martedì 24 maggio 2011

L' OMOSESSUALITA' NELL' ORDINE SIMBOLICO CRISTIANO


Trinitàdi Elizabeth E. Green.
(...) Non ho intenzione di esaminare le diverse posizioni delle Chiese rispetto alle persone omosessuali, bensì il ruolo che occupa l' omosessualità nell' ordine simbolico cristiano, l' immagine che il cristianesimo ha di sé e che proietta mediante i suoi dogmi, le sue liturgie, la sua organizzazione, ecc. (...).
1. IL GENERE. COME È STATO COSTRUITO?
(...) Il pensiero delle donne ha messo in evidenza, in primo luogo, che la costruzione del genere, il maschile e il femminile, è speculare, come è speculare una certa costruzione della sessualità in termini di eterosessualità da una parte e omosessualità dall' altra. Inoltre, bisogna tener conto che la costruzione dell' identità non avviene in una società di uguali bensì in un groviglio complesso di relazioni asimmetriche, le quali girano attorno a un soggetto unico, il famoso "maschio, borghese, cittadino, colto, euroatlantico" (Vigli, p. 49) ed eterosessuale.Infine, la costruzione del genere (se sono donna o uomo) non ha solo a che fare con la nostra biologia ma anche con la costruzione della preferenza sessuale (se sono etero o omo).
Vediamo questi punti uno per uno. Da quando nasciamo, veniamo divisi e divise in maschi (fiocchetto blu) e femmine (fiocchetto rosa) (Cfr. Flavia Monceri, Oltre l'identità sessuale, Pisa 2010, pp. 23,28, 50ss). Dai primi giorni di vita, l'identità più forte che ci viene offerta e/o imposta è quella di genere. Come ha ben visto Simone de Beauvoir tanti anni fa, "donna non si nasce" ma lo si diventa. La stessa cosa possiamo dire dell'uomo. Non solo maschi e femmine vengono differenziati, ma il loro genere viene costruito in opposizione reciproca (...). Maschio, quindi, vuol dire rifuggire il mondo delle femmine e tutte le caratteristiche che sono state loro attribuite: la dolcezza, la morbidezza, la cura, le emozioni e via dicendo. In altre parole, maschio è tutto ciò che femmina non è; la femminilità serve affinché il bambino sessuato al maschile sviluppi la sua identità di maschio. Scrive David Borrillo: "Secondo il processo di socializzazione maschile, l'educazione al ruolo di maschio si effettua in funzione dell'opposizione costante alla femminilità". (Omofobia, Bari 2009, p. 87). Potremmo dire che, in questo regime, la femminilità si riveli persino essenziale in quanto permette al maschio di diventare uomo.
Tale processo di socializzazione ha luogo in una società in cui storicamente le relazioni tra donne e uomini sono disuguali, costruite in modo che l'uomo, per citare il titolo del noto studio del sociologo francese Bourdieu, possa esercitare il "dominio maschile". (...).
Fin qui abbiamo rigorosamente due generi (posizioni intermedie non sono ammesse), maschile e femminile, costruiti l'uno in opposizione all'altro ma non su un piano di parità o di equivalenza, perché il maschile è superiore al femminile. Tuttavia l'identità o, meglio, l'identificazione di genere, non è completa senza aggiungere un altro tassello, quello della preferenza o dell'orientamento sessuale. Uomo è colui la cui sessualità è orientata verso le donne; donna colei la cui sessualità è orientata verso il sesso opposto. È stata Judith Butler a mettere in evidenza che l'ordine sociosimbolico patriarcale (di cui stiamo parlando) è rigorosamente eterosessuale ed è costruito sull'esclusione non solo delle donne ma anche degli omosessuali. Possiamo dire, quindi, che in questa ottica l' omosessualità è necessaria alla costruzione dell'eterosessualità  tanto quanto il femminile al maschile. È attraverso lo spauracchio dell' omosessualità che l' identità, soprattutto quella maschile, viene costruita come eterosessuale (...). Così Daniel Borrillo, nel suo libro sull' omofobia, dichiara: "La virilità deve strutturarsi non solo in funzione della negazione del femminile ma anche del rifiuto dell' omosessualità" (p. 21). Abbiamo visto, quindi, che "la costruzione dell' identità sessuale funziona per antagonismo: un uomo è l' opposto di una donna e un eterosessuale l' opposto di un omosessuale" (p. 86).
A questo punto, succede qualcosa di curioso: da un lato, gli opposti, sia di differenza che di preferenza sessuale, si escludono a vicenda, ma dall'altro si implicano a vicenda. La costruzione dell' omosessualità serve per costruire l' eterosessualità. Ma, poiché non sono complementari, bensì "strutturati secondo una gerarchia di subordinazione ed esclusione", l' omosessualità serve a rendere la nostra una società eteronormativa. (...). Questo è il regime simbolico in cui ci troviamo a vivere le nostre vite con le nostre multicolori sessualità!

2. QUALE RAPPORTO CON L'ORDINE SIMBOLICO CRISTIANO?
Sarebbe ovviamente troppo arduo esplorare tutta la complessa costruzione della differenza sessuale nella tradizione cristiana, la quale parte dal Dio che fece "l'uomo a sua immagine e somiglianza" e "maschio e femmina li creò" (Gen 1,27). Inizierò prendendo spunto dalle conclusioni del mio ultimo libro, Il Vangelo secondo Paolo. Esplorerò, a partire dalle premesse teoriche che ho appena delineato, come la differenza di genere e la preferenza sessuale funzionano nel discorso di Paolo. A dire la verità, le questioni di genere e di sessualità sono del tutto marginali nel pensiero dell' apostolo; egli ne parla esplicitamente solo in 1Cor. Tuttavia, la mia scelta è giustificata dal fatto che questo testo, grazie ad una mossa ermeneutica estremamente ardita (e dal mio punto di visto del tutto illegittima) è diventato fondamentale per le Chiese.
In 1Cor 11 scopriamo che per Paolo è imprescindibile che i segni esteriori della differenza di genere non vadano persi (Green, pp. 131ss). Anche se la donna dovesse assumere un ruolo pubblico, all'epoca più consono al maschio, dovrebbe tenere il capo coperto. Per quanto il brano presenti notevoli problemi esegetici, è comunque chiaro che per Paolo e per il mondo sociale e simbolico in cui si muove non è "conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto" (1Cor 11, 13). (...). Per proteggere il diritto delle donne ad intervenire nell'assemblea pubblica, Paolo dice che la differenza sessuale va preservata. E va preservata in due modi: attraverso dei segni esteriori (il capo coperto) e mantenendo la donna nell'ultima posizione della scala gerarchica Dio-Cristo-uomo-donna.
In questo brano vediamo che "l'uomo" e "la donna" sono necessari per costruire l'identità in opposizione l'uno all'altro. Inoltre, tale differenza è radicata "nella stessa natura": "Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l'uomo lasciarsi crescere i capelli, mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo" (v. 15). Secondo Paolo, quindi, la donna può assumere un ruolo culturalmente connotato al maschile solo se palesa la sua differenza di genere. La donna non deve, citando le parole di uno studioso contemporaneo, disonorarsi "con tentativi di automascolinizzazione" (Giancarlo Biguzzi, Paolo e la donna, Molano 2009, p. 55, che altrove dice che "Paolo prende le distanze da una posizione esasperatamente egualitarista diffusa a Corinto", p. 43). La cosa vale, però, anche per l'uomo, che non deve adottare modi che lo avvicinino al mondo femminile delle chiome lunghe. In altre parole, gli uomini della Chiesa di Corinto devono tenersi lontani da comportamenti che potrebbero rasentare l' omosessualità. Sebbene il testo non ne parli esplicitamente, i biblisti odierni non esitano a vedere qui un riferimento all' omosessualità ("L'intervento di Paolo fu forse ispirato dal timore che la comunità cristiana si esponesse a sospetti di omosessualità", Biguzzi, p. 67). Vediamo, quindi, che in gioco non è solo il comportamento delle donne ma anche quello degli uomini. Essere omosessuali o in odore di omosessualità non è permesso. In questo testo troviamo tutti gli elementi che abbiamo elencato prima: la differenza di genere come un dato della natura costruita in opposizione all'altro, la subordinazione della donna all' uomo, l' omofobia, ossia l' eteronormatività.
La questione della differenza sessuale a Corinto non si chiude così, però. Al capitolo 14 c'è il famigerato versetto che ordina alle donne di stare in silenzio e sottomesse, ricacciate nella sfera domestica. Possiamo prescindere dalla discussione esegetica intorno a questo testo perché di fatto esso è entrato a far parte della prassi delle Chiese. Ciò che mi preme mettere in evidenza è che il comportamento delle donne o, meglio, il modo in cui la comunità si pone riguardo alla "questione femminile" diventa un metro di giudizio per differenziare le chiese. "Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare", scrive Paolo. L' apostolo, però, riconoscendo che di fatto questo non accade in tutte le chiese, è costretto a tirare fuori un argomento decisivo: "Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto scrivo è comando del Signore". Anticipando il dissenso, aggiunge: "se qualcuno non lo riconosce, neppure lui è riconosciuto" (v. 38). Che cosa sta affermando Paolo? Che il comportamento delle donne (...) segna un confine. In questo caso un confine tra comunità cristiane. Le chiese si differenziano tra di loro, riconoscendosi o ignorandosi in base alla posizione che assumono circa la questione femminile.
In questo modo, vediamo che la differenza di genere è fondamentale per l' ordine delineato dall' apostolo. Esso va al di là del comportamento delle donne e degli uomini per diventare una questione di comunione interecclesiale. Poiché la differenza di genere è costruita a partire da un ordine sessista che assume come norma l' eterosessualità, anche l' omosessualità ha a che fare con un confine, in questo caso tra le comunità cristiane che sono in comunione con l' apostolo Paolo e quelle che non lo sono, che vanno ignorate.
Vorrei che ci soffermassimo un attimo su questo punto. Abbiamo già visto che l' ordine socio-simbolico è sia misogino che omofobo, la subordinazione e l' esclusione delle donne e degli omosessuali vanno, se non alla pari, almeno insieme. Vorrei suggerirvi che ancora oggi i confini tra le chiese vengono segnalati nello stesso modo, producendo delle alleanze trasversali fra le diverse confessioni. (...). Posso garantirvi che la prima domanda rivolta dalle persone che si avvicinano alla chiesa di cui sono pastora non riguarda Dio, Cristo o cose del genere bensì la nostra posizione sull' omosessualità. La differenza di genere e di preferenza sessuale servono a demarcare i confini tra le comunità cristiane.
Esploriamo ancora un po' questa questione dei confini. Sembra che per Paolo la chiesa di Corinto avesse un problema al riguardo. Viene, infatti, accusata di non proteggere a sufficienza i confini che dovevano separarla dal mondo pagano circostante. Parlando del caso d'immoralità nella chiesa a Corinto, scrive: "Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi!" (1 Cor 5,12). Vediamo che i confini devono essere chiari, che c'è un dentro e un fuori. Non solo, la comunità ha il dovere di espellere il malvagio. Il modello a cui si ispira Paolo è quello del popolo di Israele codificato nell'Antico Testamento come una comunità che doveva espellere tutto ciò che minacciava la sua identità. (...). In altre parole, qui possiamo vedere chiaramente come la differenza di genere e la relazione tra i generi (detto altrimenti, la questione femminile e la questione omosessuale) diventano segno della fedeltà a Dio di una comunità.
Nella II Lettera ai Corinzi (6,14-18), Paolo torna sul tema dei confini. Paragona la comunità cristiana "al tempio del Dio vivente" e stabilisce una serie di opposizioni tra fedeli e infedeli, giustizia e iniquità, luce e tenebre, Cristo e Beliar, il tempio di Dio e gli idoli. Citando il profeta Isaia, Paolo scrive "Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e riparatevi, dice il Signore, non toccate nulla d'impuro. E io vi accoglierò" (2Cor 16s). La chiesa di Corinto deve rafforzare i suoi confini in due modi, sia cacciando il malvagio sia separandosi da tutto ciò che è impuro.
Paolo ha orrore di qualsiasi cosa rasenti una commistione, un'armonizzazione, una comunione tra ciò che è stato costruito in maniera opposta. Perciò non può tollerare (...) una contaminazione tra il maschile e il femminile, non può tollerare che le donne non siano subordinate agli uomini, non può tollerare ciò che mette in questione l' eteronormatività, quindi una serie di comportamenti che oggi chiamiamo omosessuali. Perché? Perché ciò minaccia un confine che è fondamentale per la fede biblica, la distanza e separatezza tra Creatore e creatura.
Secondo Dorothee Sölle (To Work and To Love, Philadelphia 1984, p. 24), la presunta distanza insormontabile tra il Creatore e il creato è diventata una dicotomia sessuale; il polo divino della dicotomia è stato declinato al maschile, quello umano al femminile, cosicché "il concetto ontologico è stato usato in modo sessista". Modo sessista che è anche modo eterosessista. Lo vediamo chiaramente nella lettera ai Romani, dove i rapporti omosessuali sia tra donne che tra uomini diventano sintomo dell'aver "mutato la verità di Dio in menzogna e aver adorato la creatura invece del Creatore". L' omosessualità menzionata è segno di un attraversamento illegittimo di confini che servivano a segnalare la differenza tra Dio e l'essere umano, tra Dio e il mondo. Per dire la differenza tra Dio e il mondo, tra il Creatore e il creato, differenza fondamentale per la fede giudeocristiana, l'ordine simbolico cristiano ha utilizzato un linguaggio sessuato. (...).
Troviamo un altro esempio del linguaggio sessuato nella metafora sponsale usata dai profeti per parlare della relazione tra Dio e il suo popolo, Israele, in termini di matrimonio patriarcale. Anche in questa figura troviamo tutti gli ingredienti della costruzione di genere e orientamento sessuale. Differenza di genere, rapporto gerarchico, eteronormatività (e, posso dire, una buona dose di violenza). Questa metafora è entrata nel linguaggio cristiano per parlare della relazione della chiesa (femmina) con Cristo (maschio). Vi sto invitando a prestare attenzione a come le chiese utilizzano un linguaggio sessuato che esclude donne e omosessuali. La prima cosa da fare, quindi, è distinguere tra un uso figurato del linguaggio e il suo uso letterale, per poi trovare modi per declinare la relazione tra Dio e il mondo che prescindano dal linguaggio sessuato. In altre parole, l'omosessualità è anche una questione di ordine simbolico. La posizione degli omosessuali nelle chiese avanzerà nella misura in cui si riuscirà ad operare delle trasformazioni simboliche. L'omosessualità ha in sé, quindi, una grossa carica sovversiva di elementi chiave dell'ordine simbolico cristiano.
Secondo l'analisi che ho tracciato finora, l'ordine socio-simbolico (ecclesioteologico) cristiano rende invisibile l'omosessualità. (...). Ora, però, cambierò prospettiva per mettere in evidenza proprio il contrario, mostrando come la chiesa, e specificamente quella cattolica, dia ampia visibilità all'omosessualità maschile facendo del tutto scomparire le donne.

3. UN'OMOSESSUALITÀ VISIBILE
Abbiamo visto che "l'ordine simbolico patriarcale si fonda su una logica assai singolare che... assume il solo sesso maschile come paradigma dell'intero genere umano" (Adriana Cavarero, Le filosofie femministe, Mondadori 2002, p. 116). (...). E, nella dicotomia tra Creatore e creatura evidenziata da Sölle e altre, per indicare il polo divino viene usato il linguaggio maschile; per indicare quello umano viene usato quello femminile. Nella simbologia cattolica ciò si rende evidente attraverso la coppia Dio Padre e Maria Madre della Chiesa. Per quanto sia esaltata la sua figura, Maria non è mai identificata col polo divino della dicotomia ma sempre con quello umano, in quanto simbolo della Chiesa o dell'umanità perfetta.
(...) Ora, a livello di organizzazione ecclesiastica, il clero, pur facendo parte di un'entità femminile (la Chiesa), simboleggia il polo divino della dualità, Cristo. La presunta mascolinità di Dio Padre e Figlio viene usata per escludere le donne dal ministero ordinato. L' intransigenza della gerarchia cattolica nei confronti del sacerdozio femminile è tutta tesa a proteggere la natura esclusivamente maschile del divino e dei suoi rappresentanti, il clero. È un esercizio di dominio maschile e di violenza simbolica.
Secondo la filosofa Mary Daly, una Trinità tutta al maschile (la quale domina l'ordine simbolico cristiano) è frutto di un immaginario omosessuale. Vorrei che ascoltaste le sue parole "È un mythos sublimato e quindi nascosto dell' erotismo omosessuale maschile, il matrimonio perfetto tutto al maschile, il club migliore degli uomini, il monastero modello, l' associazione maschile suprema, il modello per ogni tipo di riproduzione maschile" (Gyn/Ecology, p. 38). Queste parole, che suonano piuttosto preoccupanti, di fatto rispecchiano la realtà. Non ho dubbi che Franco Barbero vi abbia riportato le cifre altissime di omosessualità tra il clero, un clero da cui sono escluse le donne sia come mogli che come sacerdoti. (...).Vediamo, quindi, che, attraverso un clero esclusivamente maschile, l'unico atto a rappresentare il divino, l' omosessualità maschile guadagna visibilità a costo, ovviamente, dell' esclusione delle donne e delle nostre diverse sessualità. Sottolineiamo il fatto che in tale ordine o, meglio, disordine,  l' omosessualità femminile non trovi nessuno spazio.
Ma c'è di più. Nel mondo esclusivamente maschile della gerarchia cattolica, agli uomini è permesso di avvicinarsi alla sfera femminile. In due modi. Nel primo, si appropriano di funzioni che la cultura ha sempre associato al mondo delle donne, come il parto, il nutrimento, la cura. Funzioni strettamente associate al corpo e quindi alla "natura" femminile vengono assunte e messe al servizio dello "spirito" maschile. Mi riferisco al battesimo, all' eucarestia, alla pastorale in generale. (...). Il secondo modo in cui al clero è permesso avvicinarsi al mondo femminile è mediante l'abbigliamento. (...).
Da un lato, l'omosessualità (specie nella Chiesa cattolica) è resa invisibile, "tolta di mezzo", per fondare un ordine socio-simbolico eteronormativo teologicamente retto dalla dicotomia Creatore-creatura. La pratica dell' omosessualità è esplicitamente esclusa; l'unico comportamento sessuale ammesso è quello eterosessuale all'interno di una relazione monogamica. Tale ordine è costruito a partire da una rigida differenziazione tra maschile e femminile e dalla subordinazione del femminile al maschile. Mettere in questione solo uno di questi tre assunti rischia di far traballare tutto l'edificio.
Dall'altro lato, però, poiché l' eteronormatività è costruita non solo in opposizione all' omosessualità ma anche in opposizione alle donne, l' omosessualità maschile di fatto guadagna visibilità sia a livello simbolico (la Trinità maschile), sia a livello ecclesiale (la gerarchia maschile della Chiesa cattolica), sia a livello pratico (le relazioni omosessuali del clero). Non è difficile vedere in questo mondo costruito rigorosamente a partire dall'esclusione delle donne una forte vena di misoginia.
Riassumendo, possiamo dire che nell' ordine simbolico patriarcale gli uomini omosessuali sono discriminati a causa del loro orientamento sessuale. Finché questo rimane invisibile, gli uomini omosessuali godono dei privilegi accordati al loro genere, classe e via dicendo. Le donne eterosessuali godono dei privilegi accordati all' eterosessualità in generale mentre sono discriminate a causa del loro genere. Non è difficile vedere come le donne lesbiche siano rese doppiamente inessenziali e invisibili a causa sia del genere che della preferenza sessuale. Le lesbiche mettono in pratica ciò che è impensabile per l' eteronormatività, vivere senza mediazione maschile!
Nell'ordine simbolico cristiano, l'eteronormatività trae la sua vita da una serie di confini rigidamente costruiti tra Creatore e creatura, Dio e il mondo, Cristo e la Chiesa declinati al maschile e al femminile. (...). Ciò che non è tollerato è sconfinare, mettere in questione i confini, confondendoli o contaminandoli. La bisessualità, per esempio, fa esattamente questo e perciò non viene considerata nell'opposizione tra etero/omo (Monceri, p. 79)

L'UNIVERSALE NEUTRO NEL MONDO PROTESTANTE
Ciò che ora vorrei esplorare brevemente è il modo in cui il genere funziona all'interno dell'ordine simbolico cristiano di stampo protestante (storico) e perché questo diverso ordine simbolico ha permesso alle Chiese del protestantesimo storico di operare, almeno negli ultimi anni, una politica di affermazione dell'omosessualità. Di nuovo il mio punto di partenza sarà il pensiero delle donne.
È diventato un luogo comune rinfacciare alle Chiese protestanti la mancanza di simboli femminili. Il nostro è un ordine simbolico prettamente maschile in quanto il polo femminile rappresentato da Maria è pressoché scomparso. La scomparsa della differenza di genere a livello simbolico non ha avuto effetti necessariamente negativi né per le donne né per le persone omosessuali. Anzi, le Chiese del protestantesimo storiche sono le uniche ad accettare (con sfumature diverse) l'omosessualità e la piena parità ecclesiale delle donne. Come mai? Offrirò una mia ipotesi. Forse avete sentito parlare dell'"universale neutro". Sarebbe il cosiddetto "uomo" in senso generico, ossia la persona umana al di là dell'attribuzione di genere, l'uomo nella frase "i diritti dell'uomo" che si presume voglia anche dire i diritti delle donne. (...). Se spostiamo questa analisi alle Chiese protestanti, scopriamo che il maschile, funzionando come l'universale neutro, è riuscito, negli ultimi anni, ad includere le donne e le persone omosessuali. (...). In altre parole, in qualche modo ha attraversato il confine che la dicotomia sessuale doveva proteggere.
Qual è questo confine? Non possiamo che abbozzare una risposta a questa domanda. Teologicamente esso ha sicuramente a che fare con la distinzione tra sacro e profano che è stata declinata in modo diverso all'interno del protestantesimo. È un confine che è stato attraversato da Dio in Cristo. Che abbia anche da dirci qualcosa riguardo al genere, è detto da Paolo in Galati 3,28: "non c'è né Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio e femmina ma voi tutti siete uno in Cristo Gesù". Notiamo en passant che, quando Paolo riprende altrove questo testo, la differenza di genere scompare, probabilmente perché fonte del tipo di problemi che l'apostolo aveva affrontato a Corinto. Sembra, infatti, che l'idea di "essere uno in Cristo" riesca a mettere in questione una serie di confini. Si è interpretato questo versetto in termini di parità tra i generi. Poiché il genere perde d'importanza come fonte di privilegi o di discriminazione, la parità vige tra uomini e donne e le donne sono incorporate a tutti gli effetti nel ministero e nella vita pubblica delle Chiese. Poiché, come abbiamo visto abbondantemente, nella determinazione di genere è implicato anche l'orientamento sessuale, la serie di opposti citati da Paolo sono stati ampliati per includere l'eterosessuale e omosessuale. (...).
A questo punto mi sento di poter affermare che l'ordine simbolico del cristianesimo protestante non è costruito sull'esclusione dell' omosessualità. Rimane, comunque, un problema: l'universale neutro cui donne e omosessuali sono equiparati rimane sempre maschile e eterosessuale. Bisogna, quindi, fare una mossa ulteriore, (...) interpretare quell'"uno" in termini di un'"unità sociale", come afferma Schüssler Fiorenza: "Gal 3,28 non promuove un maschile ontologico bensì l'unità sociale in cui le divisioni sociali, culturali, religiose, nazionali e di genere biologico" a cui aggiungiamo quelle di orientamento sessuale, "non sono più valide". 
(...) Ora bisognerebbe, per così dire, sessuare tale universale neutro senza ovviamente riprodurre le dicotomie di genere fallocentriche.
 

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