Con la visita di Ratzinger alla Sinagoga romana, torna al centro del frullatore mediatico la questione del cosiddetto “silenzio” di Pio XII durante la Shoah. Ratzinger da tempo spinge per la sua beatificazione, mentre gli ebrei non sembrano disposti a perdonargli un passato decisamente poco favorevole nei loro confronti. Non a caso fu proprio Ratzinger, quando era alla Sacra Congrega, a negare l’apertura degli archivi vaticani riguardanti le azioni di Papa Pacelli.
domenica 10 aprile 2011
RATZINGER, GLI EBREI E IL FALSO PROBLEMA DI PIO XII
"La base del movimento Ustasha è la religione. Per le minoranze come i serbi, gli ebrei e gli zingari abbiamo tre milioni di pallottole. La nuova Croazia arriverà entro 10 anni ad essere cattolica al 100%." - Mile Budak, Ministro dell'Educazione e Cultura della Repubblica Croata (1941).
Con la visita di Ratzinger alla Sinagoga romana, torna al centro del frullatore mediatico la questione del cosiddetto “silenzio” di Pio XII durante la Shoah. Ratzinger da tempo spinge per la sua beatificazione, mentre gli ebrei non sembrano disposti a perdonargli un passato decisamente poco favorevole nei loro confronti. Non a caso fu proprio Ratzinger, quando era alla Sacra Congrega, a negare l’apertura degli archivi vaticani riguardanti le azioni di Papa Pacelli.
Con la visita di Ratzinger alla Sinagoga romana, torna al centro del frullatore mediatico la questione del cosiddetto “silenzio” di Pio XII durante la Shoah. Ratzinger da tempo spinge per la sua beatificazione, mentre gli ebrei non sembrano disposti a perdonargli un passato decisamente poco favorevole nei loro confronti. Non a caso fu proprio Ratzinger, quando era alla Sacra Congrega, a negare l’apertura degli archivi vaticani riguardanti le azioni di Papa Pacelli.
E così oggi i giornalisti fanno a gara per trovare il modo più elegante di accontentare gli ebrei senza dover necessariamente condannare Pio XII. L’Ansa parla di “visita storica” di Ratzinger, ma accenna ad un “nodo irrisolto” sulla Shoah, mentre La Stampa si limita a dirci che “la visita di Ratzinger alla Sinagoga accende ancora qualche mal di pancia all’interno del mondo ebraico”.
Lo stesso Ratzinger cerca di cavalcare le due tigri, augurandosi che "le piaghe dell'antisemitismo e dell'antigiudaismo siano sanate per sempre", ma ricordando subito dopo che rispetto alla deportazione degli ebrei di Roma "la Sede Apostolica svolse un'azione di soccorso, spesso nascosta e discreta".
Ma “gli ebrei italiani e quelli capitolini – ci dice sempre La Stampa - assicurano di non poter dimenticare «le deportazioni degli ebrei dall’Italia ed in particolare il treno di 1021 deportati del 16 ottobre 1943 che partì verso Auschwitz alla stazione Tiburtina di Roma nel silenzio di Pio XII».”
Ma è tutta una messinscena, fatta di bugie plateali da una parte e di sorrisi forzati dall’altra, ...
... il tutto condito con tonnellate di ipocrisia in comune: la verità storica infatti non interessa a nessuno, e i nostri giornalisti sono ben contenti di continuare a svolgere il ruolo di mezzana interfede, spostando l’attenzione – come da manuale – sul solito falso problema: non è del presunto “silenzio” di Papa Pacelli sulla deportazione degli ebrei di Roma che si dovrebbe discutere, ma del molto più “silenzioso” sterminio sistematico di ebrei, cristiani ortodossi e Rom voluto, autorizzato e supportato dal Papa stesso in quel di Jugoslavia.
Chi non sa di cosa parliamo, può fare una rapida ricerca sul nome “Jasenovac”.
Mentre Pio XII “si adoperava segretamente” – come si vorrebbe sostenere - per salvare gli ebrei di Roma destinati ad Auschwitz, il suo nunzio apostolico a Zagabria, Ramiro Marcone, metteva a punto la “cattolicizzazione” della neonata Repubblica di Croazia, lo stato nazi-fascista di Ante Pavelic sorto dal nulla con il beneplacito del Vaticano.
Era stato sempre il Vaticano - non dimentichiamolo – il primo a stringere accordi formali con la nuova Germania di Hitler, nelle vesti dell’allora nunzio apostolico a Berlino, Eugenio Pacelli. Già dal 1933 il futuro Pio XII aveva firmato con Hitler l’equivalente dei nostri Patti Lateranensi, che stabilivano fra le altre cose il ritorno della supremazia dei cattolici sui protestanti in Germania. (Non furono soltanto gli ebrei a passarsela male in Germania, durante il nazismo).
La cattolicizzazione della Croazia sarebbe ruotata attorno al campo di concentramento di Jasenovac, dopo essere stata concordata fin nel minimo dettaglio con il cardinale di Zagabria Stepinac. Secondo le direttive gli Ustasha di Ante Pavelic, che agivano come braccio secolare della Chiesa, avevano il compito di sterminare un terzo dei non-cattolici (cristiano-ortodossi, ebrei e Rom), di convertirne forzatamente un terzo, e di cacciare i rimanenti fuori dal paese.
Ma pare che ai confini siano arrivati in pochi.
Prima di ogni “missione” era lo stesso Stepinac a dare l’assoluzione agli Ustasha, sulla piazza di Zagabria, per i peccati che si apprestavano a commettere nel nome di Dio.
Se le conversioni forzate erano un’abitudine, per la Chiesa di Roma, il campo di concentramento era certamente una novità, e Stepinac pensò bene di affidarne la direzione ai Frati Francescani.
Mai scelta fu più felice: sotto l’efficiente comando di Frate Miroslav Filipovic, a Jasenovac morirono in tre anni più di settecentomila persone. I più fortunati morirono di fame, oppure con i liquidi dello stomaco e le intestina congelati dal freddo. Gli altri – uomini donne e bambini, senza differenza alcuna - venivano sgozzati vivi, affogati, bruciati, decapitati, oppure venivano uccisi con una speciale mazza di legno, che gli fracassava il cranio con un colpo alla tempia. Nelle fosse comuni sono stati trovati, insieme agli altri, i corpi massacrati di oltre 8.000 bambini.
C’erano settimane in cui il fiume Sava restava perennemente tinto di rosso, a causa dei cadaveri che vi venivano gettati a migliaia dalla vicina Jasenovac.
Ante Pavelic teneva sulla scrivania un cestino con dentro gli occhi che erano stati cavati alle vittime ancora in vita, prima di venire sgozzate, asfissiate o uccise a martellate.
Questo era l’uomo che aveva messo le proprie armate a disposizione del Vaticano. Questo era l’uomo che si incontrava regolarmente con Marcone, il nunzio apostolico di Pio XII, ovvero il rappresentante ufficiale della Santa Sede in Croazia. Questo era l’uomo al quale Stepinac stringeva la mano ogni domenica sul portone della cattedrale di Zagabria. Questo era l’uomo a cui Pio XII mandava ripetutamente “benedizioni divine” per il ruolo che stava svolgendo in Croazia.
Questa è la verità storica sulla Chiesa di Pio XII durante la guerra.
Ma questa verità non interessa a nessuno. Non interessa di certo i cattolici, che dovrebbero spiegare non solo lo sterminio intenzionale degli ebrei, ma addirittura quello dei loro “confratelli“ ortodossi, e tantomeno interessa gli ebrei, che sanno bene quale scatola di vermi si andrebbe ad aprire se si cominciasse ad indagare seriamente su chi davvero abbia voluto la Shoah.
Rischi di iniziare abbaiando e di finire morsicandoti da solo.
Meglio per tutti lasciare le cose come stanno, con una finta “arrabbiatura” da parte degli ebrei per il “silenzio” di Pio XII sui romani deportati, e un finto pentimento da parte di un Papa che nel frattempo ha concesso di dire messa al cardinale dei pedofili Law – dopo lo scandalo, non prima - che ha restaurato un personaggio come Lefebvre, che ha reintrodotto la preghiera per la conversione degli ebrei nel Venerdì Santo, e che ha addirittura riabilitato un negazionista della Shoah come Williamson.
Tanto, la gente cosa volete che capisca. Loro ormai si accontentano delle parole.
Massimo Mazzucco
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