Austria infelix. È ancora scontro tra il cardinale Christoph Schonborn e i dissidenti. Questo weekend l’arcivescovo di Vienna ha pubblicamente denunciato il rischio di scisma nella Chiesa austriaca. Il leader dell’episcopato ha ribadito alla fronda interna al clero che violare la regola del celibato ecclesiastico e ammettere alla comunione i divorziati risposati pone i sacerdoti dissidenti fuori dalla Chiesa.
I promotori del manifesto riformatore «Chiamata alla disobbedienza», ha avvertito il cardinale,non riusciranno far entrare l’arcidiocesi di Vienna in rotta di collisione con la Santa Sede. «Tutte le possibilità sono aperte e conto sul dialogo e la cooperazione», tende la mano l’arcivescovo che però esclude lo strappo da Roma. I dissidenti, guidati dal parroco Helmut Schueller, invocano una serie di radicali riforme al Vaticano, in stretta collaborazione con il movimento ultraprogressista «Noi siamo chiesa» di Hans-Peter Hurka.“Noi siamo chiesa” è il vero motore propulsivo del dissenso in Austria. E’ un movimento importante per numeri e influenza nel paese. Il movimento è nato dalle ceneri del caso di Hans Hermann Groër, il predecessore di Schönborn a Vienna. Fu a seguito delle accuse di pedofilia contro Groër che a Innsbruck e a Vienna alcuni cattolici vollero reagire e stilare il celebre “Appello dal popolo di Dio”, un’agenda per le gerarchie della chiesa fatta di punti precisi. Dal 1995 a oggi l’Appello è stato firmato da oltre due milioni e mezzo di persone. Inizialmente ci fu l’appoggio anche di molti vescovi austriaci. Poi i presuli vennero richiamati all’ordine dal Vaticano, e ritirarono l’adesione. Da quel giorno, con le gerarchie, almeno in forma ufficiale, nessun contatto. Ed è probabile che ancora oggi Roma tema in qualche modo tutto ciò che ricorda questo appello, in ogni sua forma oggi si manifesti e si palesi. È un segnale chiaro che il cardinale allievo prediletto del Papa dà all’Austria e anche a Roma.
Il conflitto nelle diocesi austriache è una costante degli ultimi anni, tra abusi liturgici (come il «Corpus Domini» infilzato e issato in processione), irregolarità disciplinari, violazioni del celibato ecclesiastico. Nel giugno 2009 Benedetto XVI ha richiamato all’ordine la Chiesa austriaca indicando «l’urgenza dell’approfondimento della fede e della fedeltà integrale al Concilio Vaticano II e al magistero post-conciliare della Chiesa». Due anni fa il Pontefice si è confrontato con i vescovi austriaci, che nei mesi scorsi avevano protestano in Vaticano per la revoca della scomunica ai lefebvriani e la nomina a Linz dell’intransigente Gerhard Wagner, che aveva definito «satanica» la saga di Harry Potter, «castigo divino» l’uragano Katrina e «malati psichiatrici» i gay.
Il cattolicesimo austriaco attraversa una grave crisi: calo di vocazioni e di fedeli, forte polarizzazione tra conservatori e progressisti, crescente sentimento antiromano. Più volte i ministri vaticani hanno contestato alla Chiesa austriaca una serie di scandali nelle diocesi, dai parroci concubini ai mancati provvedimenti di vescovi progressisti contro la fronda dei sacerdoti che avevano rivendicato la convivenza con una compagna.
Nella primavera 2009 la nomina di Wagner causò quasi una rivolta contro Roma. Il Papa fu costretto a fare «dietrofront» accettando la sua rinuncia all’incarico, mentre in Vaticano si moltiplicavano denunce di casi di concubinaggio relative ad alcuni sacerdoti che si sono opposti alla nomina. Aggiunge scalpore l’inchiesta su 40 mila foto e filmati pedopornografici trovati nel seminario di Sankt Pölten, incluse parodie naziste, celebrazioni di finti matrimoni gay tra seminaristi, atti sessuali di sacerdoti con minorenni.
A riportare all’ordine del giorno due anni fa la questione dell’abolizione del celibato ecclesiastico era stato proprio il capo della Chiesa austriaca e leader dell’associazione degli ex allievi di Ratzinger. Secondo l’arcivescovo di Vienna Christoph Schonborn, infatti, il celibato dei preti, «peculiarità della Chiesa cattolica», spiega in parte i casi di pedofilia commessi dai sacerdoti. Nel maggio 2010 il cardinale chiamò in causa «sia l’educazione dei preti sia le conseguenze della rivoluzione sessuale del ’68, sia il celibato nello sviluppo personale», invitando a «un cambiamento di visione».
Schonborn ha da tempo presentato in Curia un appello di autorevoli cattolici austriaci per l’abolizione dell’obbligo del celibato, il ritorno in attività dei preti sposati, l’apertura del diaconato anche alle donne e l’ordinazione dei cosiddetti «viri probati». Il «memorandum», accompagnato da una nota di Schoenborn, è stato consegnato al ministero vaticano del Clero, con la preghiera di «leggerlo attentamente» affinché «qualcuno a Roma sappia cosa pensa una parte dei nostri laici dei problemi della Chiesa». Ai promotori della petizione, il cardinale Schonborn aveva promesso di illustrare in Vaticano le loro motivazioni «pur non condividendole tutte», insieme con le relazioni sulle conseguenze che la carenza di preti sta provocando in 46 diverse parrocchie, soprattutto nelle zone rurali. E lo scorso anno il cardinale Schönborn ha aperto l’assemblea diocesana di Vienna reclamando un «mea culpa» generale: «Da questa crisi devastante la Chiesa può uscire solo purificandosi con un pentimento vero, altrimenti sarà tutto inutile».
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