Otto per mille, i fondi per gli stipendi dei professori di religione cattolica nelle scuole, gli stipendi dei cappellani che svolgono funzioni per lo Stato italiano, i finanziamenti alle scuole paritarie e alle università private.Un pacchetto da circa 2,5-3 miliardi di euro l'anno, solo per lo Stato centrale.Se le casse dello Stato piangono, il gettito dell'otto per mille per la Chiesa è invece cresciuto di cinque volte in venti anni, passando dai 210 milioni dei primi anni novanta al miliardo e 100 di oggi. La seconda voce di spesa a vantaggio della Chiesa Cattolica sono gli stipendi degli insegnanti di religione delle scuole, che sono più di 25 mila (circa la metà di ruolo) e costano una cifra superiore agli 800 milioni di euro l'anno.Oltre agli stipendi degli insegnanti, lo Stato si accolla direttamente anche una parte degli stipendi dei religiosi, quando questo svolgono compiti come il cappellano militare, nelle carceri o il già citato insegnante di scuola. Secondo la Cei le "remunerazioni proprie dei sacerdoti" valgono 112 milioni di euro l'anno. Una cifra che non si può però sommare alle altre voci, poiché in parte già calcolata tra gli stipendi degli insegnanti (che nell'11% dei casi sono sacerdoti o religiosi).Alle fonti di finanziamento citate si devono poi aggiungere altre voci, non sempre facilmente rintracciabili nei documenti ufficiali. Un capitolo tutto suo lo merita ad esempio la fornitura dell'acqua alla Città del Vaticano, interamente a carico dello Stato italiano. L'articolo 6 dei patti Lateranensi del 1929 recita infatti che "L'Italia provvederà, a mezzo degli accordi occorrenti con gli enti interessati, che alla Città del Vaticano sia assicurata un'adeguata dotazione di acque in proprietà".La questione è esplosa nel 1998, quando la romana Acea si è quotata in borsa ed ha chiesto al Vaticano di pagare una bolletta da 25 milioni di euro che, dopo diverse peripezie, è stata invece pagata dallo Stato.
Proprio lo Stato italiano dal 2005 versa anche 4 milioni di euro l'anno all'Acea per la depurazione, da sommarsi al costo dell'acqua stessa. Il costo totale della fornitura non è però esente da equivoci e la sua cifra complessiva tra depurazione, costo dell'acqua e dello smaltimento è finita di recente al centro di una polemica alimentata da una "gola profonda" del Pdl che sostiene, senza però presentare la documentazione, che questi costi ammontino a circa 50 milioni di euro l'anno.
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