Dal sito dell' Istituto Massimiliano Massimo.
Mario Draghi fu un allievo dei Gesuiti, e con lui molta della classe dirigente italiana, come Luca Cordero di Montezemolo, Luigi Abete, Gianni de Gennaro, Francesco Rutelli, compreso anche direttori di giornali "alternativi" come Piero Sansonetti, direttore di Liberazione. Non sono le solite idee "complottiste", è la pura realtà dei fatti, guardate voi stessi l'intervista allo stesso Draghi e leggete l'articolo del Corriere della Sera "Quelli del Massimo: si trova all’ Eur la scuola dei campioni È l’ istituto che ha allevato la futura classe dirigente". L’Istituto Massimiliano Massimo è una scuola privata cattolica della Compagnia di Gesù, sita a Roma, che si ispira ai principi pedagogici di Ignazio di Loyola. E' da qui che sono nati molti dei nomi di spicco che oggi detengono le leve del potere in Italia e non solo, compreso lo stesso Draghi, che ricordiamo essere "Governatore della Banca d'Italia.
Il 24 giugno 2011 è stata formalizzata la sua investitura alla Presidenza della Banca Centrale Europea a partire dal 1º novembre 2011". Noi di questo blog abbiamo da tempo portato avanti un'analisi del potere dei Gesuiti, analisi che riscontriamo in ben pochi altri siti e blog che denunciano i mali del Nuovo Ordine Mondiale. Questa carenza di analisi ci appare molto sospetta, tanto più che viviamo in un paese, l'Italia, che appare essere il centro mondiale del potere Vaticano-Gesuiti. Le notizie sull'istituto di formazione dei gesuiti che trovate sotto, prese da un giornale di rilievo nazionale come il corriere della sera, quando vengono divulgate da codesti organi di propaganda, sono inquadrate nel contesto che è caro a chi detiene le leve del potere; cioè, si dice che i Gesuiti hanno formato la classe dirigente italiana ma, attenti, nessun complotto, solo un metodo di lavoro che è caratteristico delle scuole dei Gesuiti, che sarebbe:
«La persona che esce da questa scuola dovrebbe essere non solo competente, ma anche una persona che ama, che si prende cura di sé, degli altri, del mondo, che si impegna per la giustizia, che ha fede...Un uomo o una donna per gli altri e con gli altri»
Leggiamo la missione dell'Istituto Massimo dal loro stesso sito:
"Aspiriamo all’eccellenza accademica e umana per formare donne e uomini non solo competenti, ma anche coscienziosi, compassionevoli e testimoni della propria fede vissuta nella giustizia, nel servizio e nel rispetto del creato.
Ricercare il rigore negli studi, valorizzare le ricchezze della tradizione pedagogica di Sant’Ignazio di Loyola, innovare nei metodi e nei linguaggi, aprire il cuore alle nuove frontiere, basare l’educazione sulla centralità della persone e delle relazioni, promuovere la creatività; tutto ciò costituisce il Nostro Modo di Procedere per imparare a saper essere per gli altri e con gli altri."
E noi dovremmo credere a queste panzane!
Quindi, se non si conosce la storia dei Gesuiti, le loro Istruzioni Segrete, il loro controllo delle istituzioni globaliste, la loro immensa ricchezza, il loro controllo dell'opposizione al nuovo ordine mondiale ecc. non si potranno mai inquadrare nella giusta angolazione ne gli articoli ne il video sotto riportati. Il nostro suggerimento è quello invece di connettere i puntini e trarne le giuste conclusioni, individuando il vero obiettivo degli istituti di formazione dei gesuiti, come il Massimiliano Massimo, cioè l'aspirazione al potere mondiale. Sotto vi riporto un passo tratto dalle Istruzioni Segrete della Compagnia di Gesù tanto per rinfrescarvi la memoria:
"Tuttavia la setta dei Gesuiti venne collocata da Loyola sotto un governo dispotico e rigorosamente militare. In effetti, il vecchio soldato ferito prese le sue leggi e la disciplina dalla sua esperienza militare. Come un capo militare, il loro generale veniva scelto per la vita. Ad ogni suo membro veniva fatto prestare giuramento sulla croce, per ottenere la sua implicita obbedienza. Come soldato, il Gesuita concedeva il suo corpo, la sua anima, i suoi desideri e le sue volontà al suo generale. Egli non aveva alcun diritto di consultare un amico o di esercitare addirittura il proprio giudizio. La volontà del generale era la sua volontà; egli doveva andare ovunque il suo capo, residente a Roma, avrebbe ordinato - Asia o Africa, o qualsiasi parte del globo. Egli non faceva nessuna domanda; non chiedeva nessuna ragione. Il generale era il suo dio sovrano. Egli navigava con ordini sigillati. Egli doveva insegnare, ma non quello che credeva essere giusto. Egli non aveva nessuna scelta nella sua fede, doveva credere nel suo cuore, nella sua anima e nella sua coscienza, quello che il suo generale ordinava. Egli doveva compiere qualsiasi atto a lui ingiunto, senza fare domande. Egli non doveva rifuggire da qualsiasi atto di sangue. Se il generale lo ingiungeva, egli doveva inviare la Armada Spagnola a rovesciare l'Inghilterra; doveva far saltare in aria il Parlamento Inglese con la polvere da sparo; doveva assassinare il Re Enrico di Francia, o sparare al Principe d'Orange; o avvelenare il Papa Ganganelli; o ingiungere a Carlo IX di perpetrare il massacro di San Bartolomeo; o a Luigi XIV di revocare l'editto di Nantes, e coprire l'onesta Francia di sangue e caos, e riempire le nazioni con i lamenti del loro miserabile esilio! Se essi fallivano, ritentavano più e più volte."
E adesso buona visione e buona lettura
Da Mario Draghi a Montezemolo, da Franco Coppi a De Rita.Quelli del Massimo: si trova all'Eur la scuola dei campioni.È l' istituto che ha allevato la futura classe dirigente.
«Negli anni Sessanta c' era un gruppo di ragazzi che andavano tutti a scuola insieme, avevano la stessa età e facevano la stessa classe. Prima le medie, poi il ginnasio e il liceo...». Piero Sansonetti, direttore di Liberazione, il quotidiano di Rifondazione comunista, ha raccontato ieri nel suo editoriale questa storia: «Uno si chiamava Luca (Cordero di cognome), un altro si chiamava Mario (Draghi di cognome), un altro ancora Gianni (di cognome faceva De Gennaro)...Poi Luca da grande fece il presidente della Fiat, Gianni il capo della polizia e Mario, forse, il governatore centrale». Sembra una favola: Montezemolo, De Gennaro, Draghi. La scuola - lo ricorda Sansonetti, anche lui ex alunno - era una delle più prestigiose di Roma: l' istituto Massimiliano Massimo, retto dai padri gesuiti. Stava all' Eur. È ancora lì. Ma la storia, volendo, potrebbe continuare: perchè tra gli ex alunni del Massimo sono molti quelli che nella vita hanno avuto fortuna. Banchieri e industriali, da Luigi Abete (Bnl) a Rudy Peroni (dell' omonima birra), principi del foro (Franco Coppi), diplomatici e ambasciatori (Staffan de Mistura, Giovanni Dominedò, Silvio Fagiolo). E poi il presidente del Censis Giuseppe De Rita, l' ex presidente della Corte Costituzionale Riccardo Chieppa, il vicepresidente della Federcalcio Giancarlo Abete. Potere politico e potere economico. Una classe dirigente quasi al completo. «Non pensate a una lobby, però, vi sbagliereste - avverte il presidente degli ex alunni, Paolo Gaudenzi, 44 anni, professore ordinario alla Scuola di ingegneria aerospaziale dell' università La Sapienza - Se Mario Draghi arriverà a sedersi sulla poltrona di Governatore di Bankitalia, lo dovrà solo al suo valore eccezionale. Nessuna azione lobbistica lo porterà mai a palazzo Koch, nessuno di noi si sta muovendo in tal senso. Il segreto del Massimo è un altro: c' è dietro un metodo di lavoro...». Quale? Nel sito internet (www.istitutomassimo.it) viene spiegato chiaramente: «La persona che esce da questa scuola dovrebbe essere non solo competente, ma anche una persona che ama, che si prende cura di sé, degli altri, del mondo, che si impegna per la giustizia, che ha fede...Un uomo o una donna per gli altri e con gli altri». È il metodo ignaziano, la scuola dei gesuiti. Etica e studio, libri e morale. Dall' asilo al liceo. «Ma i valori cristiani qua si propongono, non si impongono mica», chiosa convinto l' ingegner Gaudenzi. Scuola cattolica, privata, esclusiva. «La numero uno di Roma», sentenzia orgoglioso Giulio Viola, 67 anni, ex Pirelli, Italcable, Telecom, oggi consulente economico internazionale, presidente uscente degli ex alunni. Professori mitici: «Nella classe di Draghi, De Gennaro e Montezemolo c' era Padre Chemeri - racconta Sansonetti - Un latinista fine e un personaggio molto carismatico coi giovani». Ma Franco Coppi, che vi studiò quando ancora la sede era quella di Palazzo Massimo alle Terme (Stazione Termini), ricorda sopra tutto la figura di Giovanni Faure, professore (laico) di Scienze. «Un fuoriclasse - dice Coppi - Arrivava alle 5 del mattino col suo sigaro in bocca e riempiva la lavagna di classificazioni: protozoi, metazoi... Ero affascinato. Sinceramente avrei voluto seguire i suoi passi. Ma poi, più per motivi contingenti che per vocazione, scelsi il diritto e quando andai a dirglielo s' infuriò. Mi schiaffeggiò in mezzo al corridoio e da quel giorno non mi rivolse più la parola». Quelli del Massimo non saranno una lobby, ma certo dopo la scuola rimangono molto amici. Giusto stasera il professor Coppi sarà a cena con gli ambasciatori Silvio Fagiolo e Giovanni Dominedò. Sono passati gli anni, ma non la voglia di raccontarseli.
Fabrizio Caccia Pagina 9 (22 dicembre 2005) - Corriere della Sera
I compagni di classe, da Montezemolo a Magalli: «Snider il più bravo, ma Mario ci faceva copiare»
ROMA - Uno scherzo che già rivelava un destino da showman (aggiunto alla bocciatura in prima liceo) costò a Giancarlo Magalli l' espulsione dall' Istituto Massimiliano Massimo, severa scuola retta dai gesuiti, erede di quel Collegio Romano espropriato dal Regno d' Italia ai padri di sant' Ignazio nel 1870 e trasformato nel laico «Visconti». Racconta Magalli, allora compagno di classe di Mario Draghi (e non solo): «C' era non so che ingrato compito in classe. Passai la notte a comporre un cartello: "Comune di Roma-Aula chiusa per disinfestazione". Perfetto, avrebbe ingannato chiunque. Durante la messa del mattino, il corridoio era deserto. Sigillai la porta della classe col nastro adesivo, appesi la scritta. Successe il finimondo, qualche professore ci credette. Poi mi beccarono. E addio. Mario, che spesso ci passava i compiti in pullman, sicuramente se la ricorderà, quella mattinata...». Il Massimo di quegli anni produsse una manciata di sezioni piene di future personalità. Fino al V ginnasio Draghi studiò in classe con Luca Cordero di Montezemolo e Cristiano Rattazzi: «Poi Luca e Cristiano traslocarono al Morosini di Venezia. Luca non resistette moltissimo, sospetto per via della disciplina. Restammo sempre in contatto. Soprattutto dopo. Con Mario e Luca è sempre saldo un legame formidabile», racconta Paolo Vigevano, fondatore di Radio Radicale e ora capo delle relazioni istituzionali di Cos-Finsiel, licenza liceale classica nel 1966 (Draghi, invece, nel 1965). Ancora Vigevano: «Un altro collante era la squadra di pallacanestro dell' Istituto. Ci giocavamo Mario, io e Giovanni De Gennaro, oggi capo della polizia, che era in classe con me. Mario aveva un bel tiro, il suo modello era Bill Bradley, gran campione e poi senatore Usa». Nella terza sezione B del classico, maturità 1965, c' era Giuseppe Petochi, raffinato orafo romano (lavoro di famiglia dal 1884): «Il primo della classe era Francesco Snider, ora professore di chirurgia vascolare alla Cattolica. Però anche Mario era molto bravo in latino e in matematica. Diciamo uno di quelli che, quando sei in difficoltà, ti aiuta». A passare i compiti? «Piuttosto a capire». Non un secchione, giura Francesco Lovatelli, ingegnere, manager di aziende informatiche: «Era molto preciso, anche nell' abbigliamento, ma non ossessionato dallo studio. Era sportivissimo, mi pare che la corsa fosse la sua specialità». Altri nomi dalle altre sezioni (ma alla fine fu tutto un gruppone, concordano gli amici). Nella A Staffan de Mistura, uomo-chiave dell' Onu in Iraq, e Giuseppe Sangiorgi, ex direttore del «Popolo» ed ex membro dell' Autorità delle Telecomunicazioni. Nella C Luigi Abete, presidente di Bnl, e Giovanni Lelli, direttore generale dell' Enea. E nella B di Draghi anche Ezio Bussoletti, consulente del ministero dell' Ambiente, e Alberto Francesconi, presidente dell' Agis. Invece con Vigevano e De Gennaro studiò fino al II liceo Pippo Pepe, capo ufficio stampa del ministero delle Comunicazioni. Nella maturità 1966, Vigevano-De Gennaro, appare anche il nome di Antonio Mennini, ora monsignore e rappresentante della Santa Sede a Mosca. E le donne? Domanda non da poco, in un liceo allora rigorosamente maschile. Magalli: «Le donne? Ovviamente non si parlava d' altro. Ma purtroppo ci si limitava a quello e non si passava, ahimè, all' atto pratico. Erano tempi durissimi, da quel punto di vista». Anche Paolo Vigevano ricorda la tipica ansia da festa del sabato sera: «Ce le cercavamo come tutti. Si finiva nel solito giro. Fatalmente si gravitava intorno ai Parioli». Chi era il più bravo a concludere? «Ma nessuno, allora.
La verità era che eravamo una massa di imbranati. Chiunque avrebbe diffidato di un nugolo di maschietti in azione». Altre tipiche mete erano le uscite di due scuole femminili vicine all' Eur, dal 1960 sede del Massimo: ovvero le Suore di Nevers e l' Istituto Maria Adelaide, magari col pericolo di incappare in legioni di sorelle e cugine. Bisognava aspettare l' università per sottrarsi al corto-circuito e finalmente affrancarsi. In quanto al calcio, rammenta Petochi, il più bravo era sicuramente Piero Paoloni, poi diventato medico, scomparso tempo fa. Accanto alle donne (sognate) l' altro chiodo fisso era lo studio (una dura realtà). Le memorie collettive ricostruiscono un parco insegnanti composto quasi esclusivamente da gesuiti: Franco Rozzi, preside del liceo classico, ai tempi temutissimo custode della disciplina, ancora oggi attivo confessore nella chiesa del Gesù. Poi Paolo Taggi, formidabile grecista, allievo di quel Lorenzo Rocci (ovviamente gesuita) autore del dizionario italiano-greco.
Giuseppe Giannella, italianista, storico dell' arte, appassionato musicista. Il rettore Sabino Maffeo, astrofisico, che dopo il Massimo diresse a lungo la specola vaticana di Castel Gandolfo dove tuttora vive. Interrogazioni serrate, compiti in classe a sorpresa, inclusi quelli di matematica «col botto» del professor Eraldo Tani che ossessionò generazioni di massimini (incluso quindi Draghi) con quel suo ritmare i cinque minuti residui per la consegna con una canna di legno sbattuta sulla cattedra. Ancora Francesco Lovatelli: «Allora era un autentico incubo. Ma ci allenò, a ben pensarci, a mantenere saldi i nervi nella vita». E adesso, con la nomina alla Banca d' Italia di Mario Draghi (già premiato nel 1995 con il riconoscimento annuale dell' istituto) ci sarà una rimpatriata di ex? Magalli sorride: «Non lo so. Io forse gli manderò un biglietto di auguri. Tanto non posso essere sospettato di piaggeria. Lui non è diventato direttore generale della Rai. E io non guido una banca né ho Ope da progettare. A proposito: si dice Ope? Chissà. Devo chiederlo a Mario.» Paolo Conti
Conti Paolo
Pagina 4
(30 dicembre 2005) - Corriere della Sera
Link:
http://www.istitutomassimo.it/
http://en.wikipedia.org/wiki/Massimiliano_Massimo_Institute
http://it.wikipedia.org/wiki/Istituto_Massimiliano_Massimo
http://archiviostorico.corriere.it/2005/dicembre/30/compagni_classe_Montezemolo_Magalli_Snider_co_9_051230016.shtml
http://archiviostorico.corriere.it/2005/dicembre/22/Quelli_del_Massimo_trova_all_co_10_051222023.shtml
http://www.vaticanassassins.org/2011/04/jesuits-not-the-rothschilds-openly-display-complete-control-of-european-finance/
http://nwo-truthresearch.blogspot.com/2011/10/i-gesuiti-che-in-italia-allevano-la.html
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