A partire dal VI secolo la Chiesa dovette ricominciare a convertire o riconvertire o ad educare meglio i cristiani sulla fede. Ricominciò ad essere missionaria. Le strategie erano differenti a seconda del tipo di intervento ma sempre affidate ad autorità religiose colte, cioè ai vescovi. Il loro era un lavoro di continua evangelizzazione date le continue migrazioni, le varie popolazioni isolate dal resto, ciascuna con suoi riti, miti e religioni autoctone, tutte bollate come superstizione dalla Chiesa. E qui non vi erano neanche gli dei della classicità ma divinità nordiche che via via penetravano nel sud d' Europa. Il compito era quello di sostituire dei valori con altri valori, religioni con religione innestandosi in quei culti, trasferendoli al Cristianesimo cambiando nomi e benedicendo. Ma, come accennato, vi erano strategie differenti a seconda con chi si aveva a che fare. Con i fedeli ad altre religioni, i pagani, occorreva mostrare la superiore potenza del Dio cristiano.
Alle loro superstizioni occorreva sostituire riti cristiani (superstizioni ?) e per farlo occorreva essere convincenti con dati di fatto. Pensiamo solo che, secondo l' esegetica cristiana, quel delinquente del vescovo Teofilo di Alessandria, quello che istigò ed educò il suo sodale nipote Cirillo ad ammazzare Ipazia, mostrò la superiore potenza del Dio cristiano guidando l'assalto nel 391 al tempio del dio pagano Serapide (divinità greco-egizia che riuniva in sé Giove e Osiride). Il vescovo volle dare il buon esempio colpendo per primo la colossale statua del dio che era una specie di tabù, una statua che avrebbe distrutto chiunque la toccasse. Poiché i colpi di Teofilo non provocarono l'ira della statua, ecco dimostrata la fallacia di quella religione (sarebbe d'interesse fare una prova con una statua della Vergine a scelta della Chiesa). L'esegesi prosegue, e come no ?, con la folla che sarebbe stata convertita al Cristianesimo da questo episodio. Da notare a margine che durante l'operazione di repressione religiosa la famosa biblioteca di Alessandria fu incendiata dai cristiani.
Per le conversioni di pagani occorrevano miracoli, persone ascetiche, in odore di santità, che facessero miracoli, prodigi strabilianti in grado di convertire popolazioni intere. In queste operazioni missionarie dei primi tempi, ai tentativi sinceri di convertire non si accompagnava alcuna repressione. Più tardi, a partire dal secolo IX iniziò invece tale durissima repressione aiutata da una teologia più matura che si appoggiava in un diritto canonico costruito ad hoc. E' utile riportare brani di una lettera di Gregorio Magno (circa 540-604) all'abate Mellito ( ? - 624), tramandataci dal Beda il Venerabile (672-735) nella sua Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum, che descrive il modo pacato con cui, agli inizi, si operava per le conversioni. Nel brano torna anche qualcosa cui avevo accennato, il modo di trattare i templi delle divinità non cristiane:
...dite a lui [...] che i templi pagani non vanno distrutti, ma siano distrutti gli idoli che stanno dentro di essi. Sia fatta dell'acqua benedetta e la si asperga sopra questi templi, si costruiscano altari e vi si pongano le reliquie perché se i templi sono ben costruiti, è bene che passino dal culto dei demoni a quello del vero Dio, affinché i popoli vedano che i loro templi non sono stati distrutti e vengano a conoscere e ad adorare il Dio vero nei luoghi cui sono familiari. E poiché si era soliti sacrificare molti buoi ai demoni, è necessario che tale abitudine resti, anche se mutata, facendo un convivio, su tavole fatte di rami d'albero, in luoghi posti intorno alle chiese che prima erano templi, nel giorno della dedicazione [Gregorii I Papae, Registrum Epistularum, XI, 56].
Passando all'inizio dell'XI secolo vi è un brano di Burcardo di Worms (965-1025) nel suo Corrector et medicus, che mostra come le cose siano cambiate(13):
Hai prestato fede o hai partecipato a quella superstizione della quale sono vittime certe donne scellerate, seguaci di Satana e ingannate da false illusioni? [...] Se hai creduto a tali vanità dovrai digiunare per due anni nei giorni stabiliti... [Decretum, P.L. CXL coll. 537-1058].
Ma già da molto tempo le cose erano andate peggiorando in termini di intolleranza verso le altrui credenze, soprattutto nei riguardi delle donne che entrano prepotentemente sulla scena della paura come streghe. Un documento scritto come guida ai vescovi nell'operare per riportare i pagani sulla retta via, il Canon Episcopi dell'867(14) riportava le seguenti cose:
...Non va dimenticato che certe donne depravate, le quali si sono rivolte a Satana e sono state sviate dalle sue illusioni e seduzioni, credono e affermano di cavalcare nottetempo certe bestie, in compagnia di una moltitudine di donne, al seguito di Diana, dea pagana (o di Erodiade) e di attraversare istantaneamente, nel silenzio della notte, enormi spazi di terre e di ubbidire agli ordini di questa loro signora e di esser chiamate in certe notti al suo servizio. ... Perciò nelle chiese a loro assegnate i preti debbono costantemente predicare al popolo di Dio che queste cose sono completamente false e che tali fantasie non sono evocate nelle menti dei fedeli dallo spirito divino bensì da quello malvagio" Satana, infatti, si trasforma in angelo della luce e prende possesso della mente di queste donnicciole e le sottomette a si causa la loro scarsa fede e incredulità; immantinente egli assume aspetto e sembianze di persone diverse e durante la notte inganna la mente che tiene prigioniera, alternando visioni liete e tristi, gente nota e ignota e le conduce in cammini mai praticati, e nonostante la donna infedele sperimenti questo soltanto nello spirito, ella crede che questo avvenga nel corpo e non nella mente, A chi, infatti, non è mai accaduto d'uscire fuori di si durante il sonno o nelle visioni notturne e di vedere, dormendo, cose che da sveglio non aveva mai veduto? Chi può essere tanto sciocco o ottuso da credere che tutte queste cose che accadono solo nello spirito avvengano anche nel corpo?
Perciò chiunque credesse che una creatura possa cambiare in meglio o in peggio, o assuma diverso aspetto o sembianze per opera di qualcuno che non sia lo stesso Creatore, il quale tutto ha fatto e per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte, è indubbiamente un infedele e sicuramente peggiore dei pagani...
Nell'altro testo del 1484, con l'Inquisizione già operante, il Summus desiderantes affectibus di Papa Innocenzo VIII troviamo ancora:
... In verità è da poco pervenuto alle nostre orecchie - con nostra grande sofferenza - che in alcune regioni della Germania, nelle province, città, terre, paesi e vescovati di Magonza, Colonia, Treviri, Salisburgo e Brema, parecchie persone d'ambo i sessi, dimentichi della propria salvezza e allontanatisi dalla fede cattolica, non temono di darsi carnalmente ai diavoli incubi e succubi, di far morire o deperire la progenie di donne, animali, dei frutti della terra, le uve delle vigne e i frutti degli alberi per mezzo di incantesimi, fatture, scongiuri ed altre esecrabili pratiche magiche, eccessi, crimini e delitti. Né temono di rinnegare con bocca sacrilega persino quella fede che hanno ricevuta con il santo battesimo, e di compiere e perpetrare moltissimi nefandi crimini ed eccessi, per istigazione del nemico del genere umano....volendo rimuovere ogni genere di impedimenti per i quali si potrebbe in qualunque modo ostacolare l'espletamento dell'ufficio degli inquisitori, e provvedere, come ci impone il nostro incarico, con opportuni rimedi che il flagello dell’ eretica pravità non diffonda i suoi veleni a danno degli innocenti. .. sia consentito agli inquisitori summenzionati Sprenger e Kramer [gli autori del Malleus Malleficarum che sarà pubblicato due anni dopo, nel 1486, ndr] di esercitare l'ufficio inquisitoriale su quelle terre, che possano procedere alla correzione, incarcerazione e punizione di quelle persone per gli eccessi e i crimini predetti, in tutto e per tutto ...
Diavoli, diavoli ed ancora diavoli cui si aggiungono le streghe, ... questo è il mondo che la Chiesa ha creato (sulla caccia alle streghe si veda qui e qui). Generare paura per difendersi in modo sempre più crudele contro la povera gente e mantenere un potere incontrastato diviso equamente con le monarchie assolute di tutta Europa.
A complemento di questo paragrafo occorre riportare ciò che scrivono due studiosi di magia, Baigent e Leigh, a proposito degli assestamenti della Chiesa in corrispondenza del passaggio dal I al II millennio:
Oltre alla magia usata per combattere il paganesimo, la religione cristiana adottò certe forme di magia pagana a proprio uso e consumo. Per esempio l'esorcismo, praticato fin dai primordi dello sciamanesimo poiché l'umanità era sempre stata afflitta da "demoni" di qualche specie che dovevano essere scacciati. Secondo le Scritture, Gesù stesso effettuò esorcismi e questo illustre precedente autorizzò la Chiesa ad adottare la procedura. Nel rituale cristiano figuravano anche le campane ma, a parte questo, l'esorcismo cristiano, come molte altre forme di magia cristiana, era praticamente indistinguibile dai suoi equivalenti pagani. Ne differiva solo per la fonte dalla quale si supponeva derivasse il suo potere.
Alla fine del I millennio della nostra era, la religione cristiana aveva sviluppato un proprio sistema di magia. Tuttavia, come la magia pagana a cui intendeva contrapporsi, la magia cristiana era fondamentalmente primitiva, mancava della struttura complessiva del pensiero ermetico, e non poteva avere applicazione pratica. A differenza dell'ermetismo, non permetteva all'uomo di assumersi la responsabilità del proprio destino e, nel bene e nel male, di plasmare la realtà secondo il proprio volere. A parte fenomeni limitati come la guarigione da malattie e dalla sterilità, o la protezione contro il "malocchio", 'non dava all'uomo il potere di "far accadere le cose" nella realtà più vasta.
Verso la fine del x secolo l'ermetismo, trasmesso insieme agli insegnamenti islamici ed ebraici, cominciò a filtrare nell'Europa occidentale. I tentativi di fermarlo si rivelarono inutili e ben presto l'infiltrazione si trasformò in una marea che proveniva da tre fonti. Una era la Spagna, la seconda la Sicilia e la terza, in seguito alle crociate, il Medio Oriente e la Terra Santa.
ALCUNE PRATICHE SUPERSTIZIOSE E MAGICHE: SORTES, DIANA, OLIO DI SAN NICOLA
Sapendo bene che è impossibile essere esaustivi, cerchiamo di elencare e minimamente descrivere alcune pratiche considerate magiche e superstiziose da condannare nel Medioevo. Tanto per dare un'idea di cosa occorrerebbe trattare si legga solo questo elenco: Guaritori, Indovini, Erbe curative, Animali curativi, Preghiere, Benedizioni, Scongiuri, Amuleti, Talismani, Stregoneria, Divinazione, Illusionismo, Oggetti magici, Magia astrale, Astrologia ed alchimia, eccetera.
Una pratica superstiziosa in uso, di discendenza ebraica e romana ma subito acquisita in eredità dai cristiani, rientra nell'ambito più generale delle pratiche per leggere il futuro. Si tratta di una particolare arte divinatoria, descritta nelle Sortes santorum apostolorum, con la quale si leggono le sorti future di persone attraverso la lettura casuale di brani dei testi sacri (si apre a caso la Bibbia e si leggono alcuni versi dai quali si tenta di capire come andranno le cose per una determinata persona). Quel testo, le Sortes, sarebbe del II secolo d.C.(15) ed è ritenuto apocrifo dalla Chiesa. Era elencato in un manoscritto anonimo dell'VIII secolo tra i testi canonici costituenti il Nuovo Testamento e riconosciuto quindi tra i testi che la Chiesa accettava come veritieri. Il manoscritto fu scoperto da Ludovico Muratori e pubblicato nel 1740 e, per questo motivo, è chiamato Canone di Muratori. Ebbene, nelle Sortes si racconta che tra le prime comunità di cristiani erano conservate raccolte di oracoli, cioè dei procedimenti sacri per la divinazione che sarebbe passata attraverso particolari richieste fatte a Dio, richieste alle quali Dio avrebbe risposto con consigli o affermazioni perentorie (come racconta la Bibbia per Mosè e sacerdoti vari, come ad esempio Ebiatar figlio di Alchimelec citato in I Samuele, XXX, 7-8). A partire dalla fine del V secolo la Chiesa cambiò opinione e le Sortes divennero un testo pericoloso perché, contrariamente ad ogni buon proposito, i curati che avrebbero dovuto praticare tali oracoli non lo facevano solo con finalità sacre ma soprattutto per finalità profane e, nel farlo, profanavano gravemente la liturgia delle Sortes perché si accostavano ad esse senza la preparazione necessaria (purezza, digiuno e tre giorni di preghiera). Fu Agostino, che seguì varie prese di posizione di Concili e di altri pensatori cristiani che affermò:
Preferisco vedere il popolo cristiano leggere l’avvenire nei Vangeli che vederli consultare i demoni. Gli oracoli divini concernono solo l’altra vita, non conviene per nulla applicarli alla vita presente e agli affari di questo secolo… [Lettera a Gennaro, 0, 37]
Un posto importante tra le superstizioni lo assolveva Diana, la dea della caccia venerata a Roma, una dei pochi dei degli antichi che, insieme a Pan-Fauno, dio della pastorizia le cui sembianze (corpo coperto di peli, mezzo uomo e mezzo animale, gambe come quelle di un montone, zoccoli biforcuti) saranno non a caso assegnate al Diavolo, era rimasto perché in qualche modo legato ai campi. Si tratta qui di un vero e proprio ritorno al paganesimo (o permanenza in esso) che, ripeto, l'allontanarsi della Chiesa dalla primitiva vicinanza con i deboli rendeva sempre più facile anche a secoli di distanza. La Dea innocua dell'antichità classica, che era venerata dai Franchi, viene trasformata in un vero demonio probabilmente perché viene identificata con Proserpina (la dea romana figlia di Cerere di derivazione greca che fu rapita da Plutone re degli Inferi divenendone regina) e con Ecate (dea greca e romana degli incantesimi e degli spettri che poteva muoversi liberamente tra vivi, morti e dei ed accompagnatrice dei vivi nel regno dei morti. Era rappresentata in triplice forma - giovane, adulta e vecchia - o con sembianze di cane, che la facevano confondere a Diana perché anche lei, come Diana, anche lei associata ai cicli lunari). A demonizzare Diana sembra abbia iniziato il libro Passio S. Kiliani et sociorum (tra IX e X secolo) che raccontava episodi della vita di San Kiliano (un irlandese o scozzese del VII secolo) in uno dei quali risultò identificata con il Diavolo.
Come demonio o sodale con demoni, Diana compare in una delle tante leggende che riguardano San Nicola (circa 270 - 343). Il santo era impegnato nella pulizia dei templi pagani dai loro dei. Operò con benedizioni varie per cacciare Artemide-Diana dal suo tempio situato a Myra, il Licia (attuale Turchia). Diana con tutti i suoi diavoli fu finalmente scacciata. Uno dei diavoli però volle vendicarsi cercando di rendere alla chiesa eretta sulla tomba di San Nicola il medesimo servizio, la sua distruzione. Assunte le sembianze di una vecchia pia e devota consegnò ad alcuni fedeli, che si recavano in pellegrinaggio via mare alla chiesa di San Nicola a Myra, un vaso con del liquido diabolico spacciato per olio che avrebbe dovuto alimentare le lampade di quella chiesa. Durante il viaggio Nicola apparve ad uno dei pellegrini e lo convinse a gettare in mare il contenuto del vaso; appena questo accadde, le onde si incendiano liberando fuoco e zolfo riempiendo l'aria di fumo e di un odore nauseabondo. La barca si trovò sballottata da una violenta tempesta e tutti credettero che ormai era arrivata la loro fine. Naturalmente intervenne il santo che placò il mare e salvò tutti. Ma non è finita perché si pensò subito che se il demonio aveva un olio malefico, San Nicola ne aveva uno benefico che aveva utilizzato per salvare i suoi devoti. Iniziò così la superstizione di un olio santo e taumaturgico (il myron o manna), una «salutare e vivifica medicina» in grado di liberare da «ogni potenza avversa e maligna», che sgorgava dalle pareti della tomba di San Nicola. Quella chiesa divenne subito meta di continui pellegrinaggi e di grossi affari con i furbastri che commerciavano il myron nella chiesa. A partire dal IX secolo iniziò un fiorente commercio di myron sia in Oriente che in Occidente e San Nicola divenne uno dei santi più popolari della cristianità.
Diana era anche considerata un demone meridiano, una entità diabolica di tipo quasi sempre femminile, che assaliva gli incauti nelle sonnolente ore del primo pomeriggio e che trae le sue origini nella mitologia celtica. E non è finita perché questa dea fu equiparata a delle divinità del mondo germanico che erano fantastiche figure che guidavano la caccia selvaggia, una orrenda cavalcata notturna di demoni e larve, descritta nel Canon Episcopi (già citato) e che risultava un argomento contro le potenze malefiche delle donne e quindi delle streghe. Nel Canon si legge:
Esistono certe donne depravate, le quali si sono volte a Satana e si sono lasciate sviare da illusioni e seduzioni diaboliche, credono e affermano di cavalcare la notte certune bestie al seguito di Diana, dea dei pagani, e di una moltitudine di donne; di attraversare larghi spazi di terre grazie al silenzio della notte e ubbidire ai suoi ordini e di essere chiamate alcune notti al suo servizio. Ma volesse il cielo che soltanto loro fossero perite nella loro falsa credenza e non avessero trascinato parecchi altri nella perdizione dell’anima. Moltissimi, infatti, si sono lasciati illudere da questi inganni e credono che tutto ciò sia vero, e in tal modo si allontanano dalla vera fede e cadono nell’errore dei pagani, credendo che vi siano altri dèi o divinità oltre all’unico Dio.
A ciò seguiva la rituale domanda che serviva per capire se si aveva a che fare con una strega:
Hai sognato di cavalcare la notte su animali al seguito di Diana per andare a feste notturne?
La domanda discendeva dalle dicerie circolanti e note ai preti dell'epoca secondo le quali molte donne credevano di fare voli magici. Scrive Francesco Cascioli: "Si tratta di credenze, testimoniate per la prima volta nel secolo X, ma risalenti sicuramente a un periodo anteriore, in misteriosi voli notturni, soprattutto di donne, verso convegni dove non vi è traccia di presenze diaboliche, di profanazione di sacramenti o di apostasia della fede, convegni presieduti da una divinità femminile, chiamata ora Diana, ora Erodiade, ora Perchta. La presenza di divinità legate alla vegetazione come Perchta o Diana significa che le credenze sottostanti alla più tarda stregoneria diabolica sono riconducibili a culti di fertilità? Sembra quindi di sì. Importa notare che questa credenza nelle cavalcate notturne ebbe una notevolissima diffusione, testimoniata dagli antichi penitenziali tedeschi. In essi, tuttavia, il nome d Diana viene talvolta sostituito da quello di divinità popolari germaniche, come Holda. Holda, infatti, analogamente alla sua consorella della Germania meridionale, Perchta, è ad un tempo dea della vegetazione, e quindi della fertilità, ed è la guida dell’"esercito furioso" o "caccia selvaggia" - e cioè della schiera dei morti anzitempo - che percorre di notte, non placata e terribile, le vie dei villaggi, mentre gli abitanti sbarrano le porte in cerca di protezione. Non c’è dubbio che le cavalcate notturne delle donne seguaci di Diana siano una variante della "caccia selvaggia": e si spiega cosi la stupefacente presenza di Diana "dea dei pagani" tra questi miti"(16).
MASNADA HELLEQUIN
La caccia selvaggia aveva altre rappresentazioni. Si trattava, come accennato di eserciti di morti che vagavano nella notte cercando pace. Erano spiriti, fantasmi che si concedevano in apparizioni collettive. Il mito era germanico ma si estese immediatamente anche al sud d'Europa. Molti curati dovettero far fronte a queste ripetute visioni tentandone la spiegazione cristiana e, fino all'XI e XII secolo, la trovarono nel considerare queste cavalcate di morti come anime in pena che cercavano espiazione alle loro colpe. Si trattava di un Purgatorio prima che tale luogo dello spirito fosse inventato e, quando lo fu (Secondo Concilio di Lione, 1274), ecco che la caccia selvaggia tornò ad essere opera del diavolo. Tali rappresentazioni insistono sui temi che da sempre hanno terrorizzato l'uomo, soprattutto in epoche in cui egli era solo con miseria fame e malattie. La morte diviene addirittura un elemento negativo legato al “male”, e si “demonizza” con quegli eserciti di anime che infestavano i vasti spazi rurali dell’Europa medievale. La Storia Ecclesiastica di Orderico Vitale, scritta nel 1140, racconta di un'apparizione al prete normanno Gauchelin di uno di tali eserciti di morti che, nel libro, veniva chiamato Familia Herlechini da cui il nome assunto successivamente di Famiglia Hellequin o Masnada Hellequin. Riporto il racconto di Vitale dal quale si può ricavare che i cortei di cadaveri hanno quella che sarà la funzione del Purgatorio (anche se alcuni peccati qua e là descritti avrebbero meritato l'Inferno):
Quel che accadde a un prete all’inizio del mese di gennaio nel vescovato di Lisieux, non penso di doverlo omettere né mantenerlo nell’oblio.
Nel villaggio di Bonneval c’era un prete chiamato Gauchelin, che serviva la chiesa consacrata a Sant’Albino di Angers (un monaco che era divenuto vescovo e confessore). L’anno dell’Incarnazione del Signore 1091, all’inizio di gennaio, questo prete fu chiamato, ragionevolmente, da un malato che risiedeva all’estremità della sua parrocchia.
Gli rese visita di notte. Mentre rientrava solo camminando lontano dalle abitazioni, udì un gran baccano come lo fa abitualmente un esercito immenso: pensò che si trattava degli uomini di Roberto di Bellême che si precipitavano all’assedio di Courci.
La luna, al suo ottavo giorno nel segno dell’Ariete, gettava allora un vivo chiarore e mostrava il cammino ai viaggiatori. Il prete era giovane, coraggioso, solido, di grossa taglia ed agile. Ma, sentendo il tumulto provocato da questa banda che procedeva disordinatamente, ebbe paura e si mise a pensare a quel che doveva fare: fuggire per non essere attaccato da vili soldati e vergognosamente spogliato (o derubato) oppure alzare il braccio vigoroso per difendersi nel caso in cui qualcuno l’avesse attaccato ? In quel momento scorse quattro nespoli in un campo lontano dal sentiero: decise di andarci e di nascondervisi dietro durante il passaggio dei cavalieri. Ma un essere di taglia gigantesca, armato di un’enorme mazza, sbarrò la strada al prete che si affrettava e gli disse, alzando l’arma sopra la sua testa: “Fermati, non andare oltre!”.
Il prete, ghiacciato del terrore, si fermò immediatamente e stette immobile, appoggiato al suo bastone. Ma il gigante, armato della mazza, restava accanto a lui e, senza fargli del male, attendeva il passaggio dell’esercito.
I. Una strana processione
1. Il primo corteo: dei briganti
Ecco che un immenso gruppo di persone a piedi cominciò a transitare: trasportavano sul loro collo e sulle loro spalle del bestiame, dei vestiti, degli oggetti di ogni tipo e diversi utensili che i briganti portano abitualmente con sé.
Tutti si lamentavano e si esortavano ad andare più rapidamente. Il prete riconobbe in questo corteo numerosi vicini da poco periti e li intese dolersi dei grandi tormenti che subivano in ragione delle loro colpe [o deplorevoli azioni].
2. Il secondo corteo: degli assassini
In seguito passò una banda di becchini ai quali si aggiunse immediatamente il gigante. Trasportavano una cinquantina di barelle mortuarie, ciascuna sostenuta da due individui. Su queste barelle erano seduti degli uomini piccoli come dei nani, ma la cui testa aveva la dimensione di un barile.
Due Etiopi trasportavano anche un immenso tronco d’albero sul quale uno sventurato crudelmente incatenato veniva torturato: lanciava durante i suoi supplizi delle urla atroci. Un orribile demone, in effetti, stava su questo tronco e lo colpiva violentemente con i suoi speroni incandescenti nei reni e sulla schiena, completamente ricoperti di sangue.
Gauchelin lo riconobbe subito come l’assassino del prete Étienne: lo vide soffrire in modo intollerabile a causa del sangue di un innocente che aveva versato due anni prima, senza aver fatto penitenza per un crimine così grande.
3. Il terzo corteo: delle donne leggere
Poi giunse un gruppo di donne, il quale sembrò al prete una moltitudine innumerevole. Erano a cavallo, montate alla maniera delle donne, su selle da donna, ove si trovavano fissati dei chiodi incandescenti.
Sovente il vento le sollevava all’altezza di cinquanta centimetri e le lasciava ricadere subito su queste punte. Questi chiodi incandescenti le ferivano alle natiche e, orribilmente tormentate da queste punture e da queste bruciature, gridavano: “Misera me! Misera me!” e confessavano dinnanzi a tutti i peccati per i quali subivano tali castighi.
Così, è senza dubbio a causa dell’attrazione e dei piaceri osceni di cui abusarono durante la vita che ora subivano il fuoco, il lezzo e tutti gli altri supplizi, troppo numerosi per poter essere descritti.
È con voce dolente che ammettono gemendo le loro sofferenze. Il prete riconobbe in questa truppa qualche dama nobile, e scorse i cavalli e i muli con le loro selle di numerose donne che godevano ancora della vita.
4. Il quarto corteo: dei chierici e dei monaci peccatori
Il prete tremando per lo spavento faceva fronte a un tale spettacolo. Poi si riprese un po’. Ma poco dopo, vide un corteo di chierici e di monaci: scorse i loro superiori, dei vescovi e degli abati con il loro bastone pastorale.
Chierici e vescovi erano vestiti con dei neri mantelli da cerimonia, monaci e abati erano anch’essi vestiti di nero. Gemevano e si lamentavano, alcuni interpellavano Gauchelin e gli domandavano nel nome della loro trascorsa amicizia di pregare per loro.
Il prete riferì che là aveva visto molte persone che godevano di una grande considerazione, che l’opinione comune aveva già collocato in Cielo tra i santi. Concretamente, egli vide Hugues, vescovo di Lisieux, degli eminenti abati come Mainier d’Ouche e Gerbert di Fontenelle e molti altri di cui mi è impossibile ricordare e mettere i nomi per iscritto.
Lo sguardo umano è sovente sbagliato, ma l’occhio di Dio scruta tutto a fondo. L’uomo vede sul viso, Dio vede in fondo al cuore. Nel regno dell’eterna beatitudine una luce perpetua illumina tutto e una santità perfetta, che possiede un sapore delizioso, trionfa tra i figli del regno.
Là non si trova alcun disordine, non s’introduce nessuna sporcizia, non s’incontra alcuna villania né alcuna azione contraria all’onestà. Tutto ciò che la vita carnale ha d’inconveniente si trova consumato dal fuoco purgatorio e purificato grazie alle diverse espiazioni, secondo le disposizioni dell’eterno giudice.
E come un vaso, sbarazzatosi grazie al fuoco della sua ruggine ed accuratamente pulito, è inserito nel tesoro, allo stesso modo l’anima, sbarazzatasi del contagio di tutti i vizi, è ammessa in Paradiso. E, godendo di una felicità totale, vi trova la gioia, liberata dalla paura e dalla preoccupazione.
5. Il quinto corteo: dei cavalieri sanguinari
Dopo questi spaventosi spettacoli il prete restò tremolante e, appoggiato sul suo bastone, si aspettava altro di più spaventoso ancora. Ecco che comparve un immenso esercito di cavalieri: non si notava alcun colore all’eccezione del nero e del fuoco scintillante.
Montavano tutti dei cavalli giganteschi; andavano di fretta, armati di ogni strumento, come se andassero alla pugna, e portavano delle insegne tutte nere. Scorse tra essi Riccardo e Baudouin, figli del conte Gislebert, i quali erano morti recentemente, e numerosi altri cavalieri di cui non posso dare i nomi.
Tra questi ultimi, Landri d’Orbec, che era stato ucciso questo stesso anno, si rivolse al prete: gli confidò dei messaggi lanciando delle grida orribili e lo pregò di riferire subito le sue istruzioni a sua moglie.
Ma gli squadroni che lo seguivano e che lo precedevano gli impedivano di parlare interrompendolo e dicevano al prete: “Non credere a quel che dice Landri! è un bugiardo”. Egli era stato visconte di Orbec e avvocato: grazie alle sue capacità e al suo merito si era elevato al di sopra delle proprie origini.
Durante gli affari e le sedute giudiziarie egli giudicava secondo i suoi capricci e, sulla base dei regali ricevuti, modificava i suoi verdetti: era più al servizio della cupidigia e dell’inganno che dell’equità.
Perciò è a giusto titolo che egli sia stato condannato ai supplizi e qualificato di bugiardo dai propri compagni. In questa truppa nessuno lo riveriva e nessuno era attratto dal fascino della sua ingegnosa eloquenza.
Al contrario, visto che ebbe l’abitudine, nel limite del possibile, di tappare le sue orecchia di fronte alle grida dei poveri, ora che si trovava ad esser tormentato quale criminale, lo si reputava assolutamente indegno di essere ascoltato.
II. Messaggi dall’aldilà
1. Un’iniziativa pericolosa
Dopo il passaggio di questo immenso esercito di parecchie migliaia di persone, Gauchelin si mise a pensare dentro di sé: “Ecco senza dubbio la Masnada Hellequin. Ho sentito dire che numerose persone l’hanno già vista in passato, ma, incredulo com’ero, mi sono preso gioco di coloro che me ne parlavano, perché mai non avevo avuto dinnanzi agli occhi delle prove certe di un simile avvenimento.
Ora sono le anime dei morti che io vedo realmente; ma nessuno mi crederà quando racconterò quel che ho visto, se non mostro agli uomini una prova certa. M’impossesserò di uno dei cavalli liberi che seguono il corteo, lo monterò immediatamente, lo condurrò a casa mia e lo mostrerò a tutti i vicini affinché mi credano”.
Prese in poco tempo le redini di un cavallo tutto nero, ma esso si sottrasse con vigore alla mano che cercava di prenderlo e cavalcando rapidamente raggiunse la truppa degli Etiopi. Il prete era arrabbiato per non aver realizzato il suo piano: era, in effetti, un uomo giovane, di spirito ardito e sottile, dal corpo agile e solido.
Si mantenne pronto ad agire al centro della strada e tese la mano in direzione di un cavallo che stava per passare. Questo si fermò affinché il prete potesse montarlo e, soffiando dalle narici, proiettò una nube immensa simile a una grande quercia.
Il prete mise allora il suo piede sinistro nella staffa, prese le redini e mise la mano sulla sella: immediatamente percepì sotto il suo piede un calore ardente come un fuoco e un freddo incredibile si diffuse attraverso la mano che teneva la briglia sino alle sue viscere.
2. Un messaggero aggressivo
Nel frattempo arrivano quattro temibili cavalieri che gli dicono proferendo delle grida terribili: “Perché t’impossessi dei nostri cavalli? Verrai con noi. Nessuno di noi ti ha fatto del male, mentre tu cerchi di rubarci ciò che ci appartiene”.
Il prete, al culmine dello spavento, lasciò partire il cavallo: visto che tre cavalieri cercavano di catturare il prete, il quarto gli disse: “Lasciatelo e permettetemi d’intrattenermi con lui, poiché desidero trasmettere delle istruzioni a mia moglie e ai miei figli tramite lui”.
Disse in seguito al prete, colmo di spavento: “Ascoltami, ti prego, riferisci la mia richiesta a mia moglie”. Il prete rispose: “Non so chi sei e non conosco tua moglie”. Il cavaliere gli disse: “Sono Guillaume di Glos, figlio di Bernon, che fu a suo tempo siniscalco di Guglielmo di Breteuil et di suo padre Guglielmo, conte di Hertford.
Ho vissuto nel crimine e nel furto tra gli uomini e ho commesso più misfatti di quanti non possa riferire. Ma, soprattutto, è l’usura a causare le mie sofferenze. Poiché ho prestato dei soldi a un uomo bisognoso che mi ha dato il suo mulino come garanzia, e dato che non poteva pagarmi gli interessi ho conservato la garanzia durante tutta la mia vita: ne ho privato il legittimo erede per lasciarlo ai miei eredi.
Ecco il ferro incandescente di questo mulino che porto in bocca: mi sembra più pesante da portare che la torre di Rouen. Riferisci dunque a mia moglie Beatrice e a mio figlio Roger di aiutarmi e di restituire immediatamente il mulino che ha portato loro più di quel ch’io ho dato al suo legittimo erede”.
Il prete rispose: “Guglielmo di Glos è morto da molto tempo e un messaggio di questo tipo non sarà mai accettato da un cristiano. Non so chi sei né chi sono i tuoi eredi. Se oso raccontare ciò a Roger di Glos, ai suoi fratelli o alla loro madre, si prenderanno gioco di me come di un folle”.
Gugliemo lo supplicava insistendo con forza e gli forniva accuratamente il maggior numero possibile di prove molto evidenti. Il prete capiva quel che intendeva, però faceva finta d’ignorarlo. Ma infine, vinto dalle sue preghiere, accettò e promise di compiere la procedura richiesta.
Guglielmo ricapitolò tutto quel che voleva chiedere e in un lungo intervento passò in rassegna tutti gli elementi. Tuttavia il prete pensava che non avrebbe mai osato riferire a qualcuno le volontà di un defunto. “Non è opportuno, disse, di far conoscere simili cose. Non riferirò a nessuno quanto da voi richiesto”.
Immediatamente, furioso, Guglielmo tese la mano, prese il prete per il collo e, portandolo a terra con lui, proferiva delle minacce al suo indirizzo. Il povero prigioniero sentiva che la mano che lo teneva bruciava come il fuoco. Terrorizzato gridò: “Santa Maria, gloriosa madre di Cristo, aiutami”.
Non appena ebbe invocato la pia madre del figlio di Dio, fu immediatamente soccorso, conformemente alle disposizioni previste dall’Onnipotente. Un cavaliere, armato soltanto di una spada, sopraggiunse e, brandendo il suo gladio pronto a colpire, dichiarò: “Perché, maledetti, uccidete mio fratello? Lasciatelo e andatevene!”. Partirono subito e raggiunsero l’esercito degli Etiopi.
3. “Mi riconosci fratello?”
Mentre tutto il corteo si allontanava, il cavaliere sosta sulla strada con Gauchelin e gli domanda: “Mi riconosci?”. Il prete rispose : “No”. Il cavaliere gli disse: “Sono Robert, figlio di Raoul, soprannominato il Biondo e sono tuo fratello”.
Mentre il prete era molto sorpreso da un avvenimento così inatteso ed era sprofondato nell’angoscia a causa di tutto quel che aveva visto o inteso, come l’abbiamo raccontato, il cavaliere si mise ad evocare i loro ricordi d’infanzia e ad insistere su elementi molto ben conosciuti.
Il prete ricordava molto bene tutto quanto udiva, ma, non osando ammetterlo apertamente, negava tutto. Infine il cavaliere gli disse: “La tua durezza e la tua stupidità mi sorprendono. Sono io ad averti nutrito ed amato più di ogni altro dopo la morte dei nostri genitori. Sono io che ti ho inviato a scuola in Francia, che ti ho procurato in abbondanza abiti e soldi, che mi sono sforzato di aiutarti in ogni modo. Ora tu fai finta di non ricordartene e rifiuti perfino di riconoscermi”.
Dopo queste lunghe spiegazioni, conformi alla verità, il prete fu convinto da queste precisazioni e, in lacrime, riconobbe apertamente tutto quel che suo fratello gli aveva detto.
Allora il cavaliere gli disse: “Sarebbe stato giusto che tu morissi e che fossi condotto con noi per condividere le nostre sofferenze, poiché hai osato, con audacia sacrilega, metter mano a oggetti che sono di nostra proprietà.
Nessun altro prima aveva osato compiere un simile gesto, ma la messa che hai celebrato quest’oggi ti ha preservato dalla morte. Mi è stato permesso di mostrarmi a te e di rivelarti la mia miseria.
Dopo essermi intrattenuto con te in Normandia ed aver ricevuto i tuoi addii, sono partito per l’Inghilterra e, là, ho terminato la mia esistenza, secondo la volontà del Creatore; a causa dei peccati di cui mi ero macchiato, ho sofferto dei terribili supplizi.
Le armi che portiamo sono di fuoco e ci ammorbano con il loro spaventoso fetore: con il loro peso eccessivo ci opprimono e con il loro calore costante ci bruciano atrocemente. Sino ad ora ho sopportato delle sofferenze indicibili.
Ma quando sei divenuto prete in Inghilterra e hai cantato la tua prima messa per i fedeli defunti, tuo padre Raoul è stato strappato ai suoi supplizi e, io, sono stato liberato dallo scudo che mi schiacciava con violenza.
Da quel momento porto la spada, come vedi, ma, nel corso di quest’anno, aspetto con fiducia la soppressione di questo fardello”.
4. La speranza della salvezza
Mentre il cavaliere raccontava queste cose e altre dello stesso genere e che il prete gli prestava una grande attenzione, quest’ultimo vide, ai suoi talloni, vicino agli speroni, una massa sanguinolenta che aveva la forma di una testa umana. Sorpreso, gli domandò: “Da dove viene questo ammasso sanguinante che si trova al di sopra dei tuoi talloni?”
Il cavaliere rispose: “Non è sangue, ma fuoco e questo peso mi pare superiore a quello che dovrei sopportare sostenendo il Monte San Michele. Visto che mi servivo di speroni preziosi ed appuntiti per andare a spandere più rapidamente il sangue, è giusto che io porti questo pesante fardello ai miei talloni: oppresso in maniera intollerabile da questo fardello, non posso dire a nessuno quanto sia penoso il mio castigo.
I mortali dovrebbero pensarci costantemente, temere ed evitare di subire una sorte così dura a causa delle loro colpe. Non mi è permesso, fratello mio, parlarti ulteriormente, perché sono obbligato a seguire in tutta fretta questa misera truppa. Ti prego, ricordati di me e aiutami con delle preghiere sincere e delle elemosine. Dalla Pasqua fiorita all’anno seguente spero di essere salvato e liberato da tutti i miei tormenti grazie alla clemenza del Creatore. E tu occupati della tua sorte e correggi con saggezza la tua vita, che è sporcata da numerosi vizi: sappi che essa non durerà più a lungo.
Per il momento, mantieni il silenzio. Tutto quel che hai visto e sentito in modo insperato, tienilo nascosto e non tentare di parlarne a nessuno per i prossimi tre giorni.
Conclusione
Con queste parole il cavaliere scappò precipitosamente. Il prete fu gravemente malato durante tutta la settimana. Quando cominciò a ritrovare le sue forze, andò a Lisieux e raccontò tutto, punto per punto, al vescovo Gislebert: ottenne da lui i rimedi necessari alla sua santità. In seguito, visse ancora circa quindici anni in perfetta salute: tutto quel che ho messo per iscritto e tutti gli altri fatti molto numerosi che ho dimenticato, gli ho appresi dalla sua bocca.
Ho visto il suo viso ferito dalla mano dell’orribile cavaliere. È per l’edificazione dei lettori che ho redatto questo racconto, affinché i giusti siano rinfrancati nel Bene e che gli spiriti smarriti si distolgano dal Male.(17)
Di racconti di questo tipo è piena la letteratura dei primi secoli del secondo millennio. Si iniziava con leggende simili raccontate ai bambini per terrorizzarli e creare una dipendenza da quella Vergine o quella Croce che avrebbe vinto i malvagi (letteratura simile arriva fino al tardo romanticismo ed interesserà vampiri, mostri e quanto di più orrido si possa inventare. Ma occorre stare tranquilli perché il tirare fuori una Croce, nel momento più drammatico, respingerà qualsiasi diavolo che si contorcerà nella repulsione e sofferenza).
Anche la non conoscenza dei fenomeni astronomici incuteva paura da cui discendevano le più disparate credenze. La Luna che andava in eclisse provocava il grido accorato di molte popolazioni che si rivolgevano verso ilo cielo per aiutare l'astro a venir fuori dall'eclisse. Anche Diana rientra nelle superstizioni legate alla Luna per essere donna e perché la Luna è sempre stata legata ai cicli mestruali. Per estensione vi rientra uno degli aspetti più importanti per la specie umana, la fecondità. Ciò si lega a rapporti sessuali che ingenerano visioni peccaminose con donne lascive che di notte, al chiarore della Luna si incontrano e si concedono a loschi diavoli, danzano tra loro e con loro, volano insieme. E' il mondo dei sabba che ha avuto una infinita letteratura.
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