lunedì 6 giugno 2011

Monsignor Romero


Óscar Arnulfo Romero y Galdámez (Ciudad Barrios15 agosto 1917 – San Salvador24 marzo 1980) è stato un arcivescovo cattolico salvadoregno.
Fu arcivescovo di San Salvador, capitale di El Salvador. A causa del suo impegno nel denunciare le violenze della dittatura del suo paese venne ucciso da un cecchino, mentre stava celebrando Messa.
Nascita e ordinazione sacerdotale
Óscar Romero
Nacque, secondo di otto fratelli, da una famiglia di umili origini e manifestato il desiderio di diventare sacerdote, riceve la sua prima formazione nel seminario di San Miguel (1930); i suoi superiori notando la sua predisposizione agli studi e la docilità alla disciplina ecclesiastica lo mandano poi a Roma. Compie la sua formazione accademica nella Pontificia Università Gregoriana negli anni dal 1937 al 1942 nella Facoltà di Teologia conseguendo il Baccellierato, la Licenza e continuando con l’iscrizione ad un anno del ciclo di Dottorato.
Ordinato sacerdote il 4 aprile 1942 svolge il suo ministero di parroco per pochi anni, in seguito, è segretario di mons. Miguel Angel Machado, vescovo di San Miguel. Viene poi chiamato ad essere segretario della Conferenza episcopale di El Salvador.

Elezione a vescovo

Il 25 aprile 1970 viene nominato vescovo ausiliare di San Salvador ricevendo l'ordinazione episcopale il 21 giugno 1970 da parte di mons. Girolamo Prigione,nunzio apostolico in El Salvador.
Diventa così il collaboratore principale di mons. Luis Chávez y González, uno dei protagonisti della Seconda conferenza dell'episcopato latinoamericano a Medellín (1968); rispetto al suo vescovo, tuttavia, rappresenta il lato conservatore della Chiesa sudamericana, fedele alla tradizione romana e timoroso di aprirsi al fermento che veniva dalla teologia della liberazione e dai movimenti di base.
La sua fedeltà alla Chiesa più conservatrice gli aveva fatto guadagnare la stima dell'oligarchia del suo Paese, e nel contempo ne alienava le simpatie verso i settori più progressisti del clero, in particolare i gesuiti che reggevano l'Università Centroamericana di San Salvador.
Il 15 ottobre 1974 viene nominato vescovo di Santiago de María, nello stesso Stato di El Salvador, uno dei territori più poveri della nazione. Il contatto con la vita reale della popolazione, stremata dalla povertà e oppressa dalla feroce repressione militare che voleva mantenere la classe più povera soggetta allo sfruttamento dei latifondisti locali, provocano in lui una profonda conversione, nelle convinzioni teologiche e nelle scelte pastorali.
I fatti di sangue, sempre più frequenti, che colpiscono persone e collaboratori a lui cari, lo spingono alla denuncia delle situazioni di violenza che riempiono il Paese. La nomina ad arcivescovo di San Salvador, il 3 febbraio 1977, lo trova ormai pienamente schierato dalla parte dei poveri, e in aperto contrasto con le stesse famiglie che lo sostenevano e che auspicavano in lui un difensore dello status quo politico ed economico (rifiuterà, ad esempio, l'offerta della costruzione di un palazzo vescovile, scegliendo una piccola stanza nella sagrestia della cappella dell'Ospedale della Divina Provvidenza, dove erano ricoverati i malati terminali di cancro).
L'episodio della morte di p. Rutilio Grande, gesuita e suo collaboratore, assassinato appena un mese dopo il suo ingresso in diocesi, diventa l'evento che apre pienamente la sua azione di denuncia profetica, che porterà la chiesa salvadoregna a pagare un pesante tributo di sangue. L'esercito, guidato dal partito allora al potere, arriva anche a profanare ed occupare le chiese, come ad Aguilares, dove vengono sterminati più di 200 fedeli lì presenti.
"Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!", "gridò" all'esercito e alla polizia.
Le sue catechesi, le sue omelie, trasmesse dalla radio diocesana, vengono ascoltate anche all'estero, facendo conoscere a moltissimi la situazione di degrado che la guerra civile stava compiendo nel Paese.
La sua popolarità crescente, in El Salvador e in tutta l'America latina, e la vicinanza del suo popolo, contrastano con l'opposizione di parte dell'episcopato, e soprattutto con la diffidenza della Santa Sede. I 24 giugno 1978, in udienza dal papa Paolo VI, denuncia:[1]
« Lamento, Santo Padre, che nelle osservazioni presentatemi qui in Roma sulla mia condotta pastorale prevale un'interpretazione negativa che coincide esattamente con le potentissime forze che là, nella mia arcidiocesi, cercano di frenare e screditare il mio sforzo apostolico »
(Nota lasciata a Paolo VI da Romero durante l'udienza concessagli il 24 giugno 1978)
Infatti Romero per le sue posizioni apparentemente vicine alla teologia della liberazione, ebbe sempre un cattivo rapporto con la curia romana, tanto che non riuscì ad ottenere l'appoggio del nuovo papaGiovanni Paolo II. Il Papa ha sempre tenuto conto delle sue notevoli capacità pastorali e della sua fedeltà al Vangelo, ma la paura di una teologia vicina al marxismo, teologia che apparteneva a dei preti più radicali ma non al vescovo Romero e a tanti altri teologi della liberazione, lo farà procedere molto cauto e metterà ostacoli tra l'America Latina e la Santa Sede.
Il 2 febbraio 1980, a Lovanio, in Belgio, riceve la laurea honoris causa per il suo impegno in favore della liberazione dei poveri.

La morte

Il 24 marzo 1980, mentre sta celebrando la Messa nella cappella dell'ospedale della Divina Provvidenza, viene ucciso da un sicario. Nell'omelia aveva ribadito la sua denuncia contro il governo di El Salvador, che aggiornava quotidianamente le mappe dei campi minati mandando avanti bambini che restavano squarciati dalle esplosioni. L'assassino sparò un solo colpo, che recise la vena giugularementre Romero elevava l'ostia della comunione.
Giovanni Paolo II non presenziò al funerale (in cui avvenne un nuovo massacro di fedeli da parte dell'esercito) ma delegò a presiedere la celebrazione il cardinal Ernesto Corripio y Ahumada, arcivescovo di Città del Messico; il 6 marzo 1983 si recò a rendere omaggio a mons. Romero (riconosciuto e venerato già come un santo dal suo popolo) sulla sua tomba, nonostante le pressioni del governo salvadoregno affinché non compisse il viaggio.

La beatificazione
La Chiesa anglicana, la Chiesa luterana e la Chiesa vetero-cattolica lo commemorano come martire il 24 marzo.
Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, nel 1997 fu aperta la causa di beatificazione e gli venne attribuito il titolo di Servo di Dio; il postulatore della causa è mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia.
Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del 2000, ha inserito quindi Romero nel testo della "celebrazione dei Nuovi Martiri", riprendendo quasi integralmente quanto aveva scritto il giorno della sua morte alla Conferenza Episcopale salvadoregna:
« Il servizio sacerdotale della Chiesa di Oscar Romero
ha avuto il sigillo immolando la sua vita
mentre offriva la vittima eucaristica. »
(Giovanni Paolo II)
Roma, dal 22 al 29 marzo 2009 si sono tenute le Celebrazioni Romane in onore di Monsignor Romero, cominciate il 22 marzo, al Convento di Santa Sabina, con una conferenza di Dom Tomás Balduino OP dal titolo Oscar Romero, il coraggio della parola e terminate domenica 29 con una processione e concelebrazione solenne nella chiesa di Santa Maria della Luce a Trastevere.

Note
  1. ^ Nota riportata da R. Morrozzo della Rocca, Primero Dios. Vita di Oscar Romero, Mondadori, 2005, pag 283.
  2. ^ www.cinematografo.it
  3. ^ italian.imdb.com
  4. ^ www.acec.it
  5. ^ Romero. The musical
  6. ^ Il musical celebra Romero, vescovo martire del Salvador




Tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Oscar_Romero


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