come una frottola menzognera e folle.
Tertulliano riconosceva che gli dei erano una personificazione e divinizzazione delle forze della natura e ne denigrava il carattere osceno, perciò proibì ai cristiani di fabbricare statue e proibì il servizio militare. Alla fine del IIII secolo, Clemente d'Alessandria condannava la mitologia, classica con la divinizzazione degli astri, Attanasio vi vedeva solo immoralità e depravazione sessuale.
Visto che gli uomini con la religione si mettevano in relazione con l'aratura, la semina e la nascita dei frutti della terra, Clemente si chiedeva perché gli uomini abbandonavano il cielo per venerare la terra, lui la terra la calpestava con i piedi e non l'adorava, era inoltre scandalizzato dalla riproduzione della sessualità, voleva sostituire il cosmo dominato dalle forze di natura con un cosmo controllato dalla chiesa.
Quando il cristianesimo divenne lecito, iniziò la persecuzione  del paganesimo, il sinodo di Elvira nel IV secolo colpì l'idolatria e le usanze pagane. Le vittime delle persecuzioni romane dei  cristiani nei primi tre secoli furono poche migliaia, infatti, Origene, morto nel 254, affermava che i martiri cristiani erano un numero piccolo e facile da calcolare(1).
Una volta assunto il potere, il cattolicesimo fu capace di superare quella cifra, tra i nemici della sua fede, in un solo giorno.  I cristiani furono perseguitati sotto Marco Aurelio (177), sotto Diocleziano, Massimiano e Valeriano, morto Diocleziano, i cristiani si vendicarono trasformando il suo mausoleo di Spalato in una chiesa cristiana.
E' una introduzione necessaria alla questione dei santi cristiani. La questione della santità non si poneva infatti nelle prime comunità cristiane. Santi erano tutti coloro che avevano abbracciato la fede cristiana. Una testimonianza di ciò la troviamo già in Paolo di Tarso che, iniziava la sua lettera ai cristiani di Efeso nel modo seguente:  1Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, ai santi che sono in Èfeso, credenti in Cristo Gesù: 2grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo (Lettera gli Efesini, 1, 1-2). Con il passare del tempo, da un lato i cristiani crescevano in numero, dall'altra alcuni subivano il martirio per esserlo diventati mentre altri rinnegavano la fede sotto la minaccia del martirio. Santi divennero allora i martiri, come elemento di distinzione da coloro che rinnegavano la fede. Santità divenne quindi il segno di riconoscimento dei cristiani che avevano abbracciato la fede con un qualche eroismo e, più che mai evidentemente, coloro che avevano subito il martirio per aver scelto il Cristianesimo. Questo culto dei martiri fu ufficializzato da Papa Damaso I (circa 305-384) al termine delle persecuzioni anticristiane (va notato che il reclamare la purezza della fede di questo papa, arrivista ed adultero, serviva a distogliere l'attenzione ad infinite questioni di fede che, appunto, all'epoca dell'elezione di tale Papa videro eleggere anche un antipapa, Papa Ursino con scontri feroci e molte vittime(2)). Quando tali persecuzioni terminarono, intorno al 311, le Catacombe furono abbandonate ed andarono in rapido deperimento. Fu Damaso che le fece restaurare ed ampliare al fine di mantenere la memoria delle persecuzioni e che fece ricercare e trovare le tombe dei martiri in modo da amplificarne il ricordo. I martiri(3) divennero così i santi e ad essi furono associati coloro che avevano abbracciato la fede cristiana e la avevano mantenuta per tutta la vita. A questa categoria di santi se ne aggiunsero delle altre: le vergini, i dottori della Chiesa, gli educatori, ... ed i papi.
        I primi santi, a partire dal III secolo, furono dunque i martiri, la cui storia fu sapientemente manipolata e resa una sorta di testimonianza di sangue (non si capisce bene perché una morte debba essere testimonianza di verità). Questi martiri nei primi secoli del Cristianesimo furono gli unici santi che iniziarono a svolgere il fondamentale ruolo di sostituzione degli dei pagani in alcune loro funzioni, come le guarigioni. Tra i primi vi sono Cosma e Damiano, Zenobio, Zenobia, Michele. Tanto per esemplificare la perfida sostituzione di dei con martiri, anche inventati ed in seguito non mantenuti, si deve ricordare che: Apollo Efebo, dio anche della medicina, divenne il taumaturgo Sant'Efebo; Dioniso Eleuterio (salvatore), divenne Sant'Eleuterio; Giove Nicoforo divenne San Niceforo; Venere Afrodite divenne santa Fredisia; Cerere Flava divenne Santa Flava; Proserpina divenne Santa Filomena; ... Anche alcune date furono santificate cosicché le idi divennero Santa Ida. Allo stesso modo alcuni modi di dire come il romano Perpetua felicitas divennero Santa Perpetua e Santa Felicita. Insomma un vero e completo saccheggio che portò alla sostituzione di divinità protettrici pagane con santi cristiani che avevano stesse caratteristiche e funzioni con medesimi miracoli. La cosa è certificata dallo stesso Agostino che nel De Civitate Dei (22, 10) scriveva: Così i miracoli degli dei sono stati sconfitti dai miracoli dei martiri.
        Il culto di questi santi martiri divenne un'imitazione del culto greco (poi romano) degli eroi, culto che, a sua volta, si rifaceva a quello dei morti. Il luogo dove si svolgevano le cerimonie era la tomba vera o presunta del morto e poi dell'eroe. La tomba divenne sempre più ricca, piena di adorni, di offerte, di fiori e pian piano, in alcuni casi, divenne un tempio che disponeva di un altare per i sacrifici. I riti e le cerimonie avevano fissate periodicità. Tutto questo fu ripreso, a partire dal II secolo, dalla Chiesa che costruì, a partire dal IV secolo, templi sempre più grandi e basiliche per i santi martiri che, come accennato, avevano storie costruite ad imitazione dei personaggi che dovevano andare a sostituire. E se non ve ne erano di adeguate, come non potevano perché la gran parte di loro era assolutamente anonima, si inventavano di sana pianta con agiografie fantastiche. I doni alla tomba e poi al tempio acquisirono via via grande importanza tanto che i martiri accumularono fortune. Agli inizi la Chiesa distribuiva tali fortune tra i poveri ma a poco a poco decise che restassero di proprietà dei martiri. Insieme a fiori, a cibi, ad animali, ad oro e pietre preziose, si aggiunsero, nei luoghi in cui si veneravano i martiri, le medesime offerte, fabbricate dagli stessi artigiani, che erano fatte agli dei pagani: lampade votive, unguenti, lumini, incenso, ... Ed ancora ad imitazione dei riti pagani e degli antichi costumi funebri, si iniziarono a festeggiare alcune ricorrenze, anche con sfrenate gozzoviglie e banchetti fino a notte fonda in onore dei martiri. Con l'istituzionalizzazione delle feste, ad esse si affiancarono fiere e mercati con la partecipazione sempre più massiccia di affaristi d'ogni tipo, non esclusi ladri, prostitute e delinquenti in genere. Ci si accoppiava liberamente, si ammazzava, ci si ubriacava, ci si abbandonava ad oscene orge. Ad evitare possibili confusioni (?) il Sinodo di Elvira (l'attuale Granada), tenutosi tra il 300 ed il 313, proibì alle donne cristiane di pernottare nei cimiteri oltre a vietare il matrimonio con ebrei. Quelle feste in onore dei martiri erano diventate qualcosa di estremamente malfamato se San Gerolamo (347-420) esortava le madri a non mandarvi le figlie o ad accompagnarle sorvegliandole strettamente e se il vescovo di Cirro, Maris, testimoniava della verginità di una fanciulla nonostante avesse partecipato a varie feste dei martiri. Ma già siamo in epoca di agapete, di quella casta convivenza o amore spirituale tra fanciulle che avevano deciso di dedicare la propria verginità a Dio ed uomini di Chiesa che avevano fatto voto di castità, in cui le peggiori nefandezze, aberrazioni e degenerazioni venivano compiute in nome di Dio e per di più autorizzati dallo stesso San Paolo che così aveva sostenuto nella Prima lettera  ai Corinzi (9, 4-5): Non abbiamo forse noi il diritto di mangiare e di bere? Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Pietro ? Lo stesso San Gerolamo denunciò (Lettera ad Eustochio) le vergogne dell'agapete(4) e non solo:
Oh vergogna, oh infamia! Cosa orrida, ma vera!
Donde viene alla Chiesa questa peste delle agapete?
Donde queste mogli senza marito?
E donde in fine questa nuova specie di puttaneggio?
        Ma prima di San Girolamo già San Cipriano (210-258) si era scagliato contro il vergognoso concubinaggio, iniziato nel I secolo, che spesso vedeva delle bambine affidate a vecchi porci, con l'impossibilità di verificare che la verginità fosse mantenuta (sic!) almeno in una parte del corpo:
E non bisogna credere che può essere difesa a motivo del fatto che può essere esaminata per vedere se è, o meno, una vergine, dal momento che la mano e l'occhio delle ostetriche sono spesso ingannate, così che, perfino quando una donna sia trovata incorrotta in quella parte per cui è una donna, ella tuttavia può aver peccato con altre parti del corpo che possono essere corrotte senza che possano essere ispezionate. Già il semplice fatto dello stare insieme, il solo fatto di abbracciarsi, il sussurrarsi e baciarsi e l'indecoroso e folle sonno di due corpi che giacciono insieme, quanta vergogna e accusa tutto questo rivela? Se un marito tornando a casa trova la sua sposa a giacere con un altro, non cade in collera e rabbia fino a che, spinto dalla gelosia, giunge a impugnare la spada? Cosa dire allora di Cristo Nostro Signore, nostro giudice, che vede giacere con un altro uomo la sua vergine, votata a lui e alla sua santità? Quanto potrà incollerirsi, e quali pene potrà minacciare per una impura copulazione di tal sorta! Perché è per lui, per la sua parola spirituale, per il giorno del Giudizio che verrà, che noi dobbiamo lavorare e impegnarci in ogni modo, affinché a ognuno dei nostri fratelli sia permesso di evitarlo. E così, sebbene sia necessario che tutti mantengano la disciplina, in qual misura è più necessario che lo facciano officianti e diaconi, che dovrebbero offrire un esempio e un modello di carattere e contegno? Come possono essi essere presi quali esempi di integrità e continenza, se il vero insegnamento di corruzione e vizio proviene proprio da loro? [San Cipriano, Epistulae - A Pomponio, riguardo a certe vergini, LXI.4]
        A questo punto era ridotta la Chiesa, già ai suoi inizi, e questi diffusi costumi si estendevano particolarmente nelle feste per i santi martiri.
        Ai martiri, come accennato, si aggiunsero in seguito altre tipologie di santi che la Chiesa riconosceva come venerandi. Ai santi furono associate le reliquie. E, ancora, si operò in modo da sovrapporre festività cristiane su antiche festività pagane, tutte di origine contadina o astronomica o meteorologica, come vedremo.
        Con l'editto di Milano o Editto di Costantino (313) che riconosceva il Cristianesimo come religione di Roma, i martiri finirono ma la Chiesa non finì di aver bisogno di santi. A partire dalla fine del IV secolo il problema di chi santificare fu risolto facilmente assegnando la santità a dei monaci che si erano distinti per particolari virtù ascetiche ma anche a dei vescovi. Ma da qui ad un riconoscimento ufficiale, anche per la gran confusione regnante nelle gerarchie, si dovette attendere la canonizzazione di Ulrico di Augusta nel 993 da parte di papa Giovanni XV. Dopo questa santificazione d'autorità occorrerà aspettare il XII secolo per avere la regola secondo la quale per creare un santo occorreva il permesso papale. Il culto di santi comunemente accettati in precedenza, come ad esempio i Dottori della Chiesa e le sempiterne vergini (sulle quali, e sulla misoginia associata a partire da San Paolo, dirò più oltre), fu autorizzato in epoche posteriori. L'ammissione di santi scatenò ogni corporativismo. Ognuno voleva un santo che fosse patrono della professione che esercitava: e così si ebbero facili santi protettori dei falegnami (San Giuseppe), santi un poco più difficili da trovare per i pittori, altri per i calzolai, ... I birrai ebbero come patrono Pietro di Verona (circa 1205-1252) canonizzato da Papa Innocenzo IV nel 1253, i Promessi Sposi ebbero Antonio di Padova, canonizzato da Papa Gregorio IX nel 1232, gli artificieri ebbero Barbara (III secolo) che anticamente era considerata protettrice contro i fulmini (perché suo padre, dopo averla decapitata, fu incenerito da un fulmine), fino ad esaudire anche le prostitute che ebbero Maria Maddalena(5) come loro protettrice. Il ricordo di tali santi avveniva con processioni del tutto simili a quelle odierne ed a quelle di secoli prima.

FESTIVITA' DA PAGANE IN CRISTIANE

        Naturalmente per riuscire a penetrare nei sentimenti popolari più profondi in modo da prendere il posto di altre religioni serviva sostituire la venerazione [l'ipocrisia dei cattolici è infinita. Si sono inventati questa parola per non utilizzare quella più pericolosa di adorazione] di alcune divinità pagane con dei santi cristiani appositamente pensati. Ma ciò non bastava perché, nel corso dell'anno vi erano molte feste dal sapore pagano che dovevano essere necessariamente rimpiazzate. Tali feste erano sempre molto attese perché erano giorni di riposo e di gozzoviglie e la Chiesa non poteva certo pensare di ottenere consenso semplicemente cancellandole. Si trattava, anche qui, di riprendere tali feste una ad una e di cristianizzarle. Occorreva innanzitutto collocare alcuni capisaldi del Cristianesimo in giorni dell'anno fondamentali in altre religioni e quindi si cominciò a collocare la nascita di Cristo in luogo opportuno. Riporto gli sviluppi di alcune di queste trasformazioni dal pagano al cristiano,  per rendere ben conto dell'operazione di penetrazione fatta dal Cristianesimo:
IL NATALE
        E' una festa pagana legata al solstizio invernale, godeva di grande importanza in tutto l'Impero Romano. Ricordiamo che il solstizio invernale è il giorno più corto dell'anno, e cade intorno al 21 dicembre. In questo giorno, tra l'altro, il sole tocca il punto più basso rispetto all'orizzonte. Il 25 dicembre la durata del giorno rispetto alla notte ricomincia a crescere in modo evidente (in base alle osservazioni empiriche fatte dagli antichi) come anche la sua altezza rispetto all'orizzonte.
        Ovvio che per le popolazioni antiche tale evento astronomico fosse visto come un rinnovamento della speranza, una festa della luce, una possibilità di sopravvivenza, pertanto fu mitizzato come nascita del Dio-Sole, partorito dalla Dea-Vergine (personificazione della notte). Quasi tutti i popoli avevano un dio nato in quel giorno: Horus, figlio della vergine Iside, in Egitto, Thammuz figlio della vergine Mylitta in Babilonia, Mithra in Persia, Quetzalcoatl nell’antico Messico, Bacab nello Yucatan, Huitzilopochtli tra gli Atzechi, Freyr tra gli Scandinavi, Zeus, Bacco ed Ercole in Grecia, Ati in Frigia, Adone in Siria e così via. Si osservi che molte di queste divinità erano nate da una vergine in una grotta e avevano in comune con Cristo la discesa agli inferi dopo la morte e la risurrezione dopo tre giorni, nei giorni dell’equinozio di primavera. In particolare, il mito di Mithra (divinità solare indo-iranica risalente a circa 3.400 anni fa, il cui culto era diffuso nella Roma pagana) ha moltissime analogie con Cristo: era nato in una grotta da una vergine il 25 dicembre. Gli viene affidato dal padre il compito di contrastare Ahriman, spirito demoniaco che voleva distruggere il mondo. Era perciò detto il Salvatore, la Luce e il Verbo.  Era resuscitato dopo tre giorni. Mithra a 33 anni, compiuta la sua missione, partecipa con i suoi dodici seguaci ad un banchetto; dopo aver consumato il pasto come atto sacrificale, il dio sale al cielo su di un carro di luce per riunirsi al padre. Il giorno dell’ Apocalisse Mithra sarebbe tornato sulla terra per separare i giusti dai peccatori: ai primi avrebbe offerto la bevanda dell’immortalità, resuscitando anche i loro corpi fisici; gli altri sarebbero stati consumati dalle fiamme. Il culto di Mithra contemplava anche il battesimo.
        Altro esempio di Vergine madre di un dio è quello di Iside, culto che risale almeno al 1400 a.C.. Nella figura seguente è riportato un disegno del II secolo d.C che si trova nei sotterranei di Roma dove vi è una rappresentazione di Horus allattato dalla madre vergine Iside risalente al II secolo d.C. (vedi figura). La vergine Iside tiene in braccio Horus con una medesima iconografie che sarà della Vergine Maria con il bambino. Il  padre divino di Horus era Osiride, con cui si confondeva (“Io e mio Padre siamo Uno”), mentre il padre terreno era Seb (Giuseppe). L’angelo Thot annuncia ad Iside che concepirà un figlio verginalmente. Horus nasce in una grotta, annunciato da una stella d’oriente, viene adorato da pastori e da tre uomini saggi che gli offrono doni. A 12 anni insegna nel tempio e poi scompare fino ai 30 anni. Horus viene poi battezzato sulle rive di un fiume da Anup (Giovanni) il battista, il quale in seguito verrà decapitato. E' stato sepolto e poi resuscitato, ha ridato vita ad un morto (El Azar us = Lazzaro). Combatté 40 giorni nel deserto contro Set (Satana), ha compiuto numerosi miracoli e camminato sulle acque. Con Iside ed Osiride, Horus costituiva la trinità egizia. A Luxor, su edifici risalenti al 1500 a.C. si possono vedere immagini relative all’ Annunciazione e all’ Immacolata Concezione di Iside.

        La tradizione del festeggiare il giorno in cui il Sole riprendeva vita giunse fino a Roma attraverso il culto di Mithra ed entrò nelle abitudini dei romani che chiamarono il 25 dicembre dies natalis solis invicti. La festività fu fissata nel 274 dall' Imperatore Aureliano per il giorno 25 dicembre che era  anche il giorno successivo alla conclusione delle feste romane dei Saturnalia, le feste che dal 17 al 23 dicembre erano riservate a Saturno, dio dell’agricoltura, durante le quali la statua del dio veniva liberata dalle fasciature che la celavano per il resto dell’anno, si sospendevano le attività pubbliche, erano bandite le differenze sociali, si banchettava e si poteva giocare ai dadi tutti insieme, servi e padroni.
        Quando il cristianesimo iniziò a diffondersi, dovette venire a patti con queste tradizioni molto radicate, per cui la Chiesa tentò di "appropriarsi" della festa del Natale, proponendo Gesù Cristo come "vero sole divino" che nasce di notte da una vergine. Questo accomodamento contribuì in modo determinante a modificare la teologia cristiana nel senso di una progressiva "divinizzazione" di Gesù. Fu poi Costantino a ufficializzare il giorno 25 dicembre come "nascita di Cristo", all'inizio in aggiunta, e non in sostituzione, del natale di Mithra. Volendo cristianizzare il paganesimo, alla fine si giunse al risultato opposto, ovvero di paganizzare il cristianesimo.
L'AVVENTO
        Nella liturgia cristiana segna l’inizio dell’anno liturgico, e comprende le quattro domeniche prima del Natale. Nella Roma precristiana adventus significava la venuta, una volta all’anno, della divinità nel suo tempio. In seguito, assunse anche il significato di visita dell’imperatore o della sua festa. All’inizio il cristianesimo adottò questo termine per designare l’incarnazione di Cristo, Adventus Domini. L’Avvento come lo conosciamo oggi venne tardi, fra il VI e il VII secolo. Nel corso dei secoli si sono sviluppati due temi fondamentali. Il primo è la giubilante preparazione alla festa della natività; il secondo è la preparazione al nuovo avvento di Cristo, in cui egli giudicherà il mondo. Nel Medioevo, durante l’Avvento, erano vietati i rapporti coniugali e i matrimoni, per sottolineare il carattere penitenziale della festa in rapporto al tema della venuta di Cristo. Simbolo dell’Avvento è una corona e quattro candele, le quali si accendono una ogni domenica.
LA PASQUA
        In questo giorno i cristiani festeggiano la "resurrezione" di Gesù. La Pasqua cade la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera. Si tratta quindi di una festività legata all'equinozio di primavera.
        Già in Grecia si festeggiava la Pasqua con il nome di Estia e tale uso si diffuse nell’area romana in tempi successivi in onore di Vesta. Tutti i popoli pagani dell'Impero Romano, e non solo, conoscevano già questa festa, che non è altro che una festa primaverile: gli alberi germogliano, nei prati sbocciano i primi fiorellini e quindi la natura, dopo il freddo inverno, "risorge". Le celebrazioni erano probabilmente al centro di processioni e rituali di fertilità volti a sacralizzare e celebrare la vita. Tra gli elementi simbolici di questi rituali se ne annoverano alcuni di cui si approprierà successivamente il culto cristiano: l’uovo, simbolo di fertilità sacro già per i greci, che veniva consumato e dipinto in vario modo.
        La Pasqua, inoltre, era anche una festività originaria della Frigia in onore di Attis, il figlio amante di Cibele rappresentante l’anno che muore e risorge. I sacerdoti frigi il 24 marzo, giorno del sangue, si eviravano per rinnovare il sacrificio di Attis.
        L'idea di resurrezione della natura diventò resurrezione di Cristo, e anche questo mito, in qualche modo, fu "incorporato" nella nuova religione che andava diffondendosi in antitesi al paganesimo ma, al tempo stesso, paradossalmente, non c'è tradizione pagana che non sia stata "rubata" e fatta propria dalla Chiesa cristiana dei primi secoli.
LE CANDELORA
        I romani, per le calende di febbraio, illuminavano la città per tutta la notte con fiaccole e candele, in onore della dea Giunone Februata, madre di Marte, dio della guerra, e imploravano dal figlio la vittoria contro i nemici (ed il nome candelora deriva proprio dalle candele accese). La festività pagana era anche dedicata a Cerere ed ai Lupercali con significato di purificazione e rinnovamento, si celebrava infatti il ritorno della luce dopo i mesi del buio, l'inizio del risveglio della natura dopo il sonno dell'inverno. Fu papa Gelasio I, fra il 492 e il 496, a cristianizzare la festa, che prese il nome di «Quadragesima de Ephifanìa», e la dedicò alla purificazione di Maria Vergine dopo il parto (Maria, come tutte le donne ebree, dopo aver partorito, si sottopose al prescritto periodo di isolamento, una sorta di quarantena dettata da precauzioni igieniche sia pure codificate sottoforma di pratica religiosa. Dopo questa purificazione Maria poté presentare Gesù al tempio). Nel VII secolo, Papa Sergio I istituzionalizzò la festa per il giorno 2 febbraio.
OGNISSANTI
        I Romani avevano la festa della conclusione dell'epoca attiva del raccolto, una specie di festa del termine della stagione agricola, come ringraziamento dei doni ricevuti dalla terra.  Veniva festeggiata in modo variabile, secondo i luoghi, in giorni corrispondenti alla fine di ottobre e all’inizio di novembre, per poi acquisire una data comune a tutti che si identificò con la notte di transizione tra ottobre e novembre. Al significato agricolo della festa si aggiunse quello  di festa dell’aldilà). In questa realtà di festa pagana si inserì con Papa Bonifacio IV il desiderio della Chiesa cattolica di ricondurre ad un significato religioso cattolico tutti i residui di paganesimo ancora esistenti. Non potendo proibire le manifestazioni pagane, perché la privazione di un’occasione di festa avrebbe scatenato delle violente reazioni tra la gente, il Papa creò il giorno di Tutti i Santi. Questa festa affiancò ai festeggiamenti pagani la ricorrenza liturgica. Duecento anni più tardi la chiesa non era ancora riuscita a liberarsi della festa pagana, allora Papa Gregorio III fece coincidere la festività di Ognissanti (All Hallows = Tutti i Santi in inglese ed eve = vigilia, quindi Halloween = All Hallows + eve, cioè Halloween significa vigilia di Ognissanti) con il giorno in cui veniva effettuata la festa pagana. In questo modo a partire dal 1500 le due festività erano diventate una cosa unica ed il significato pagano originario era quasi completamente dimenticato.
ASSUNZIONE
        Il 15 agosto è la festa cattolica che celebrava la verginità di Maria (l'assunzione di Maria in cielo è una festa inventata da Pio XII nel 1950 e sovrapposta a questa della verginità. Secondo alcuni Vangeli apocrifi il mese di agosto segnerebbe lo stato speciale di morte di Maria). Nel 18 a.C. l'imperatore romano Ottaviano, proclamato Augusto dal senato romano, dichiarò che tutto il mese di agosto sarebbe stato festivo e dedicato alle Feriae Augusti, una serie di celebrazioni solenni, la più importante delle quali cadeva il 13 ed era dedicata a Diana, dea patrona del legno, delle fasi della luna e della maternità. La festa si celebrava nel tempio dedicato alla dea sull'Aventino ed era una delle poche occasioni in cui i romani di ogni classe e censo, padroni e schiavi, si mescolavano liberamente. Oltre che a Diana, le Feriae erano un'occasione per celebrare Vertumno, dio delle stagioni e della maturazione dei raccolti; Conso, la cui festa cadeva il 21 agosto, dio dei campi e Opi dea della fertilità, la cui festa, Opiconsiva, cadeva il 25 del mese (altre feste in agosto erano: il giorno 12 dedicato ad “Ercole Invitto”; il 17 veniva ricordato il dio Portumnus; il 23 si svolgevano i “Volcanalia”, in onore di Vulcano, dio del fuoco; il 27 era la volta dei “Volturnalia”, festa dedicata al dio fluviale Volturnus). In breve, le Feriae erano una celebrazione della fertilità e della maternità; come molte altre feste romane erano di derivazione orientale e in particolare riecheggiavano quelle in onore di Atagartis, dea madre sira, patrona della fertilità e del lavoro dei campi. Con l'avvento del cristianesimo la gente attribuì queste medesime prerogative alla Vergine Maria, la cui solennità cominciò ad essere celebrata in luogo di quella di Diana.
L' EPIFANIA
        Dal greco epiphaneia, vuol dire "manifestazione, apparizione". Il 6 gennaio i cristiani festeggiano la visita dei re magi alla grotta di Betlemme, ma nell'antichità questo giorno corrispondeva alla festa paleoegizia del solstizio invernale. Il 6 gennaio si hanno altre feste pagane: Festa di Iside, Festa di Holla, di Frigg e di Fulla, Festa di Berchta, Battesimo di Osiride, Festa dei miracoli.
SAN GIOVANNI
        Il 24 giugno la Chiesa festeggia la natività di san Giovanni Battista in corrispondenza delle feste pagane del solstizio d' estate (fra il 19 e il 25 giugno) che erano dedicate a Giano divinità della medicina dei semplici e della profezia.
RIPOSO LA DOMENICA
        L'idea del riposo domenicale risale alla legge del 7 marzo del anno 321, quando l'imperatore Costantino impose l'obbligo civile di riposo nel "venerabile giorno del sole", il dominus. Questo spiega la differenziazione con i voleri di Dio per il sabato espressi nella Bibbia.
ULTIMO GIORNO DELL'ANNO
        La festa cattolica di Santo Stefano era la Festa di Artemide e la Notte del Popolo Fatato.
CAPODANNO
        Quando si stabilì che l'anno iniziava il 1° gennaio, la romana festa di Giano è diventata o la festività della Madre di Dio o la Circoncisione di Gesù. Occorre osservare che Maria fu proclamata "Madre di Dio" solo nel 431, ben 4 secoli dopo la predicazione di Gesù. Non è un caso che ciò sia avvenuto proprio ad Efeso, città che aveva un forte attaccamento al culto di una madonna (in questo caso si trattava di Artemide o Diana). Si tratta evidentemente di un mito pagano introdotto nel Cristianesimo.
MESE DI MAGGIO
        Secondo la Chiesa cattolica è il "mese della madonna". A Roma il mese di maggio era dedicato  alla Dea Maia e sempre a lei  erano dedicate anche le rose.
SAN GIOVENALE
        Chi era costui ? Questo santo non è mai esistito, si tratta di una denominazione "cristianizzata" con cui si rinominavano i templi di Giove trasformati in chiese.
        Si potrebbe continuare ma credo si sia capito bene. Va comunque detto che vi furono feste che la Chiesa non riuscì ad inglobare per il loro carattere licenzioso a priori. Tra queste il Carnevale e le feste Saturnalia. La parola Carnevale deriva da Carni Levanem che in latino significa “sollievo della carne”. In questo periodo la gente si sfogava dalla “repressione” subita nel resto dell’ anno, con feste, banchetti e sfilate. Tutto il mese di febbraio era un periodo di passaggio, che segnava il tramonto dell’ anno vecchio ed il rinnovamento del Cosmo. Periodo di caos, vino e gioia, seguito anche da riti di purificazione dedicati ai morti. A Roma si svolgevano delle corse rituali con carri trainati da cavalli, queste corse erano in onore al dio Marte, protettore della città. L’ uso delle maschere esisteva già, alcuni dicono che quest’ abitudine era per fare in modo che i morti (che tornavano sulla terra) non si confondessero fra i vivi; altri invece, dicono che l’utilizzo delle maschere permetteva l’ abbandono all’ euforia senza essere riconosciuti. I saturnalia, come già accennato, erano un ciclo di festività della religione romana, dedicate all'insediamento nel tempio del dio Saturno e alla mitica età dell'oro; si svolgevano dal 17 al 23 dicembre (periodo fissato in epoca imperiale da Domiziano). I saturnalia avevano inizio con grandi banchetti, sacrifici, in un crescendo che poteva anche assumere talvolta caratteri orgiastici; i partecipanti usavano scambiarsi l'augurio io saturnalia, accompagnato da piccoli doni simbolici, detti strenne. Durante questi festeggiamenti era sovvertito l'ordine sociale: gli schiavi potevano considerarsi temporaneamente degli uomini liberi, e come questi potevano comportarsi; veniva eletto, tramite estrazione a sorte, un princeps - una sorta di caricatura della classe nobile - a cui veniva assegnato ogni potere. In realtà la connotazione religiosa della festa prevaleva su quella sociale e di "classe". Il "princeps" era in genere vestito con una buffa maschera e colori sgargianti tra i quali spiccava il rosso (colore degli dèi). Era la personificazione di una divinità infera, da identificare di volta in volta con Saturno o Plutone, preposta alla custodia delle anime dei defunti, ma anche protettrice delle campagne e dei raccolti. In epoca romana si credeva che tali divinità, uscite dalle profondità del suolo, vagassero in corteo per tutto il periodo invernale, quando cioè la terra riposava ed era incolta a causa delle condizioni atmosferiche. Dovevano quindi essere placate con l'offerta di doni e di feste in loro onore nonché indotte a ritornare nell'aldilà, dove avrebbero favorito i raccolti della stagione estiva. Si trattava insomma di una sorta di lunga "sfilata di carnevale" (perché a tale festa sono riconducibili i saturnalia e tutti i riti agrari successivi). L'equivalente greco del dio romano Saturno era Cronos. Esisteva una variante al mito che vedeva in Saturno il dio di una mitica Età dell'Oro. Scacciato da Giove si diceva avesse spostato il suo regno in un luogo che, Greci prima e Romani poi, chiamavano "Isole Beate". E' evidente che le festività cristiane di avvento non potevano in alcun modo sovrapporsi a queste.
SANTI PAGANI
 Dopo circa un secolo dall'inizio dell'espansionismo cristiano, martiri e santi furono oggetto di culto in sostituzione della pluralità delle divinità pagane che, a livello psicologico, non potevano trovare una adeguata sostituzione nella semplice e austera adorazione dell'unico dio monoteista giudeo-cristiano. Molto spesso si è trattato di un trasferimento del culto da divinità pagane a santi cristiani, soprattutto perché, dopo i decreti di Teodosio I (Decreti del 391 e 392 che attuarono l'Editto di Tessalonica del 380(11)), divenne impossibile venerare divinità pagane e quindi vi furono conversioni di massa al Cristianesimo ma senza alcuna convinzione, semmai con qualche rancore. La cristianizzazione di questo trasferimento avveniva affermando che non era più quel dio (quindi ora quel santo) che faceva direttamente una grazia, ma il santo operava ora solo come intermediario verso l'unico Dio cristiano. Per tutto il resto i riti rimasero gli stessi del politeismo. Poiché le divinità pagane erano venerate in quanto protettrici di qualche categoria di persone, si pensò bene di attribuire ad ogni santo una particolare predisposizione nel proteggere persone, luoghi o eventi. La festa del dio venerato localmente diventò la festa del santo patrono. I miti relativi a questo santo patrono, come la sua vita ed il suo operato in materia di miracoli, spesso, sarebbero nati dall'integrazione di fatti di vita del santo in oggetto, supposto che sia mai esistito, con leggende relative al dio pagano. Esempi in tal senso furono Artemide che divenne S. Artemido o S. Ursula e Dioniso (Bacco) che divenne S. Denis (con la sua tomba trasformata nella chiesa di S. Bacco). D'interesse anche l'iconografia che vide assegnare: a S. Wolfgang l’accetta, o uncino di Saturno; a Mosè i corni di Giove Ammone; a S. Pietro le chiavi di Giano.
        Scrive in proposito Donini:
Non si tratta soltanto, e nemmeno prevalentemente, dello sbocco di quel lento processo che ha portato, dopo la fine del mondo antico, a dare un nome cristiano a vecchie feste pagane o a trasformare in «santi» tante divinità greche, romane, celtiche, teutoniche, slave, buddiste e persino armene. Non si dimentichi che quando il re Tiridate III di Armenia, nel 303, cioè dieci anni prima dell'editto di Costantino, adottò la religione cristiana, l'antico dio Vanatur diventò san Giovanni Battista e la Venere armena, Anahita, la vergine Maria.
Uno studioso di problemi folkloristici, J. C. Lawson, ci ha lasciato sin dal 1910 una descrizione ricca e convincente di tutta una serie di sopravvivenze della mitologia greca nel lessico religioso della Grecia contemporanea. Demétra, la grande dea, viene oggi venerata come «santa Demétra», senza che dietro a questo nome sia mai stato possibile identificare un qualsiasi riferimento storico: Caronte, il nocchiero della palude infernale, è diventato «Charos», l'angelo della morte; e il dio solare Helios si è trasformato in «sant'Elia», il leggendario personaggio biblico la cui ascesa al cielo, del resto, non è altro che il residuo di qualche antico mito solare. San Nicola, protettore dei naviganti, ha preso il posto di Posidone, dio del mare; i santi Cosma e Damiano, gli anarguroi, «coloro che curano senza compenso», hanno sostituito i Dioscuri. [...]
Questo fenomeno, frequente anche nelle tradizioni popolari italiane, non ha bisogno di molte spiegazioni. La riduzione degli dèi nocivi in demoni e degli dèi benevoli in angeli o santi si ritrova in tutte le tradizioni religiose. La sopravvivenza delle divinità olimpiche nel nostro clima culturale s'inserisce in un altro aspetto dell'ideologia, che di solito viene trascurato.
Nella religione si riflette il complesso gioco dei rapporti che interrcorrono tra le classi sociali nelle epoche fondamentali di sviluppo dell'umanità; ma le idee, una volta nate, siano esse morali, giuridiche o religiose, si staccano poi dalla loro matrice originaria e vivono di vita propria, sino ad incidere sulla stessa struttura economica e sociale.
Quando l'ideologia della classe dominante, all'epoca del passaggio dall'economia schiavistica all'economia feudale, si è rivestita dei miti della religione cristiana, il vecchio mondo degli dèi non è crollato completamente, come è avvenuto per la struttura politica e sociale. Affidate alla poesia, al romanzo, all'arte, le divinità greche e romane hanno continuato a vivere(12), prima stentatamente nel sottosuolo popolare e poi rigogliosamente, dagli anni del Rinascimento, sino ad arrivare a far parte del bagaglio intellettuale dei ceti produttivi della borghesia commerciale e industriale. [...]
        Vediamo ora qualcuna di queste sovrapposizioni di santi cristiani con divinità pagane.
        A Roma vi erano i festeggiamenti di due importanti divinità, Quirino e Romolo. Ad essa fu sovrapposta la festa di San Pietro e Paolo. I pagani invocavano generalmente Esculapio o Feronia per scongiurare malattie o per essere guariti. La Chiesa fu molto più prolifica perché distinse i santi per specializzazioni mediche: S. Andrea Avellino (1521-1608) per la cura della apoplessia e per scongiurare la morte improvvisa, S. Venanzio da Camerino martire (circa 235-251)(13) per salvaguardare dalle cadute, S. Margherita (nota anche con il diminutivo di S. Rita) di Antiochia vergine e martire (275-290)(14) invocata per aiutare il parto e contro le febbri malariche, S. Pasquale Baylon (1540-1592) per trovare marito ad una zitella (le sue devote, a Napoli, recitano questa cantilena: «San Pasquale Baylonne protettore delle donne, fammi trovare marito, bianco, rosso e colorito, come te, tale e quale, o glorioso san Pasquale!»); ... (15). Altri santi pagani al di fuori della taumaturgia e medicina sono i seguenti: i cacciatori che dovettero abbandonare il culto di Diana si rifecero con S. Uberto di Tongeren-Maastricht (656-727); i cultori della scienza e degli studi in genere dovettero lasciare Minerva ma si consolarono con S. Caterina di Alessandria d'Egitto vergine e martire (circa 287-304)(16). E, da non credere da persone dotate di senno, è accaduto di tutto sulle santità ed i patronati: il povero San Giovanni Battista, dato che era un pastore migrante nel deserto vestito di pelli di pecora o cammello, fu fatto patrono dei pellicciai; un tal Bernardino da Siena (1388-1444) che era devotissimo al santissimo nome di Gesù tanto da scrivere più volte il suo nome su tavolette di legno che faceva baciare ai fedeli (sembra sia stato lui il creatore del monogramma JHS che egli rappresentava sormontato da una croce e attorniato da un sole), è stato fatto patrono dei pubblicitari;  l’arcangelo Gabriele, che aveva portato l’annuncio di Dio a Maria futura madre di Gesù, divenne protettore dei postelegrafonici; S. Lucia (280-304), da lux che vuol dire luce, divenne patrona della vista e quindi degli orologiai(17); S. Cristoforo, per aver traghettato il giovane Gesù (che pesava come il mondo intero) da una riva all'altra di un fiume, patrono degli automobilisti; S. Benedetto (circa 480 - circa 547), dato che rimase circa 30 anni in una grotta a Subiaco, divenne protettore degli speleologi; Santa Chiara (1193-1253) è stata eletta protettrice della televisione perché, essendo a letto ammalata, aveva avuto la visione di una funzione liturgica celebrata da San Francesco a distanza, funzione alla quale avrebbe voluto ardentemente partecipare; S. Giuseppe da Copertino (1603-1663), che cadeva in estasi e si sollevava dal suolo, divenne protettore dei paracadutisti  ma anche degli studenti perché venne consacrato sacerdote dopo il difficile superamento degli esami, superamento considerato prodigioso per le difficoltà da lui incontrate nonostante l'impegno profuso nello studio.
        Scrive la Traini:
"Quando i primi missionari cristiani si imbattevano negli adoratori della Grande Madre o della dea Terra, non tentavano di modificare le loro credenze, ma si limitavano a spiegare che essi già veneravano la Madonna. L’idolo pagano veniva allora posto nei nuovi templi cristiani e si trasformava in una delle raffigurazioni della Madonna. Per spiegare come mai l’antica divinità pagana avesse preceduto di molto la nascita della vergine cristiana, i teologi della chiesa inventarono la “prefigurazione della vergine”. Proprio dalla dea Terra deriverebbero le “Madonne Nere” che nell’azione di sincretismo avrebbe assunto il volto della Madonna mantenendo il nero delle sue prime raffigurazioni.  [In precedenza ho fornito una versione differente delle madonne nere, ndr]. In tutta Europa sono presenti delle Vergini Nere, in Italia se ne trovano oggi ancora dodici, mentre in Francia dove il culto alla Grande Madre ebbe una larga diffusione e sopravvisse per molto tempo, se ne trovano ancora novantasei. Le più famose sono senz’altro le “Notre Dame Sous Terre” di Chartres, una delle cattedrali gotiche che fu uno dei punti di partenza della “Via Lattea” ovvero la grande via di Pellegrinaggio per Compostela.
    Nel quinto secolo i cristiani erano ancora impegnati a diffondere il Vangelo con azioni repressive e distruggendo ogni luogo di culto pagano. Sugli antichi templi sorgevano chiese e cattedrali, presso i boschi e le sorgenti sacri venivano eretti romitori o tempietti rurali, e nuovi idoli cristiani cancellavano la memoria delle vecchie divinità pagane. Di certo però le divinità pagane più venerate come quelle del fato e della fortuna furono oggetto di culto fino al sesto secolo. Fu proprio in questo periodo che avvennero le ultime azioni di sincretismo.
La simbologia della freccia di Apollo fu assunta dal martirio di San Sebastiano. Santa Valpurga ereditò il ruolo della Grande Madre durante la notte dei “Riti Arborei” tra il 30 aprile ed il 1° maggio. Mentre la dea dopo i riti di fertilizzazione, ricacciava i “dei manes” nell’oltretomba, la Santa cristiana, durante la notte, proteggeva dagli spiriti maligni e dai demoni. Il mese di maggio dedicato alla Grande Madre della natura Maia, divenne il mese della Madonna chiamata “rosa mistica”. Pian piano il cristianesimo vinse ogni resistenza, ma intanto stava cambiando. Il raggiungimento del pieno potere politico e religioso per mezzo dell’intolleranza e della repressione portò con sé un rischio spirituale che diede vita alle prime sette oppositrici della chiesa cattolica".



Note:
(1) E' utile riportare un passo di  Deschner [2] che spiega come iniziarono le persecuzioni contro i cristiani:
La tolleranza religiosa dei Romani conobbe anche in tempi precedenti talune eccezioni. Dopo il processo pei Baccanali del 186 a.c., col quale il Senato decise l'eliminazione totale dei culti dionisiaci, a Roma morirono i primi martiri di Dioniso, esattamente 250 anni prima della condanna neroniana dei cristiani. Nel 139 a.c. furono scacciati per la prima volta dalla città gli astrologi; nel 58 a.c. furono abbattuti i principali templi di Iside, nuovamente distrutti, dopo la loro ricostruzione,
 nel 48 d.c., forse a causa dell'attività politica delle comunità dei fedeli. Inoltre fu proibito il culto nazionale gallico dei Druidi, durante il quale si compivano anche sacrifici umani.
Ma in generale i Romani furono assai tolleranti in fatto di religione: i Giudei ebbero piena libertà di culto e non fu pretesa da loro la venerazione delle divinità statali nemmeno dopo la guerra giudaica; furono dispensati persino dai sacrifici per l'imperatore, i cui simulacri furono nuovamente allontanati dal tempio di Gerusalemme. E' vero però che gli Ebrei non godevano di molta stima, se si eccettuano casi isolati di singoli imperatori, e la repulsione nei loro confronti fin dall'inizio fu trasferita ai cristiani, che ne erano per altro discendenti e coi quali in un primo tempo venivano confusi.
All'incirca fino al governo di Caracalla (211-217) l'odio verso i cristiani derivò più dal popolo, che li respingeva istintivamente, che dall'iniziativa di imperatori o governatori. Erano sospetti politicamente e moralmente per il loro disprezzo di incarichi e dignità pubblici, per il rifiuto del servizio militare, il loro attivismo, il tentativo di sottrarre ai tribunali statali le proprie cause giudiziarie, il rifiuto del giuramento e il capovolgimento totale dei rapporti sociali. Il popolo odiava i cristiani perché si appartavano da tutti, dall'intera vita statale e culturale come pure dalla sua esistenza privata e religiosa. I cristiani non frequentavano il circo né il teatro, e nemmeno le feste e le processioni pagane; nelle famiglie introducevano la discordia e facevano passare per l'unico vero il proprio dio, degradando le altre divinità al rango di figure diaboliche. Bramavano ardentemente la fine del mondo, quella raccapricciante catastrofe che avrebbe recato loro la gioia eterna, e agli altri interminabili tormenti. Tutta la letteratura precristiana pullulava di una radicale condanna della vita antica. I Pagani appaiono come atei, rigonfi d'invidia, di menzogna, odio, desiderio di morte, apertamente interessati soltanto alla sfrenatezza sessuale, a mangiare e a ubriacarsi. Il loro mondo è «nero», maturo per la distruzione «nel sangue e nel fuoco»; i cristiani definivano se stessi «la parte aurea», «Israele di Dio», «popolo eletto», «popolo santo» e tertium genus hominum.
Nessun altro culto dell'antichità conobbe un simile atteggiamento esclusivistico, che contraddiceva il principio stesso del politeismo. I Pagani non pretendevano, come gli Ebrei, di essere il popolo eletto, né, come i cristiani, una nuova schiatta, benché tali formulazioni fossero usuali anche fra loro, che però non se ne servirono mai in forma talmente faziosa e provocatoria. Nessun Pagano convinto negava l'esistenza di divinità diverse e le loro convinzioni religiose non perseguivano alcuna forma di «conversione».
Invece i cristiani, che spregiavano ogni altro culto, erano allora ritenuti nemici di Dio e si attribuiva loro tutto il male possibile, solitamente incesto, omicidi rituali e cannibalismo. Eppure le autorità non prestavano fede a tali racconti dell'orrore, non di rado creduti autentici dalla massa, in assenza di dati di fatto probanti, tant'è che non costituirono mai oggetto di procedimento giudiziario.
Molto maggior peso, tuttavia, esercitava il rifiuto del sacrificio agli dèi. Stato e Religione, allora per i cristiani due mondi diversi, per i Romani erano strettamente connessi, e attribuivano al favore degli dèi i propri successi; favore strettamente legato al compimento di precisi atti sacrali. L'intera vita pubblica era per questa ragione accompagnata da cerimoniali religiosi: il sacrificio, il punto centrale della religione romana, era una pietra di paragone della disciplina civile e della lealtà politica, e la partecipazione era obbligatoria. Per altro era ovvio che ciascuno potesse invocare gli dèi che più gli fossero stati a grado e andare alla ricerca della propria salvazione personale dove gli paresse e piacesse.
Ciò valeva in linea di massima anche per i cristiani.
Le ordinanze degli imperatori di sacrificare agli dèi non erano dirette contro il Cristianesimo in quanto tale né venivano emanati a esclusiva difesa dei culti pagani: si prefiggevano semplicemente l'unità interna dell'impero e lasciavano intatta la libera manifestazione della propria religiosità. Anche durante le persecuzioni più dure, quella di Diocleziano ad esempio, la coazione statale si concentrò esclusivamente sull'adempimento del sacrificio prescritto dalle leggi, e ci si limitò a punire il rifiuto di tale adempimento, mai l'esercizio libero della religione cristiana. Tant'è vero che anche in quella circostanza le chiese conservarono intatti i propri diritti patrimoniali. 
Ma per i cristiani l'apoteosi di una persona umana era impensabile, benché essi stessi ne avessero già compiuta una e avessero accolto nel culto del Cristo parecchie forme proprie del culto imperiale. E se un cristiano consumava il sacrificio davanti al simulacro dell'imperatore, la Chiesa considerava tale atto un'apostasia. Ma se un cristiano rifiutava il sacrificio, le autorità e il popolo sentivano il fatto come sacrilego e lesivo della maestà imperiale. E quando nuclei sempre più numerosi si opposero al culto imperiale, lo Stato vi scorse la dissoluzione dell'energia vitale della nazione, la distruzione dell'intero ordinamento della vita romana.
La pace interna dell'impero, faticosamente conquistata e ristabilita da Augusto, la maestà infinita della pax romana (per usare un'espressione di Plinio il Vecchio), scomparve definitivamente con la comparsa dei cristiani: proprio quella medesima condizione che aveva tanto favorito la loro missione fu la loro disfatta. Nel 50 l'imperatore Claudio si vide costretto a cacciare da Roma i Giudei, perché la predicazione cristiana vi aveva indotto occasione di disordini, e anche il primo processo contro i cristiani sotto Nerone (54-68) non fu privo di nessi con le asperrime diatribe dei cristiani anche secondo un documento ecclesiastico della fine del I secolo (nella Prima lettera di Papa Clemente ai Corinti, scritta intorno agli inizi del II secolo, si legge tra l'altro: Per le improvvise disgrazie e avversità capitatevi l'una dietro l'altra, o fratelli, crediamo di aver fatto troppo tardi attenzione alle cose che si discutono da voi, carissimi, all'empia e disgraziata sedizione aberrante ed estranea agli eletti di Dio. Pochi sconsiderati e arroganti l'accesero, giungendo a tal punto di pazzia che il vostro venerabile nome, celebre e amato da tutti gli uomini, è fortemente compromesso. [...]A questi uomini che vissero santamente [Pietro e Paolo] si aggiunse una grande schiera di eletti, i quali, soffrendo per invidia molti oltraggi e torture, furono di bellissimo esempio a noi. Per gelosia furono perseguitate le donne, giovanette e fanciulle che soffrirono oltraggi terribili ed empi per la fede. Affrontarono una corsa sicura ed ebbero una ricompensa generosa, esse deboli nel fisico. La gelosia allontanò le mogli dai mariti ed alterò la parola del nostro padre Adamo: "Ecco ella è osso delle mie ossa e carne della mia carne". La gelosia e la discordia rovinarono molte città e distrussero grandi nazioni.).
Questo primo scontro vero e proprio fra cristiani e Stato Romano avvenne in seguito all'incendio di enormi proporzioni divampato a Roma per sei giorni alla fine di luglio del 64. A torto ne fu accusato Nerone, il quale in quel periodo non era a Roma, ma ad Anzio, ed egli, a sua volta, per distogliere da sé l'accusa infamante, ne accusò i cristiani (Tacito negli Annali 15, 44 scriveva: Nessuno sforzo umano, nessuna elargizione dell'imperatore o sacrificio degli dei riusciva ad allontanare il sospetto che si ritenesse lui il mandante dell'incendio. Quindi, per far cessare la diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e colpì con pene di estrema crudeltà coloro che, odiati per il loro comportamento contro la morale, il popolo chiamava Cristiani. Colui al quale si doveva questo nome, Cristo, nato sotto l'impero di Tiberio, attraverso il procuratore Ponzio Pilato era stato messo a morte; e quella pericolosa superstizione, repressa sul momento, tornava di nuovo a manifestarsi, non solo in Giudea, luogo d'origine di quella sciagura, ma anche a Roma, dove confluisce e si celebra tutto ciò che d'atroce e vergognoso giunge da ogni parte del mondo. Quindi dapprima vennero arrestati coloro che confessavano, in seguito, grazie alle testimonianze dei primi, fu dichiarato colpevole un gran numero di persone non tanto per il crimine di incendio, quanto per odio nei confronti del genere umano. E furono aggiunti anche scherni per coloro che erano destinati a morire, che, con la schiena ricoperta di belve, morissero dilaniati dai cani, o che fossero crocefissi o dati alle fiamme e, tramontato il sole, utilizzati come torce notturne. Per quello spettacolo Nerone aveva offerto i suoi giardini ed allestiva uno spettacolo al circo, confuso fra la folla in abito da auriga o salendo su una biga. Quindi, benché le punizioni fossero rivolte contro colpevoli ed uomini che si meritavano l'estremo supplizio, sorgeva una certa compassione nei loro confronti, come se i castighi non fossero stati inflitti per il bene pubblico, ma per sadismo di un solo uomo), senza però pensare di incolparli e di perseguirli a ragione della loro fede; e infatti le motivazioni di carattere religioso non ebbero ruolo alcuno o ne ebbero uno secondario durante la celebrazione del processo. Tanto è vero che l'azione giudiziaria di Nerone fu circoscritta, e ciò significa pur qualcosa, solo ai cristiani di Roma, anche se in seguito furono fabbricati documenti attestanti martiri anche nel resto d'Italia e in Gallia; ma, come afferma un teologo cattolico (Ehrhard, Kirche der Mirtyrer, 21), «tutti questi martirologi non hanno alcun valore storico». D'altra parte, però, non è escluso, anche se è assolutamente indimostrabile, che in quella circostanza a Roma sia stato giustiziato Pietro, e fors'anche Paolo (Cfr. Sulp. Sev., chron. 2,29).
Durante le esecuzioni la fantasia crudele di Nerone celebrò, come è noto, i suoi fasti; in ogni caso tutte le modalità delle condanne capitali (sbranamento ad opera di bestie feroci, crocifissione e rogo) erano specificamente previste dal codice penale romano per gli incendiari, e tale formalismo giuridico venne rispettato dall'imperatore. Anche storici assai ostili a Nerone come Tacito e Svetonio giudicarono equo il processo; Svetonio annoverò l'esecuzione capitale fra le misure buone e ragionevoli dell'imperatore e così anche Tacito, il quale credeva che i cristiani «erano colpevoli e avevano meritato le pene più dure». Né i due storici sottacquero il fatto che Nerone, la cui immagine torbida è stata stravolta dalla Chiesa fino al grottesco, dopo la catastrofe si sforzò di attenuare con tutti i mezzi la disgrazia e promosse con somme enormi la ricostruzione della città più bella e più vivibile, dimostrando generosità e magnificenza con l'eliminazione delle tasse più pesanti, con l'appoggio ai Senatori più poveri guadagnandosi in questo modo una popolarità che durerà anche dopo la sua morte.
Coi successori di Nerone, Galba, Vespasiano e Tito, conquistatore di Gerusalemme, trascorse quasi una generazione senza conflitti coi cristiani. L'imperatore Domiziano, fratello di Tito, fece condannare nel 95 alcune personalità d'alto rango per «empietà», fra le quali un cugino dell'imperatore, il Console Tito Flavio Clemente, giustiziato, mentre fece deportare la moglie Flavia Domitilla su un'isola delle coste italiche. Ma anche questa azione punitiva rimase circoscritta a Roma, senza contare che sussistono notevoli dubbi che costoro fossero effettivamente cristiani.
Tutti i Padri della Chiesa, compreso Agostino, vogliono suscitare l'impressione che i primi secoli siano stati una serie ininterrotta di vasti attacchi alla Chiesa e che tutti gli imperatori siano stati dei selvaggi persecutori di cristiani. In realtà, nel I e ancor più nel II secolo gli imperatori si sentivano troppo forti per curarsi di un'oscura setta di gentucola di basso rango: quando lo Stato interveniva, lo faceva a causa del sentimento ostile del popolo. Né Traiano né Adriano o i loro successori hanno mai proibito espressamente il Cristianesimo. Per esempio, durante il più che ventennale regno di Traiano, a parte poche esecuzioni ordinate da Plinio, è documentato con una certa sicurezza un unico martirio, precisamente quello del vescovo antiocheno Ignazio. Per quasi due secoli, come ha spesso dimostrato l'indagine storiografica, le autorità si comportarono verso il Cristianesimo in modo non meno tollerante che verso tutti gli altri culti pagani.
Le dieci persecuzioni che abitualmente vengono indicate non rispondono alla verità dei fatti storici; come tanti altri fenomeni cristiani, anche il numero dieci riferito alle persecuzioni è una finzione, inventata in analogia alle dieci piaghe d'Egitto. Se si prescinde dal processo neroniano per incendio doloso, è possibile stabilire con certezza solo le persecuzioni avvenute sotto cinque imperatori, dei cinquanta che hanno regnato fra Nerone e Costantino. «Tutte ebbero breve durata e un numero relativamente basso di martiri autentici».
        A fronte di quanto detto da Deschner a proposito delle persecuzioni dei cristiani vi è da aggiungere qualcosa sulla tolleranza romana verso tutte le religioni. Ne abbiamo conferma da alcuni brani del De bello gallico di Giulio Cesare. Cesare entrava in territori abitati da popolazioni che avevano altre religioni, altri dei. Da ciò che scrive egli considerava quegli dei come se fossero proiezioni dei suoi e quindi li trattava con rispetto, allo stesso modo delle credenze di tali popoli. Allo stesso modo con cui operarono tutti i successivi rappresentanti dell'Impero nei territori conquistati, Cesare si dedicò a romanizzare i nomi sacri di quegli dei e le credenze che li circondavano in modo da farli capire ai cittadini di Roma. Nel De bello gallico (VI, 17, 18) leggiamo:
Come dio adorano soprattutto Mercurio. Di costui ci sono moltissime immagini, questi lo dicono inventore di tutte le arti, questi guida delle vie e dei viaggi, credono che questi abbia una potenza grandissima per ricerche di denaro e per i commerci. Dopo questi Apollo, Marte, Giove, Minerva. Su di questi hanno quasi la stessa concezione che (hanno) gli altri popoli: che Apollo cura le malattie, Minerva tramanda i principi delle attività e dei mestieri, Giove detiene il potere dei celesti, Marte governa le guerre. A questi, quando hanno deciso di scontrarsi in battaglia, dedicano per lo più le cose che hanno razziato con la guerra; quando hanno vinto, sacrificano gli animali catturati e radunano le altre cose in un solo luogo. In molte nazioni è possibile vedere tumuli di queste cose innalzati in luoghi sacri; né capita spesso che qualcuno, trascurato lo scrupolo religioso, osi o nascondere presso di sé le cose prese o togliere quelle deposte, per questa cosa è stato stabilito il supplizio più grave con la tortura. I Galli si vantano di essere tutti discendenti dal padre Plutone, e ciò si dice che è stato tramandato dai Druidi per ciò calcolano la durata di ogni periodo non per numero di giorni ma di notti, i mesi e gli inizi degli anni computano così che il giorno segua immediatamente la notte.
(3) Sui martiri Deschner [2] scrive:
Per diventare «martiri» bastava una ferma confessione: si otteneva questo titolo senza la testimonianza della morte, anzi, senza sofferenza alcuna. Solo in un secondo tempo si operò una distinzione fra un puro e semplice «confessore» (confessor) e un «martire» (martys).
Era considerato un martire anche chi, per sottrarsi all'arresto, alla violenza o alla tortura e a un'eventuale apostasia, si precipitava giù da una finestra, si buttava in acqua da una nave o si gettava volontariamente nel fuoco d'un rogo. Il comportamento di questi suicidi viene giustificato assolutamente dagli scrittori ecclesiastici e spesso esaltato.
Il vescovo Dionisio di Alessandria considerava, a quanto pare, dei martiri anche quei cristiani, che durante la fuga morivano per opera di fiere selvagge, di briganti o per malattia. Secondo lui, del pari fuggiasco, v'era gran quantità di tali eroi, ma cita solo il vescovo Cheremone di Nilopoli insieme alla moglie, che, nonostante lunghe ricerche, non furono più ritrovati.
Secondo il Padre della Chiesa Tertulliano a candidati martiri poco affidabili come Pristino, per consolidarne la fede, «l'ultimo giorno, quello dell'interrogatorio, di buon mattino venne somministrato del vino drogato» (Tert., ieiun. 12). Ma ciò, come sostiene Tertulliano, non era «usuale». Tuttavia si veniva incitati al martirio dall'assoluta garanzia della beatitudine eterna: saltando a piè pari l'abituale permanenza transitoria nel mondo sotterraneo, i martiri sarebbero andati dritti dritti in cielo, e non avrebbero solo evitato il «Giudizio Universale», ma sarebbero stati giudici a latere di Cristo. E in seguito non si fecero analoghe promesse ai guerrieri cristiani (il che non sarebbe dovuto mai avvenire!), dicendo che, in caso di morte, sarebbero volati in paradiso direttamente dal campo di battaglia?
Il sacrificio di coloro che morivano per la propria convinzione non viene qui sminuito; hanno fatto e fanno questo certi cattolici nei confronti di altri cristiani, che subirono il martirio fuori della Chiesa: uno storico cattolico dei giorni nostri (Daniell Rops) disprezza tutti i martiri cristiani d'altro credo, chiamandoli «ribelli e traditori nel senso letterale del termine». Tali martiri, senza scorgervi presunzione, come faceva Marc'Aurelio, o irragionevolezza, come Epitteto, possono essere più compianti che ammirati, in quanto sono espressione di fanatismo religioso. Lo stesso Origene vide degli «ipocriti» fra martiri e confessori; anche Herder a proposito del martirio della maggior parte dei cristiani si espresse con altrettanto spirito critico. A parere d'un moderno teologo (Achelis) i casi di resistenza eroica provenivano «in massima parte da giovani, che in quel momento si sentivano chiamati al ruolo degli eroi».
In ogni caso, e ciò è l'elemento più importante, la morte dei martiri non «prova» la «verità» del Cristianesimo, per quanto la Chiesa antica si faccia vanto di questa «testimonianza». E in effetti, quale verità cristiana dovrebbe provare? Quella dei Cattolici? Dei Marcioniti? Dei Montanisti? Dei Novaziani? Tutti quanti costoro ebbero i loro martiri. I martiri poi non sempre incutevano ardimento: dopo il martirio del vescovo Publio di Atene la sua comunità, come ci informa il vescovo Dionisio di Corinto, poco mancò che abbandonasse la propria fede (in Euseb., h.e., 4, 23).
Il numero di tutti i martiri cristiani dei primi tre secoli fu valutato intorno a 15004, cifra assai dubbia, perché è rimasta testimonianza scritta solo di un paio di dozzine di casi. E non è fuori luogo rammentare qui la pochezza delle sofferenze dei cristiani del tempo a paragone con le persecuzioni medioevali di eretici e di streghe. Solo il cattolico Duca d'Alba fece giustiziare in un giorno più di 20.000 protestanti; gli ebrei furono ammazzati dai cristiani a centinaia di migliaia, e le vittime della follia ecclesiastica contro la stregoneria sono state calcolate in circa nove milioni.
Il fiume di sangue che si presume abbia inondato la storia del Cristianesimo antico è in massima parte leggenda. Fu, al contrario, enorme il numero degli apostati, tanto che la Chiesa divenne sempre più larga con essi: se nel Cristianesimo primitivo l'apostasia costituiva peccato mortale imperdonabile, in seguito il rigorismo originario non poteva più essere mantenuto, se la Chiesa voleva sopravvivere. E sopravvisse, ma per l'esattezza non come Chiesa dei Martiri, ma degli Apostati, che, passato il pericolo, rientravano contriti nel suo seno. Durante la persecuzione il vescovo Trofimo sacrificò con quasi tutta la sua comunità, e quando le condizioni lo consentirono, fece penitenza e ridiventò cristiano insieme a tutti gli altri apostati. Cipriano si esprime con favore per una prassi simile: «Nessuno di loro sarebbe tornato alla Chiesa senza la guida di Trofimo». In effetti, un bel trionfo dell'organizzazione. Come scrive Eduard Schwartz, la tattica della Chiesa, con la quale combatté e vinse le proprie battaglie fu «che teste calde coraggiose e uomini di carattere dai nervi d'acciaio dovevano compiere le imprese eroiche, mentre la gran massa se la squagliava, per poi riempire di nuovo i quadri lasciati vuoti, una volta venuta meno la folata della tempesta persecutoria».
Il numero dei martiri cristiani fu, in realtà, tanto ridotto, che poi se ne inventarono premurosamente degli altri, per di più capaci di soffrire e di morire molto più eroicamente e più coraggiosamente dei modesti martiri autentici.
Dal IV al VI secolo, allorché non vi furono pressoché più martiri cattolici, il loro numero si raddoppiò e si triplicò nelle grande comunità ecclesiali orientali, e a Roma divenne nel corso del V secolo otto volte più elevato. I luoghi delle loro sepolture furono indagati a centinaia e a migliaia: quando ci si imbatteva in una tomba antica, subito si ipotizzavano sante carcasse.
Anche il dottore della Chiesa Ambrogio vivificò in tal modo la vita della fede: fu lui l'inventore e il ritrovatore dei santi martiri Gervasio e Protasio, della cui esistenza nessuna sapeva nulla. Quando nel 386 gli Ariani, appoggiati dall'imperatrice Giustina, misero alle strette i cattolici milanesi, i due martiri comunicarono in sogno ad Ambrogio d'essere seppelliti nella sua chiesa. Circondato dalla comunità, il cui zelo religioso era diventato piuttosto fiacco, egli fece scavare e finì per imbattersi davvero nelle loro preziose ossa; la terra era addirittura arrossata, evidentemente del sangue dei due eroi; ci furono subito alcuni miracolucci e l'entusiasmo dei fedeli ebbe una subitanea impennata.
Nel 393 Ambrogio visitò Bologna, e proprio durante tale visita i martiri Agricola e Vitale additarono al vescovo del luogo i propri sepolcri, dove, accanto alle tracce del sangue dei due eroi, si celavano anche i frammenti degli strumenti di tortura adoprati per macellare i due santi uomini.
Ambrogio partecipò attivamente anche a un terzo ritrovamento di due martiri.
In questo modo si arrivò anche ai martiri più antichi, compreso Santo Stefano. Di Giovanni il Battista, alla cui scomparsa definitiva la cristianità non poteva credere, alla fine venne rintracciato non solo il capo a suo tempo mozzato, ma addirittura due teste: il primo cranio del Battista fu recato personalmente nel 391 a Costantinopoli dall'imperatore Teodosio, il secondo fu scoperto nel 452 da un monaco di Emesa. Questi metodi non erano poi tanto nuovi; già i Pagani avevano ritrovato sepolture e reliquie mediante profezie oracolari o altri accadimenti miracolosi, ad esempio i resti di Pelope oppure di Esiodo, entrambi poi utilizzati efficacemente contro le pestilenze.
La maggior parte degli atti dei martiri sono dei falsi, eppure furono considerati tutti quali documenti storici assolutamente degni di fede; e la gran parte di questi martiri fasulli, come ammette un dotto cattolico (Ehrhard), ha goduto della venerazione della Chiesa.
Come parti essenziali del Nuovo Testamento sono rielaborazioni di passi del Vecchio Testamento, allo stesso modo numerosi racconti cristiani sui martiri furono riplasmati su narrazioni ebraiche di martiri, non da ultimo sulla passione di Gesù, a sua volta narrata secondo modelli veterotestamentari.
E' nota la storia del martirio di Policarpo: sa già della propria morte; entrando nello stadio viene incoraggiato da una voce celeste; non prende fuoco sul rogo ma promana un meraviglioso profumo, il boia è costretto a dargli il colpo di grazia, ma il sangue estingue il fuoco e dalla ferita una colomba prende il volo verso il cielo !
Gli atti di questo martirio sotto il governo di Antonino nel 156 vengono gabellati come la più antica testimonianza oculare sulla morte di un martire cristiano! Eppure questo racconto, col quale ha inizio un nuovo genere letterario cristiano presto popolarissimo, il Martirio Leggendario, indica plasticamente come già nelle scritture più antiche sui martiri fiorisca l'elemento miracolistico e come fin dal principio si tratti non tanto di storiografia, quanto di edificazione, caratteristica presente pari pari già nelle storie dei martiri non cristiani. Ben presto il racconto «storico» viene soppiantato dalla leggenda e dal romanzo martirologico.
I portenti degli eroi cristiani divengono sempre più numerosi e più grandi: animali feroci aizzati contro di loro si accucciano ai loro piedi, leccano le loro ferite, spezzano a morsi le loro catene o crepano per le loro preghiere. Il boia è come paralizzato e può ucciderli solo col loro assenso (Acta Perpet. 21); la mano salvatrice di Dio li afferra anche dalle profondità marine (Euseb., Mart. Palaest. 4). Non c'è crudeltà o diavoleria che gli sgherri pagani non commettano contro i martiri: si estirpano loro i denti, si strappano loro le unghie dei piedi e delle mani, si cavano i loro occhi, si strappa la pelle dal viso e dal resto del corpo, si mette a nudo il loro cuore, li si immerge nell'acqua bollente, nella pece, nell'olio, nel piombo fuso; e nonostante tutto questo non c'è cristiano che batta ciglio !
Al contrario! Col corpo semicarbonizzato istituiscono serenamente comparazioni filosofiche fra la Roma cristiana e pagana; sanguinolenti declamano centinaia di versi o, nonostante la lingua mozzata, tengono lunghe e sonore disquisizioni contro l'idolatria e passeggiano sui carboni ardenti come su un prato di rose. Gli eroi cattolici irridono i loro torturatori, compatiscono la loro subitanea stanchezza, consigliano nuove e inaudite torture, li pregano di arrostirli per benino da entrambe le parti, oppure, come la vergine Maura, ordinano dal fondo della pentola d'acqua bollente di riattizzare il fuoco.
San Giorgio, il draghicida, il combattente invincibile, che molto probabilmente ha preso il posto della bellicosa divinità arabica Teandrite, resistette alla tortura nel pentolone gorgogliante, benché prima fosse stato ben bene affettato. I raffinatissimi tormenti e, fra l'altro, il ripetuto smembramento furono sopportati da costui per non meno di sette anni, e perciò è venerato oggi dalla Chiesa orientale a buon diritto come l'Arcimartire; i cattolici lo han fatto patrono dei cavalieri, gli Inglesi addirittura il Santo nazionale. Probabilmente, però, era un «eretico», precisamente un Ariano, e solo la leggenda lo ha trasformato in cattolico.
I martiri guariscono, esorcizzano demoni, abbattono al suolo idoli e templi interi, e dietro loro invocazione il persecutore spesso viene raggiunto su due piedi dalla punizione celeste. Ma per il fatto che prima o poi devono morire, determinati tratti diventano schematicamente ricorrenti, come l'assenza di dolore nella morte o il portentoso profumo dei corpi martirizzati.
Hanno un ruolo molto importante le vergini, di cui viene minacciata la cosa più sacra, o le puttane, convertite da un martire alla purezza di vita. Nel martirologio di Agata, la vergine cristiana rimane salda in compagnia di una donna, le cui nove figlie sono la quintessenza della depravazione; le si taglia il seno, ma questo ricresce (Acta Agathae, 8 sg.). Negli atti di Cristoforo, l'eroe cristiano è allocato con due graziose divette in una chambre séparée, ma non soggiace al loro fascino malizioso; al contrario, riesce a convertire le pulzelle, che poco dopo subiscono il martirio dopo terribili tormenti e torture (Acta Christophori, 11 sgg.). Un giudice offre la propria figlia in sposa al martire, e lo stesso imperatore vuole impalmare una cristiana e farle erigere statue per tutta la regione, a patto che rinneghi la sua fede (Passio Calliopii. Mart. Pauli et Julianae).
Passa come prima martire Santa Tecla, benché pare sia sfuggita alla terribile sorte mediante un miracolo. D'altra parte però la Chiesa, stranamente, non fa uso del martirio della moglie del principe degli Apostoli Pietro tramandato da un padre della Chiesa.
Insomma, i cristiani muoiono a schiere innumerevoli, come nella storia inventata da Prudenzio, che racconta di 300 suicidi, i quali, per evitare il sacrificio, si precipitano in una vasca di calce viva durante la persecuzione di Valeriano. Sotto Diocleziano parrebbe che l'intera Legione Tebaica, non meno di 6600 uomini, abbia sofferto in Svezia la morte dei martiri, come sostiene per la prima volta quasi un secolo e mezzo dopo il vescovo Eucherio di Lugdunum, evento oggi assai poco creduto persino da teologi di parte cattolica.
In quel periodo i fabbricanti cristiani di leggende inventarono il martirio di 10.000 cristiani, crocifissi sul monte Ararat. E sotto Licinio, in Antiochia, si fece ottenere la palma del martirio a un certo San Pappo insieme a 24.000 compagni: gli eroi cattolici si dissanguarono nel giro di cinque giorni su un'unica roccia. Per l'occasione, come per la morte di Cristo, si verificò un terribile terremoto e da quel momento si verificarono guarigioni e segni miracolosi «per chiunque» si fosse recato alle loro tombe. La falsificazione conclude non senza un'impressionante invocazione al cielo e ai suoi 24001 santi freschi di giornata:
«Tutto ciò e più di ciò è avvenuto ai nostri giorni, e noi lo abbiamo visto coi nostri occhi (!). Noi tutti preghiamo nel duolo il nostro Signore perché garantisca sicurezza alla sua Chiesa e al suo popolo, tramite la preghiera della santa Vergine Maria, la Teotoca, e di San Pappo e dei suoi compagni e di tutti i santi nei secoli dei secoli. Amen. Finisce qui la storia di San Pappo e dei suoi 24.000 santi ch'eran con lui. La loro preghiera sia con noi! Amen».
(4) La pratica dell'agapete fu soppressa definitivamente nel 1139, sotto il pontificato di Innocenzo III, dal Concilio Lateranense II.
(5) Maria Maddalena è nota anche come Maria di Magdala o Myriam di Magdala. Il riconoscerla come protettrice delle prostitute è una vera menzogna, almeno stando a ciò che i Vangeli raccontano, proprio perché i Vangeli in nessun luogo affermano che Maria di Magdala sia stata una prostituta, a meno di non credere a superficiali identificazioni con altri personaggi evangelici come Maria di Betania per il fatto che ambedue queste Marie avrebbero lavato i piedi di Gesù. Tale confusione, e come no ?, nacque da Papa Gregorio I (540-604), naturalmente Santo (vi era anche un'altra Maria prostituta con cui poter confondere la Maddalena, era una donna che, come racconta Luca, Gesù avrebbe conosciuto nella casa di un fariseo in Galilea. Anche questa donna lavò i piedi di Gesù con il suo pianto e li asciugò con i suoi capelli. L'apocrifo Vangelo di Filippo addirittura parla della Maddalena come compagna di Gesù. Da ciò deriva tutta una storia secondo cui Gesù e la Maddalena avrebbero avuto un figlio che la donna avrebbe salvato scappando, dopo la crocifissione, nella Francia del Sud. Tale figlio sarebbe stato alla testa della dinastia dei Merovingi che regnò in Francia dal V all'VIII secolo ed anche l'origine dei fortissimi movimenti ereticali che si svilupparono in quelle zone della Francia. Da qui la leggenda del Santo Graal che non sarebbe altro che Sang Real, il sangue reale della stirpe merovingia discendente da Gesù.
(6) La verginità di Maria ha portato la Chiesa a posizioni che se non fossero folli, sarebbero ridicole. Facendo l'ipotesi che Gesù sia stato concepito senza alcun rapporto sessuale (è successo a giovanette che hanno dormito in un letto dove precedentemente si era consumato un rapporto sessuale), è irragionevole supporre che il parto abbia mantenuto la verginità. Ed il parto è uno dei momenti che, biblicamente, rendono l'uomo un uomo, un essere che nasce dal dolore della madre. Ma la Chiesa sostiene che Maria è Vergine prima, durante e dopo il parto (la purificazione è stata tutta una messa in scena ?). Da qui le sciocchezze di Sant'Agostino (un dottore della Chiesa) che rimurginava l'ipotesi di Gesù nato da un orecchio di Maria. Ognuno è comunque libero di credere a ciò che vuole ... Contento lui !
(7) Anche Pitagora ha tratti biografici che assomigliano a quelli di Gesù. Fu, appunto venerato da vivo come un dio, guarì i malati nell'anima e nel corpo, fece vari miracoli, fu insultato e perseguitato, morì andando agli Inferi per resuscitare poco dopo.
(8) Per trovare tutte le deformazioni paoline del pensiero di Gesù si veda Deschner [2] pagg. 142-172.
(9) La derivazione pagana della Verginità di Maria è discussa in Deschner [3], pagg. 315-318. Ed anche qui e qui. Più in generale, il culto della Madonna, sebbene contenga elementi sincretistici di varia provenienza, deriva principalmente dal culto di Iside. E' Iside che era definita "la Vergine", come del resto molte altre madri di eroi divini secondo i miti mediterranei. Poiché Iside rappresentava la notte molte sue statue erano nere e questo spiega l'esistenza di "madonne nere". Tuttora esistono più di 450 luoghi in cui si trovano Madonne Nere. E’ stato appurato, da reperti, che moltissime chiese cattoliche sono sorte su antichi templi di Iside. Anche le feste dedicate a Maria sono la trasformazione, anzi per meglio dire il proseguimento, di antiche feste dedicate alle madonne pagane.
(10) Discutendo dei luoghi dell'aldilà, Paradiso, Inferno e Purgatorio, Papa Giovanni Paolo II sostenne che essi sono luoghi dello spirito con nulla di materiale. La domanda allora è: Dove sono i corpi di Gesù e di Maria ?
(11) Da Wikipedia riprendo i Decreti di Teodosio:
24 febbraio 391
« L'Augusto Imperatore (Teodosio) ad Albino, prefetto del pretorio.
Nessuno violi la propria purezza con riti sacrificali, nessuno immoli vittime innocenti, nessuno si avvicini ai santuari, entri nei templi e volga lo sguardo alle statue scolpite da mano mortale perché non si renda meritevole di sanzioni divine ed umane. Questo decreto moderi anche i giudici, in modo che, se qualcuno dedito a un rito profano entra nel tempio di qualche località, mentre è in viaggio o nella sua stessa città, con l'intenzione di pregare, venga questi costretto a pagare immediatamente 15 libbre d'oro e tale pena non venga estinta se non si trova innanzi a un giudice e consegna tale somma subito con pubblica attestazione. Vigilino sull'esecuzione di tale norma, con egual esito, i sei governatori consolari, i quattro presidi e i loro subalterni.
Milano, in data VI calende di marzo sotto il consolato di Taziano e Simmaco. »
11 maggio 391
« Gli augusti imperatori Valentiniano, Teodosio e Arcadio a Flaviano, prefetto del pretorio.
Coloro che hanno tradito la santa fede [cristiana] e hanno profanato il santo battesimo, siano banditi dalla comune società: dalla testimonianza [in tribunale] siano esentati, e come già abbiamo sancito non abbiano parte nei testamenti, non ereditino nulla, da nessuno siano indicati come eredi. Coloro ai quali era stato comandato di andarsene lontano e essere esiliati per lungo tempo, se non sono stati visti versare un compenso maggiore tra gli uomini, anche del voto degli uomini siano privati.
Se casomai nello stato precedente [il paganesimo] ritornano [i neo-converiti], non sia cancellata la vergogna dei costumi con la penitenza, né sia riservata loro alcuna particolare protezione di difesa o di riparo, poiché certamente coloro i quali contaminarono la fede, con la quale Dio hanno riconosciuto, e orgogliosamente trasformarono i divini misteri in cose profane, non possono conservare le cose che sono immaginarie e a proprio comodo. Poiché sia portato soccorso ai lapsi e agli erranti, non ci sia rimedio di penitenza alla vera perdizione, cioè alla profanazione del santo battesimo, la quale [penitenza] solitamente per gli altri crimini soccorre per giovare.
A Concordia, in data V idi di marzo sotto il consolato di Taziano e Simmaco »
16 giugno 391
« L'Augusto Imperatore (Teodosio) al prefetto Evagrio e a Romano conte d'Egitto.
A nessuno sia accordata facoltà di compiere riti sacrificali, nessuno si aggiri attorno ai templi, nessuno volga lo sguardo verso i santuari. Si identifichino, in particolar modo, quegli ingressi profani che rimangono chiusi in ostacolo alla nostra legge così che, se qualcosa incita chicchessia ad infrangere tali divieti riguardanti gli dèi e le cose sacre, riconosca il trasgressore di doversi spogliare di alcuna indulgenza. Anche il giudice, se durante l'esercizio della sua carica ha fatto ingresso come sacrilego trasgressore in quei luoghi corrotti confidando nei privilegi che derivano dalla sua posizione, sia costretto a versare nelle nostre casse una somma pari a 15 libbre d'oro a meno che non abbia ovviato alla sua colpa una volta riunitesi le truppe militari.
Aquileia, in data XVI calende di luglio, sotto il consolato di Taziano e Simmaco. »
8 novembre 392
« Gli augusti imperatori Teodosio, Arcadio e Onorio a Rufino prefetto del pretorio.
Nessuno, di qualunque genere, ordine, classe o posizione sociale o ruolo onorifico, sia di nascita nobile sia di condizione umile, in alcun luogo per quanto lontano, in nessuna città scolpisca simulacri mancanti di sensazioni o offra (alcuna) vittima innocente (agli dèi) o bruci segretamente un sacrificio ai lari, ai geni, ai penati, accenda fuochi, offra incensi, apponga corone (a questi idoli). Poiché se si ascolterà che qualcuna avrà immolato una vittima sacrificale o avrà consultato viscere, sia accusato di reato di (lesa) maestà e accolga la sentenza competente, benché non abbia cercato nulla contro il principio della salvezza (Dio) o contro la (sua) salvezza. È sufficiente infatti per l'accusa di crimine il volere contrastare la stessa legge, perseguire le azioni illecite, manifestare le cose occulte, tentare di fare le cose interdette, cercare una salvezza diversa (da quella cristiana), promettere una speranza diversa.
Se qualcuno poi ha venerato opere mortali e simulacri mondani con incenso e, ridicolo esempio, teme anche coloro che essi rappresentano, o ha incoronato alberi con fasce, o eretto altari con zolle scavate alle vane immagini, più umilmente è possibile un castigo di multa: ha tentato una ingiuria alla piena religione (cristiana), è reo di violata religione. Sia multato nelle cose di casa o nel possesso, essendosi reso servo della superstizione pagana. Tutti i luoghi poi nei quali siano stati offerti sacrifici d'incenso, se il fatto viene comprovato, siano associati al nostro fisco. Se poi in templi e luoghi di culto pubblici o in edifici rurali qualcuno cerca di sacrificare ai geni, se il padrone di casa non ne è a conoscenza, 25 libbre di oro di multa si propone di infliggere (al sacrificante), è bene poi essere indulgenti verso lui (il padrone) e la pena trattenere.
Poiché poi vogliamo custodire l'integrità di giudici o difensori e ufficiali delle varie città, siano subito denunciati coloro scoperti (negligenti), quelli accusati siano puniti. Se questi infatti sono creduti nascondenti favori o negligenze, saranno sotto giudizio. Coloro poi che assolvono (gli accusati di idolatria) con finzione, saranno multati di 30 libbre di oro, sottostando anche agli obblighi che derivano da un loro simile comportamento dannoso.
Constantinopoli, in data VI idi di novembre, sotto il consolato di Arcadio e Rufino. »
(12) Scrive ancora Donini che è superficiale l'individuare una sovrapposizione tra divinità greche e romane:
Le dodici grandi divinità olimpiche, sei maschili e sei femminili, vennero più tardi adottate dai romani e identificate con le figure centrali del loro bagaglio mitologico, sino a far parlare, talvolta, di un'unica religione greco-romana. Si tratta naturalmente di illazioni del tutto ingiustificate sul terreno storico, dovute ben più all'influenza esercitata in età classica dalla cultura greca e a sensibili analogie di carattere sociale, che non a reali affinità religiose. Così è avvenuto per Zeus e la sua sposa Era (Giove e Giunone), Posidone sovrano dei mari (Nettuno), Apollo dio del sole, Ares dio della guerra (Marte), Efesto, il dio-fabbro (Vulcano), Ermete, patrono del commercio (Mercurio), Atena, dea della saggezza (Minerva), Artemide (Diana), Afrodite (Venere), Demétra, dea delle messi ed Estia, dea del focolare (Vesta).
Queste identificazioni non devono trarre in inganno. L'antica religione di Roma, piccola comunità tribale passata poi a immenso impero, si differenzia profondamente da quella della Grecia. Essa deve ben più al sostrato italico ed etrusco, che non all'apporto ellenico. Mercurio, ad esempio, ha preso il nome da una famiglia etrusca, «Mercu», che si ritrova nella parola «merce», ed ha ben poco a che vedere con la sua controparte greca, Ermete; Giunone, «la giovane», patrona degli agglomerati urbani, deriva dall'etrusca Uni e Minerva (in etrusco Menerva) era in origine una divinità guerriera degli italici, ben diversa da Atena. In genere, inoltre, gli dèi etruschi venivano raggruppati a «triadi», e non a coppie.
(13) Come tutti i martiri abbiamo a che fare con prodigi incredibili. Senza commenti riporto le meraviglie di questo giovane santo:
Venanzio giovanetto di quindici anni apparteneva ad una nobile famiglia di Camerino, fattosi cristiano, lasciò tutte le comodità in cui era vissuto ed andò a vivere presso il prete Porfirio.
Venne ricercato dalle autorità pagane della città e minacciato di tormenti e di morte se non fosse ritornato al culto degli dei, in esecuzione degli editti imperiali. Venanzio adolescente per età, ma dalla forte personalità per la fede ricevuta, si rifiuta e quindi viene sottoposto a flagellazioni, pene di fumo, fuoco, eculeo (cavalletto), ne esce sempre incolume e per questo raccoglie conversioni fra i pagani curiosi e gli stessi persecutori.
Resta imprigionato e viene ancora tormentato con i carboni accesi sul capo, gli vengono spezzati i denti e mandibola, gettato in un letamaio, Venanzio resiste ancora, allora viene dato in pasto a cinque leoni affamati, ma questi gli si accucciano inoffensivi ai suoi piedi.
Ancora incarcerato, può accogliere ammalati di ogni genere che gli fanno visita ammirati ed imploranti, ed egli ridona a loro la salute del corpo e dell’anima, convertendoli al cristianesimo. Ormai esasperato, il prefetto della città lo fa gettare dalle mura, ma ancora una volta lo ritrovano salvo, mentre canta le lodi a Dio.
Viene legato e trascinato attraverso le sterpaglie della campagna e anche in questa occasione opera un prodigio, facendo sgorgare una sorgente da uno scoglio per dissetare i soldati, operando così altre conversioni.
Alla fine, il 18 maggio del 251, sotto l’imperatore Decio o nel 253 sotto l’imperatore Valeriano, viene decapitato insieme ad altri dieci cristiani; mettendo così fine a questa galleria di orrori, che è difficile credere a tanta crudeltà, messa in atto da un popolo che dominava il mondo di allora, sì con la forza ma suscitando anche cultura, arte, diritto, civiltà.
Altre meraviglie di santi sono state raccolte in Le assurde storie dei Santi che riporto di seguito:
San Romano
È stato scritto: Il terrificante Diocleziano come ogni giorno andava a caccia di cristiani, questo barbaro imperatore aveva gli occhi rossi come il demonio. Incontrò un povero ragazzo di nome Romano che pregava Gesù e per questo fu condannato a morte. Fu condannato a bruciare vivo.
Durante l' esecuzione c' erano tre giudei che canzonavano il povero ragazzo: "Dov' è adesso il tuo Gesù ? Ah! Ah! Ah!". All' improvviso le fiamme che avvolgevano il piccolo Romano si staccarono da lui e andarono a bruciare i tre giudei. Diocleziano stesso sorpreso, impaurito, decise di sospendere l' esecuzione.
Poco tempo dopo mentre san Romano predicava il vangelo parlando di Gesù per ore, un giudice pagano di un villaggio condannò il giovane al taglio della lingua.
Il primo chirurgo dell' imperatore tagliò di netto la lingua al giovane ragazzo e lo schernì: "Eh! Eh! Eh! Voglio vedere adesso come parlerai ancora di Gesù".
Ma san Romano, con tutta la lingua tagliata, si mise subito a predicare il Vangelo ancora con più destrezza e volubilità mandando in visibilio tutto il popolo.

San Giuseppe da Copertino
Spesso andava in estasi e parlava con Dio. Rimaneva immobile come una statua, insensibile come la pietra, e nulla poteva smuoverlo. Qualunque cosa si riferisse al Signore lo poneva in uno stato di contemplazione. Ciò succedeva anche quando vedeva un dipinto religioso, oppure quando udiva il suono di una campana, musica sacra, il nome di Dio, della Vergine Maria o di un Santo. I suoi confratelli potevano pungerlo con gli spilli o bruciarlo con tizzoni ardenti nel tentativo di risvegliarlo, ma egli non si accorgeva di nulla.
Frequentemente si sollevava dal suolo e rimaneva sospeso nell'aria: in chiesa, gli succedeva di volare verso l'altare o al di sopra di esso. Fu visto levitare dalla gente oltre settanta volte, mentre diceva la Messa o pregava. Poteva accadere che egli stesse pregando dinanzi ad una statua in giardino, ed i frati lo vedessero sollevarsi in aria, ancora inginocchiato.
Una folla incessante gli chiedeva aiuto e consiglio ed egli convertì molta gente ad una vita veramente cristiana. Giuseppe compì molti miracoli, specialmente fra la povera gente. Toccava occhi ciechi, ed essi vedevano, prendeva in braccio un bambino malato e lo guariva, trascrisse la benedizione di S. Francesco e tale foglio, fatto circolare in paese, compì meraviglie.
Quando i confratelli venivano a parlargli, egli leggeva immediatamente nei loro pensieri, e talvolta apprendeva molto più di quanto essi avrebbero voluto.

San Patrizio
La storia più celebre che lo riguarda è quella relativa alla cacciata di tutti i serpenti dall’Irlanda. San Patrizio intimò a tutti i serpenti di tornare nel mare, ma uno dei serpenti più anziani si rifiutò. Il santo allora realizzò una scatola, tentando di invogliare il serpente ad entrarvi, sostenendo che era un posto ideale per riposarsi. Il serpente, però, affermò che la scatola era troppo piccola, ma il santo ribatté che la grandezza era più che sufficiente. Il diverbio proseguì in questa maniera per lungo tempo finché il serpente, ormai annoiato dalla controversia, scivolò nella scatola per dimostrare al santo che era realmente piccola. San Patrizio chiuse prontamente la scatola e la scagliò con forza in mare, con dentro il serpente. La leggenda del “pozzo di San Patrizio”, ha origine da quella volta in cui il santo disegnò un cerchio per terra e in quel punto si aprì subito un pozzo molto profondo. Patrizio ebbe poi la rivelazione che quella era l’entrata del purgatorio e, chi voleva espiare i propri peccati poteva scendere nel pozzo, salvandosi così dal purgatorio dopo la morte.

San Rocco
Dopo la morte del padre, Rocco, che all’epoca aveva vent’anni, si recò a Roma, a quel tempo piagata dalla peste, per curare gli appestati. Venne però anche lui infettato dalla malattia, mentre si trovava in ospedale e, al mattino seguente aveva la febbre alta e una gigantesca ulcera sulla gamba sinistra. Non volendo dare fastidio agli altri malati, fuggì nel bosco, attendendo la morte. Vennero così in suo aiuto un angelo e un cane (che assieme ai segni della peste è un simbolo del santo), che gli curavano le ferite e gli portavano del cibo tutti i giorni.
In seguito venne accusato di spionaggio e passò cinque anni in prigione. Uscito di prigione vide se stesso morto e vicino al suo corpo un biglietto sulle quali erano scritte queste parole: “gli appestati che pregheranno tramite le benemerenze e le mediazioni di Rocco, servo di Dio, si risaneranno”.

San Gregorio Magno
Una delle storie più famose è quella della messa di San Gregorio. La storia ci narra di un uomo che metteva in dubbio il fatto che Cristo fosse realmente presente sull’altare durante la messa, così Gregorio pregò ardentemente affinché Cristo comparisse durante la messa. Appena il santo finì la preghiera, Cristo apparve sull’altare con gli strumenti della passione. Secondo altre fonti, l’uomo venne convinto della presenza di Cristo quando Gregorio prese in mano un ostia che iniziò a sanguinare. Un’altra storia racconta che il segretario di San Gregorio, Giovanni Diacono, era solito osservare la presenza di una colomba appoggiata sopra la spalla del santo, che era in realtà lo Spirito Santo che assumeva tali sembianze.

Santa Giovanna d'Arco
Dio le ordinò di combattere una guerra contro gli Inglesi. Gli inglesi la processarono con l’accusa di stregoneria, e sembra che mentre era in carcere venne violentata da un lord, anche se poi risultò vergine a un esame medico.

San Francesco d'Assisi
Una notte ebbe una visione nella quale Gesù gli mostrava una stanza colma di gioielli dicendogli tutto ciò sarebbe andato a chi si sarebbe battuto per la sua causa.
Molte sono le storie su San Francesco in particolare quelle legate al suo predicare agli animali. Oltre alle sue famose predicazioni agli uccelli sull’amore di Dio, la vicenda più famosa è quella del lupo di Gubbio. Il lupo faceva razzia per le campagne e terrorizzava la popolazione, così il santo gli parlò, promettendogli che se non avrebbe più aggredito gli abitanti del luogo, loro stessi lo avrebbero sfamato. Il lupo non fu più una minaccia, e anzi diventò amico della persone. San Francesco che ammansisce il lupo è uno dei suoi miracoli più rappresentati nell’arte

Santa Chiara
Chiara fermò i Saraceni che accerchiavano Assisi pur essendo costretta a letto. Quando giunsero nelle vicinanze del convento, ella si alzò dal suo letto, e mise la pisside con al suo interno l’ostia consacrata per la messa sulla soglia del convento. Così, quando i Saraceni intravidero la pisside, si ritirarono dalla città senza che questa fosse nemmeno toccata

San Brandano
Brandano è conosciuto per la sua presunta traversata alla ricerca del Paradiso Terrestre, che secondo alcune credenze popolari si trovava in un’isola in mezzo al mare. Questa leggenda viene narrata nella Navigatio Sancti Brendani, opera che nel medioevo fu tradotta in molte lingue europee, ricca di avventure alcune delle quali derivate da antichi miti pagani irlandesi. Questa leggenda ebbe per molti secoli un grande richiamo: basti pensare, infatti, che fino XVIII secolo, alcune carte geografiche segnalavano l’Isola di San Brandano, cioè il Paradiso Terrestre, a ovest dell’Irlanda. Proprio per questa segnalazione furono molte le esplorazioni che partirono alla ricerca dell’isola soprattutto portoghesi e spagnole. Si racconta che, la notte di Natale, prima di giungere nel Paradiso Terrestre, San Brandano incontra Giuda, seduto su una roccia. Qui, Giuda può riposare durante i giorni di festa, grazie all’unica buona azione da lui compiuta in tutta la sua esistenza.

San Bernardino da Chiaravalle
Mentre Bernardo stava scrivendo il Commentario al Cantico dei Cantici, in lode alla Vergine Maria, ella gli si manifestò, e bagnò le labbra del santo con il latte del suo petto. Da quel giorno, Bernardo ebbe il dono di una portentosa forza espressiva.
Nota: a lui si deve in parte la Seconda Crociata, in cui vennero uccisi molti più ebrei in Europa che musulmani in Terra Santa. 

San Bernardino da Siena
Il santo, essendo costretto ad attraversare un fiume per arrivare a Mantova e non avendo soldi per pagare il battello, venne lasciato a terra dal traghettatore. Così si tolse il mantello, e poggiandolo sull’acqua, attraversò il fiume.

Sant'Antonio da Padova
Quando alcuni eretici si erano rifiutati di credere alle sue parole, il Santo li portò in riva al mare nella città di Rimini e cominciò a predicare ai pesci, che lo ascoltavano con la testa fuori dall’acqua. Vedendo questo straordinario avvenimento, tutti i presenti vennero convertiti dal santo. Un giorno al cospetto del papa e dei cardinali, parlò in un modo così espressivo, così dolce ed erudito, che tutti i presenti, sebbene parlassero lingue differenti, compresero ciò che egli diceva, come se avesse parlato nella lingua di ognuno.

Sant'Ambrogio
Mentre Ambrogio appena nato dormiva nella culla, venne assalito da uno sciame di api che si avvicinò al suo volto: alcune di esse entrarono ed uscirono dalla bocca socchiusa senza recare alcun danno al lattante ma anzi depositando del miele, come segno della sua futura saggezza.
Una donna ariana, a Sirmio, in Pannonia attendeva Ambrogio presso il presbiterio per buttarlo giù dall'altare. Presolo x le vesti, stava già strattonandolo violentemente quando il vescovo, liberatosi dalla stretta, l'ammonì: "Prega che il Signore non ti punisca!". Arika morì pochi giorni dopo. Diversi altri attentatori in più di un occasione hanno minacciato l'integrità fisica del santo, rimanendone, nel migliore dei casi, paralizzati.
La domenica delle Palme dell'835, nel corso della consueta processione a S. Ambrogio, il suo successore Angilberto II perse l'anello che portava al dito; nell'anello era incastonato un dente di S. Ambrogio. La processione venne interrotta e tutti si misero a cercare ma.. niente. Una donna molto anziana attirò l'attenzione di Angilberto e gli suggerì, prima di svanire nel nulla, di cercare il dente là dove l'aveva prelevato. E, con immenso stupore di tutti, scoperchiata la cassa, il dente si trovava al suo posto, nella mascella del santo.

Santa Teresa d'Avila
Dichiarò: "un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. il dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. quando l'angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per dio."
Nota: qui Freud avrebbe da divertirsi.

San Carlo Borromeo
Nella causa di canonizzazione del Borromeo si cita: "e circa mezz'ora di notte (verso le 22) va il manigoldo nell'Arcivescovado, e ritrovando il Cardinale inginocchiato nell'oratorio con la sua famiglia in oratione, secondo il suo solito, gli sparò nella schiena un archibugio carico di palla e di quadretti, li quali perdendo la forza nel toccar le vesti non fecero a lui offesa veruna, eccetto che la palla, che colpì nel mezzo della schiena: vi lasciò un segno con alquanto tumore (gonfiore)". Nota: San Carlo Borromeo fece torturare, processare ed uccidere molti innocenti accusati di stregoneria, proprio un sant'uomo.

Le storie meno assurde dei Santi sono comunque assurde. In tal senso, le storie meno inverosimili parrebbero quelle di Padre Pio, ma se si vanno a leggere ci si accorge benissimo dell'assurdità estrema di queste situazioni.
Proviamo a scoprire queste storie attraverso i racconti e le testimonianze della sua più aggiornata agiografia ufficiale, quella pubblicata a puntate sul prestigioso settimanale "Dipiù", di cui riportiamo di seguito alcuni illuminanti stralci:

SATANA GLI STRAPPAVA LA PENNA DI MANO ~ Raccontiamo le tentazioni e le vessazioni del Santo di Pietrelcina • Quando scriveva lo assalivano il mal di testa e "un acutissimo dolore al braccio destro" • "Da giovedì a sabato è una tragedia" • "Sono afflitto da quel Barbablù"»
[Dipiù n.1, 8 gennaio 2007]
«COSÌ L'ANGELO CUSTODE LO LASCIÒ A SATANA ~ "Sgridai l'angelo d'essersi fatto aspettare mentre io lo chiamavo in mio soccorso" • "Mi immergeva nel fuoco" • "Padre mio, mi sento debole" • "Vogliono indurmi nelle loro reti"»
[Dipiù n.2, 15 gennaio 2007]
«SATANA SPORCAVA LE LETTERE DI PADRE PIO ~ Rendeva illeggibile la corrispondenza del frate macchiandola con l'inchiostro • Il suo "angelino" lo ascoltava • "Barbablù vorrebbe finirmi"»
[Dipiù n.3, 22 gennaio 2007]
«I DEMONI NON LO FACEVANO DORMIRE LA NOTTE ~ Nell'oscurità veniva svegliato, aggredito e malmenato da presenze malvagie • "Quei cosacci mi tormentano"»
[Dipiù n.4, 29 gennaio 2007]
«I DEMONI LO SVESTIVANO PER PICCHIARLO ~ "Più di una volta sono giunti a togliermi la camicia e a percuotermi in tale stato" • Ma Gesù gli ripeteva sempre: "Non temere" • Il fracasso svegliava il Vaticano • La mamma temeva per la sua salute • "Mi hanno percosso ogni giorno" • "Il Signore manterrà le promesse"»
[Dipiù n.5, 5 febbraio 2007]
«"SATANA TORMENTA LA MIA ANIMA" ~ Scrisse Padre Pio: "Tutto l'inferno su di lei si riversa con i suoi ruggiti cavernosi" • "Gesù è sempre amoroso con me" • "Pensai a un gioco dei demoni" • "Il mio cuore prova strettezze"»
[Dipiù n.6, 12 febbraio 2007]
«IL DIAVOLO TORMENTAVA UNA SUA FEDELE ~ Padre Pio si preoccupava per una donna pugliese: "Satana le sta facendo guerra" • Tra i tanti dispetti, cercò di sconvolgerle la mente • "Approfittano della mia debolezza" • "Il demonio va infierendo" • "Non ha smesso nessuna mala arte"»
[Dipiù n.7, 19 febbraio 2007]
«COSÌ IL DIAVOLO LO SPINGEVA ALLA BESTEMMIA ~ "Il demonio strepita e ruggisce attorno alla mia povera volontà" • "Un dubbio perenne mi attraversa l'animo in tutte le mie azioni" • "I nemici insorgono di continuo" • "Le più fitte tenebre regnano" • "Che agonia, che terrore!"»
[Dipiù n.8, 24 febbraio 2007]
«SATANA GLI STRAPPAVA LA FEDE ~ "I di lui assalti sono violenti e assidui: l'anima mia è discesa all'Inferno", scriveva il frate con le stimmate • "Le forze fisiche e morali si vanno sempre più debilitando" • "Nascono pensieri di bestemmia" • "Il demonio strepita e ruggisce" • "Non gliel'ho mai data per vinta" • "L'attentato è forte e formidabile"»
[Dipiù n.9, 5 marzo 2007]
«I DEMONI LO FERMAVANO PER LA STRADA ~ "Mo' passa 'o santariello!", gli gridavano irridendolo, per poi malmenarlo • Ma nei loro confronti reagiva dicendo: "Schiattate!" • "Ho assiduo Satana presso di me"»
[Dipiù n.10, 12 marzo 2007]
«IL DIAVOLO GLI APPARIVA MASCHERATO ~ Assumeva le sembianze "dell'Angelo Custode, di San Francesco, di Maria Santissima" • "Sospinge l'anima a cedere" • "Io non ho colpa in ciò che avviene"»
[Dipiù n.11, 19 marzo 2007]
«NELLA SUA STANZA LOTTAVA CON IL DEMONIO ~ Ogni sera, nel convento c'era una colluttazione che spaventava i confratelli • "Si sentono rumori fortissimi" • "Era pallido e respirava a fatica" • Tremava tutto il refettorio • "Per rabbia, Satana schiattò"»
[Dipiù n.12, 26 marzo 2007]
«SATANA GLI APPARVE COME UN CANE RABBIOSO ~ "Vidi l'animalaccio spiccare un salto sul davanzale della finestra e poi sparire" • Dopo la lotta era tutto sudato • "Si sentiva un forte odore di zolfo" • "Dalla bocca usciva il fumo" • Per liberarsi invocava Gesù»
[Dipiù n.13, 2 aprile 2007]
«IL DIAVOLO GLI APPARVE TRAVESTITO DA FRATE ~ Ma aveva una strana ferita in fronte: il Santo si mise in guardia e lo riconobbe • Una volta stava quasi per cascarci • Satana cercava di fiaccargli l'animo e spegnere la Fede • Usciva dalle lotte assai malconcio • "Il demonio arrivò a mezzanotte" • "Gettò la Madonna contro le imposte"»
[Dipiù n.14, 9 aprile 2007]
«IL DIAVOLO GLI AUGURAVA UNA BRUTTA FINE ~ Al frate apparve una folla di demoni che gridava: "Vogliamo la morte di Padre Pio!" • Si sentivano rumori e sghignazzate • "Fui bastonato ma ho vinto" • "La Madonna mi diede un'arma" • Strappava le anime al maligno»
[Dipiù n.15, 16 aprile 2007]
«IL SUO SCONTRO CON IL DIAVOLO CREÒ SCANDALO ~ Dicevano che fosse invasato e avesse rapporti peccaminosi con le fedeli • Accadde una vicenda incredibile • Scoppiò un dramma insanabile • Lo controllavano con il registratore»
[Dipiù n.16, 23 aprile 2007]

E non mancano innumerevoli storie assurde inventate come la seguente ambientata durante i bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale:
« Stavano sorvolando il Gargano, quando all’improvviso qualcosa di insolito si materializzava in cielo tra le nuvole. Uno stormo di uccelli? No. Un caccia Heinkel della Luftwaffe? No, neppure quello. I rapporti citavano “qualcosa o qualcuno non identificato”, ma i piloti, in confidenza, sussurravano di un frate con la barba e le braccia aperte. I più stupiti erano i piloti ebrei, metodisti, anglicani, mormoni… “ho visto un frate cattolico…Ma ti giuro io non sono cattolico e i monaci non li posso soffrire!”. »
« "Comandante, è inspiegabile: mentre stavo per premere il pulsante delle bombe, improvvisamente è apparso in cielo, tra le nuvole, un uomo gigantesco con la barba, un frate barbuto, a braccia aperte con lo sguardo di ghiaccio, mi ha obbligato a tornare alla base”. Il giorno dopo il comandante della Raf, l’aviazione inglese, inviò sul cielo di San Giovanni Rotondo altri due aerei da combattimento. Ma anche questi tornarono alla base senza colpire il paese di Padre Pio. “Volavamo in formazione, ad alta quota, pronti a sganciare sull’obiettivo previsto, il deposito di materiale bellico e di carburante che i tedeschi hanno costruito nei pressi di San Giovanni Rotondo, quando i meccanismi di sganciamento delle bombe si sono attivati, contemporaneamente su tutti i velivoli. Le bombe sono cadute in mezzo alle sterpaglie, sul nulla! Nel frattempo, la strumentazione di bordo è impazzita su tutti gli aerei della squadriglia e quando noi piloti siamo riusciti a riprendere il controllo dei nostri mezzi ci siamo ritrovati in formazione compatta, lungo la rotta del ritorno”»
[Dipiù n.23, 27 ottobre 2008].
Devo comunque far notare che si approfitta anche dei martiri per fare del becero antisemitismo (e chi lo fa è amico del cuore di questo governo di Berlusconi, pieno di fascisti, quelli i cui antenati erano servizievoli e consegnavano gli ebrei ai nazisti, che sono amicissimi del criminale governo di Israele). E lo fa come sempre un rappresentante della Chiesa, tal don Pierpaolo Caspani nel suo dotto scritto Il martirio ed il suo significato spirituale. Scrive costui che i primi martiri cristiani si ebbero ad opera dei Giudei:  I primi martiri sono vittime delle persecuzioni da parte dei Giudei. Stando al racconto degli Atti degli Apostoli, dopo la Pentecoste, si ripropone la situazione che ha preceduto la morte di Gesù: mentre le conversioni si moltiplicano e la prima comunità cristiana si organizza, si organizza anche la reazione degli Anziani e degli scribi. Ritroviamo così sulla scena tutti gli artefici della condanna di Gesù: Caifa, Anna e i capi delle grandi famiglie di Gerusalemme. I discepoli di Gesù vengono a trovarsi in una situazione simile a quella del loro Maestro: il martire è colui che dà testimonianza, vivendo questa situazione come l'ha vissuta il Maestro. Continua a sostenersi che Gesù fu ucciso dai Giudei, la frase che aiutò molto al loro sterminio con Pio XII quantomeno silente. Qui occorre essere chiari. O la storia è andata come voleva Dio che sacrifica il figlio per salvare l'umanità o, davvero, non si capisce di cosa parliamo. I Giudei che avessero ammazzato Gesù sono o no l'espressione della volontà di Dio ? E se non l'avessero ammazzato, Gesù chi sarebbe oggi ?
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