martedì 3 maggio 2011

“IL VATICANO APPROVA IL LAGER DI GUANTANAMO”


Guantanamo28 aprile 2011 - Un cable di WikiLeaks pubblicato da Repubblica ed Espresso getta luce sull’ atteggiamento delle gerarchie cattoliche nei confronti dei metodi ‘spicci’ degli americani.
Lo scrivono Repubblica e l’ Espresso, citando ancora una volta un cable di Wikileaks che illustra le reazioni del Vaticano nei confronti del lager di Guantanamo. E soprattutto, cosa pensa il Papa della prigione per detenuti che molti hanno definito un lager. Il rapporto dice che la Casa Bianca è preoccupata di avere un largo consenso su Guantanamo, il Vaticano fa resistenze, ma per fortuna c’è un monsignore, entusiasta del pugno di ferro di Bush, pronto a dare informazioni importanti e il suo beneplacito.

Nel gennaio di quell’anno l’ambasciatore statunitense in Vaticano è Jim Nicholson, le cui attività per guadagnare Giovanni Paolo II alla causa della guerra contro Al Qaeda sono oggetto anche di altri cablo svelati da WikiLeaks. Nicholson riferisce che nell’ambito delle sue attività alla Santa Sede il dibattito sulla guerra al terrorismo
 è «diventato uno degli argomenti salienti» e il suo punto di riferimento è monsignor Luis Mariano Montemayor, in quel momento responsabile vaticano per Afghanistan e Pakistan. Il prelato è sollecito nel fornire particolari su come si svolge la discussione sul trattamento dei detenuti, che «potrebbe diventare questione preminente», si legge nel cablo, all’interno del Vaticano, dove «un dibattito teso si è concluso con un solido sostegno, a parte alcune riserve, alla campagna condotta dagli Usa».
A convincere i contrari, sempre secondo Montemayor, sarebbe stato il buon esito umanitario dell’intervento in Afghanistan, ma «il modo in cui ora gli Usa decideranno di trattare i detenuti» potrebbe diventare un ostacolo da superare:
Montemayor nel cablo appare entusiasta dei metodi statunitensi, e il fatto che sia il responsabile per l’ Afghanistan è, in pratica, un via libera. Nicholson attribuisce il sostegno di Montemayor alla sua nazionalità e al suo passato, poiché il prelato è argentino e ha vissuto gli anni della dittatura sotto la protezione della polizia, in quanto figlio di un alto ufficiale della Marina la cui famiglia era sotto costante minaccia terroristica. Nel cablo, Nicholson scrive di come Montemayor gli passi anche importanti informazioni su come i russi stanno valutando la vicenda del carcere di Guantanamo. Montemayor riferisce nei particolari una conversazione con un diplomatico russo, Dmitry Shtodin, assai interessato ai metodi Usa di Guantanamo, che potrebbe fare da precedente per il trattamento dei prigionieri ceceni.
E c’è anche un paragone tra Argentina e Usa, non propriamente illuminante:
«Montemayor mi ha detto che il suo interlocutore russo si è stupito della sua mancanza di compassione verso i detenuti », scrive Nicholson, un atteggiamento che invece il diplomatico Usa si spiega così: «In quanto argentino, Montemayor ritiene che gli Stati Uniti siano in acque familiari, legalmente ed eticamente, nel loro approccio a Guantanamo»; non solo, ma aggiunge che il prelato «si è chiesto se i tribunali militari argentini del passato potranno presto vedere i loro equivalenti americani». Oggi il prelato argentino non è più in Italia, nominato nunzio apostolico per il Senegal, mentre Dmitry Shtodin è ancora primo consigliere presso l’ambasciata russa in Italia.
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