I Radicali presentano l’ emendamento sull’ estensione della tassa al Vaticano. Nel Pd aumentano i favorevoli. Il sindaco di Bologna, Merola, denuncia i 2.500 immobili esenti nella sua città.
Sì all’ Ici sui beni della Chiesa ad uso commerciale. Anche il sindaco di Bologna, Virginio Merola, appoggia la linea del Partito democratico, che per voce del segretario nazionale Pierluigi Bersani ha ribadito la necessità di tassare le proprietà non finalizzate al culto e alle opere caritatevoli della Chiesa. «La direttiva europea (sulla concorrenza ndr) è chiara – ha spiegato il sindaco riguardo al regime illegittimo di esenzione fiscale del Vaticano – a questo punto c’è bisogno di un Parlamento che la applichi».
Escludendo chiese e conventi, solo a Bologna ci sono circa 2.500 beni immobili ecclesiastici: oltre la metà sono abitazioni, ma ci sono anche negozi, uffici e garage. Per non aumentare l’ Irpef e dare comunque una boccata di ossigeno alle casse comunali, il primo cittadino del capoluogo emiliano ha deciso di accanirsi contro l’ evasione. Tanto per iniziare, quindi, andrebbe potenziato l’accordo tra l’ Associazione nazionale dei comuni italiani e l’Agenzia delle entrate che consente ai Comuni che collaborano alla lotta all’evasione fiscale di intascare il 33% delle risorse recuperate. La manovra del Governo rischia di alleggerire il bilancio del comune di 120 milioni di euro, per questo Merola chiede la collaborazione dei parlamentari bolognesi, obiettivo; proporre degli emendamenti da presentare alla Camera e al Senato.
E a questo proposito un emendamento a favore dell’Ici sui beni della chiesa c’è già ed è stato presentato ieri mattina da Emma Bonino, Mario Staderini, e Michele De Lucia del Partito radicale. «Possiamo rassicurare Pierluigi Bersani: le mense della Caritas non si toccano e rimarranno esenti dalla fiscalità tutte le associazioni di assistenza e di beneficienza», ha dichiarato in apertura di conferenza stampa la vicepresidente del Senato. L’emendamento alla manovra anticrisi in discussione al Senato propone una sorta di rivoluzione copernicana nel regime fiscale italiano nei confronti della Chiesa. Attualmente tutte le attività sono esenti ad esclusione di quelle che «non abbiano esclusivamente natura commerciale». La proposta di modifica dei radicali capovolge il criterio in vigore e stabilisce che debbono pagare l’imposta tutte le «attività commerciali, anche nel caso in cui abbiano carattere accessorio rispetto alle finalità istituzionali e non siano rivolte a fine di lucro».
Secondo Staderini alcuni senatori democratici si sono già detti favorevoli all’iniziativa. Far pagare l’Ici alla Chiesa, secondo i radicali, porterebbe almeno 400 milioni l’anno alle casse pubbliche. L’idea sembra essere condivisa anche da alcuni prodiani di ferro come l’ex ministro della Difesa, Arturo Parisi, che ha definito l’iniziativa «di buon senso». Il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi (Pd), ha usato, invece, toni più duri: «Sull’ Ici, sull’ otto per mille o su qualcos’altro, la Chiesa rinunci a qualcosa».
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