lunedì 27 dicembre 2010
Il Vaticano non paga l’acqua. Gas e luce, tutto a posto?
“Chiedete e vi sarà dato”avrebbe detto Gesù secondo il Vangelo di Matteo (7, 7-8). Non è proprio una garanzia per chiunque, ma pare funzioni per lo Stato del Vaticano visto che alla stregua delle imposte (da versare), delle sanzioni (da pagare) e dell’otto per mille (da ricevere), anche l’acqua verrebbe debitamente e servizievolmente agevolata dallo Stato italiano.
Nel 1999, infatti, sarebbero stati versati a favore di Città del Vaticano circa ventidue milioni di euro di arretrato all’Acea, società che si occupa, tra gli altri, della gestione di servizi idrici (acquedotto, fognatura e depurazione) a cui si sarebbero aggiunti circa diciassette milioni di euro per il periodo che va dal 1998 al 2003, ovvero circa 3,4 milioni all’anno, solo per la fornitura dell’acqua.
Inoltre per le acque di scarico, Città del Vaticano non pagherebbe le bollette all’Acea perché pare non riconosca la tassazione imposta da enti appartenenti a Stati terzi. Seppur sia un’informazione poco chiara, sarebbe la motivazione addotta dalla Santa Sede; curioso che riesca a credere in una vita ultraterrena, ma non al più modesto pagamento oltreconfine.
Come se non bastasse, dal 2004 la Chiesa avrebbe dovuto farsi carico annualmente dei servizi concessi, per una spesa che ha disatteso, obbligando lo Stato italiano a stanziare, con la finanziaria 2005, un conto di venticinque milioni di euro subito e di quattro milioni annui dal 2005, per dotare il Vaticano anche di un sistema di acque proprie. E’ evidente che Gesù intendesse una cosa un po’ diversa con “rimetti a noi i nostri debiti”
E poiché è immorale, quindi peccaminoso, non dare “all’imperatore quello che appartiene all’imperatore…”, e la Chiesa non può, per definizione, compiere peccati così grossolani, tanto meno perseverare nell’errore, sorge il dubbio che il rifiuto del pagamento sia dovuto alla presunzione di un’acqua difettosa o di bassa qualità, non potendoci camminare sopra.
Alcuni razionalisti, invece, credono (sic) nella buonafede della Chiesa, sostenendo che il Vaticano non paghi l’acqua solo perché “viene separata prima del contatore”, il che potrebbe essere un buon suggerimento da estendere urbi et orbi. In genere, però, bisogna ammettere di trovarsi di fronte ad una ingenuità diffusa visto che è risaputo che “il crimine non paga”.
Fa specie, però, che malgrado il vantaggio dell’acqua gratis, tendenzialmente i panni rimangano sporchi, senza prendere in considerazione tutto il sommerso di cui sono piene le cronache (laiche).
Ma sotto una così partecipata benevolenza italiana c’è soprattutto un accordo che vede Stato e Chiesa in conveniente comunione, e difficile liberazione reciproca, che risale al 1929 con la firma dei Patti Lateranensi tra Benito Mussolini, allora capo del governo, ed il cardinale Pietro Gasparri, e che impegnerà l’Italia a coprire i consumi di acqua dello Stato del Vaticano, pari a circa cinque milioni di metri cubi l’anno, anche se, nella pratica, si adopererà solo per la fornitura effettiva, temporeggiando fino al 1999 sull’evasione pecuniaria dovuta all’ente preposto.
Certo è che il Figlio dell’Uomo non avrebbe mai immaginato per la Chiesa il passaggio da un modello cristiano ad uno paga(no), in cui si sfruttano allo stesso tempo, e così spudoratamente, l’acqua dello Stato e la luce del Signore.
Un dubbio però è lecito: di fronte al passo di Matteo “avevo sete e mi avete dato da bere” a chi spetterebbe il Regno dei cieli? A chi dà fisicamente da bere o a chi finanzia quel bicchiere d’acqua? Perché oltre alla beffa di sovvenzionare una tale risorsa, qui e subito, ad uno Stato terzo già così ben piazzato, sarebbe antipatico farsi soffiare, là e un giorno, pure l’ambita postazione.
In ogni caso, acclarato che il Vaticano non paga l’acqua, almeno il limoncello è offerto dalla casa?
Maurizio Fiumara
http://www.cronachelaiche.it/2010/09/il-vaticano-non-paga-lacqua-gas-e-luce-tutto-a-posto/
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