domenica 31 luglio 2011

OPUS DEI:LA TESTIMONIANZA DI UN'ASSISTENTE NUMERARIA GETTE OMBRE SUL RUOLO DELLA DONNA NELL'ASSOCIAZIONE...

Il racconto personale che segue è stato scritto da una giovane donna europea che ha vissuto in prima persona la vita da numeraria assistente dell’Opus Dei. L’Opus Dei recluta donne dalle classi più povere perché dedichino la loro vita a cucinare e pulire gli opulenti centri dell’Opus Dei, vivendo una vita di castità. 
Nel suo libro, Oltre la soglia: una vita nell’Opus Dei, Maria del Carmen Tapia afferma: "Secondo il fondatore, un’ausiliaria non poteva aspirare ad essere più che una buona serva… In Paesi in cui numerari e serve svolgono lavori domestici nei centri maschili della prelatura, esse ricevono un salario, molto basso, peraltro, ma nessuna previdenza sociale. In base al principio della povertà, questi salari vanno direttamente nelle casse della casa dove le serve vivono. Le serve non ricevono soldi. Si suppone che i numerari che le accompagnano paghino per qualsiasi acquisto venga fatto. Naturalmente, quando hanno bisogno di vestiti o scarpe, le ottengono, ma non possono maneggiare denaro".
ODAN è grata alla giovane donna che ha condiviso la sua difficile testimonianza. Applaudiamo il suo coraggio nel parlare delle realtà della vita da assistente numeraria. 

Sono stata membro dell’Opus Dei per sette anni. Il mio status all’interno dell’Opus era detto "assistente" numeraria. 
Il mio primo contatto con l’Opus Dei è avvenuto tramite un’inserzione per un servizio di catering in uno dei loro collegi in un giornale nazionale. L’inserzione offriva a giovani donne un certificato in economia domestica e cucina. Le interessate ebbero due colloqui, uno in casa e uno al centro dell’Opus Dei. A quell’epoca nel mio Paese vi era una forte recessione economica ed un alto tasso di disoccupazione. A potenziali studenti veniva garantita un’occu-pazione permanente a tempo pieno alla fine del corso di catering. Questo "dolcificante" influenzò la decisione dei miei genitori di iscrivermi a questa scuola particolare. Quindi, all’età di 15 anni, cominciò il mio corso di economia domestica. 
Quattro mesi dopo, ero assistente numeraria. Fui reclutata nel solito modo. Ero considerata dai membri dell’Opus Dei una leader, perciò con un’alta probabilità di influenzare altre ragazze. Tuttavia, ora comprendo che fu qualcosa di sovversivo a far sì che i direttori dell’Opus Dei mi scegliessero tra le altre studentesse. La mia famiglia aveva un problema particolare, che io avevo discusso con la mia "tutrice" durante i nostri cosiddetti "tutorials". Non seppi fino a molti anni dopo che lei aveva discusso dei problemi della mia famiglia con altre direttrici, che misero in atto un piano sofisticato per reclutarmi. 
Iniziarono col suggerirmi di pregare per la mia famiglia; poi di confessarmi settimanalmente, fare la comunione tutti i giorni e così via. Mi dissero che, se avessi seguito la volontà di Dio, la situazione della mia famiglia sarebbe migliorata. Prima che io lo sapessi, avevo una vocazione; mi dissero che sarei stata infelice per il resto della vita se non avessi fatto ciò che Dio voleva. Inoltre, il problema nella mia famiglia sarebbe peggiorato. Ero fuori di senno per il terrore, quando mi "fecero un fischio" da Roma alla Conferenza UNIV come assistente numeraria. 
Quando tornai nel mio Paese, dopo la Conferenza UNIV, mi separarono dalle altre studentesse nel corso di catering. Censuravano la mia posta in entrata e in uscita, controllavano le mie telefonate e frugavano tra i miei effetti personali. Dovevo fare un resoconto alle direttrici sulle mie attività giornaliere. Dovevo consegnare quel poco di denaro che avevo. Ciò che mi disturbò di più a quel tempo era il modo in cui i membri dell’Opus Dei analizzavano e guidavano il mio rapporto con la famiglia. Mi dicevano cosa potevo o non potevo scrivere nelle mie lettere e cosa potevo dire quando parlavo con loro al telefono. C’era sempre una numeraria nei pressi, quando la mia famiglia mi chiamava, che mi prendeva da parte per chiedermi informazioni sulla telefonata. 
Inutile dire che i miei familiari erano totalmente all’oscuro del fatto che io fossi diventata membro dell’Opus Dei. Le direttrici mi avevano detto che avrei potuto comunicarglielo solo una volta finito il corso. 
Nel frattempo mi dissero di mentire loro riguardo a ciò che stava accadendo nella mia vita quando andavo a trovarli e quando passavo le vacanze con loro. Dopo ogni visita, i membri dell’Opus Dei mi interrogavano su dove avevo dormito, di cosa avevamo parlato e quali giornali avevamo letto. 
La mia famiglia, tuttavia, vide un grande cambiamento nel mio comportamento. La mia personalità spumeggiante ed estroversa era scomparsa. Ero diventata introversa e sospettosa di tutto. 
Verso la fine del corso, mi ordinarono di parlare ai miei genitori circa la decisione che stavo maturando di aderire all’Opus Dei! I miei genitori seppero della mia decisione e impazzirono. La mia sola risposta al loro fuoco di fila di domande era "è la volontà di Dio". 
I miei genitori, molto a malincuore, mi lasciarono tornare a dare i miei esami, sperando che avrei cambiato idea. Non sarebbe accaduto. Anzi, l’Opus Dei mi trasferì in uno dei suoi Centri con molte numerarie assistenti e poche numerarie. Prestavamo il nostro servizio nella gestione di diversi Centri dell’Opus Dei sia maschili che femminili. 
Ora cominciavo ad essere pienamente consapevole della mia condizione di numeraria assistente. Non ero mai stata informata sul ruolo e le responsabilità di una numeraria assistente. Mi avevano solo detto che numerarie assistenti e numerarie erano la stessa cosa e che solo il lavoro che svolgevamo era diverso. Ma io cominciavo a capire che la mia sarebbe stata fatta di lunghe ore di lavoro duro e di nessuna vita sociale. Inoltre, era chiarissimo che non eravamo affatto nella stessa condizione delle numerarie. 
Prima di tutto, c’erano differenze materiali tra le due categorie di membri. Le numerarie indossavano abiti costosi, mentre le numerarie assistenti portavano divise con un grembiule bianco. Le numerarie assistenti possono indossare abiti civili solo se lasciano il Centro, ma si tratta normalmente di abiti di seconda mano o di poco costo. Le numerarie mangiavano in sale da pranzo separate con cibi di qualità migliore; noi invece mangiavamo gli avanzi. Le numerarie erano solitamente servite a tavola da una numeraria assistente vestita con un abito nero a maniche lunghe con colletto bianco inamidato, polsini, crestina e grembiule. Le numerarie avevano tovaglie, lenzuola, stoviglie e arredamento di migliore qualità rispetto a quello usato dalle numerarie assistenti. 
I nostri dormitori e bagni erano anch’essi diversi. Le numerarie normalmente avevano alloggi individuali, mentre le numerarie assistenti avevano camere da letto e bagni in comune. In Paesi in cui vi era un più alto numero di membri, come in Spagna o a Roma, le due categorie avevano cappelle separate. Le cappelle delle numerarie erano sontuose e ornate in oro; quelle usate dalle numerarie assistenti erano semplicemente in legno. Le numerarie assistenti usavano anche ingressi separati per entrare nei Centri dell’Opus Dei chiamati "ingressi di servizio", che di solito erano appartati sul retro dell’edificio. 
Se queste differenze tra i due gruppi apparentemente "uguali" possono sembrare semplicemente materiali, ci sono atteggiamenti molto disturbanti che sottolineano queste distinzioni. 
Il catechismo dell’Opus Dei definisce le numerarie assistenti come segue: "vi sono altre numerarie che svolgono il lavoro domestico e umile nelle case dell’Opus Dei che vengono chiamate domestiche". Mentre il termine "domestica" è stato soppresso e ora si parla di assistente o ausiliaria, in tutto il mondo la realtà continua ad essere la stessa per molte numerarie assistenti. 
Le numerarie assistenti vengono spesso reclutate in ambienti rurali, poveri e privi di istruzione, mentre i numerari tendono ad essere reclutati in ambienti colti e ricchi. Le numerarie assistenti non possono mai occupare posizioni di autorità, né possono lavorare al di fuori delle case dell’Opus Dei. 
La Tapia suggerisce che il fondatore dell’Opus Dei considerava le numerarie assistenti come dotate di intelligenza limitata o, come diceva lui, dotate "di una loro mentalità". 
Tutti i membri dell’Opus Dei ricevono un’edu-cazione in molteplici forme in corsi annuali, quindi la differenza nel tipo di educazione impartito riflette gli atteggiamenti nei confronti di ogni gruppo. I numerari seguono corsi di teologia, diritto canonico e spagnolo, mentre le numerarie assistenti frequentano corsi di igiene fondamentale, alfabetizzazione e un’istruzione religiosa elementare. 
Escrivá considerava poi le numerarie assistenti prive di emozioni umane. Per esempio, le numerarie assistenti potevano prendersi cura di bambini, mentre le numerarie no. Escrivá riteneva che il fatto di occuparsi di un bambino potesse suscitare in una numeraria l’istinto materno, mentre pensava che ciò non sarebbe accaduto in una numeraria assistente perché la reputava incapace di provare una tale emozione. 
Per ironia, i direttori ci dicevano in continuazione che noi eravamo le madri di tutti i membri dell’Opus Dei. E perché non avremmo dovuto esserlo? Cucinavamo, pulivamo, stiravamo dal mattino alla sera, sette giorni su sette, cinquantadue settimane all’anno, tutti gli anni, per questi numerari. 
A Escrivá piaceva chiamare le numerarie assistenti le sue "bambine". È noto che egli incoraggiasse un loro atteggiamento infantile. La Tapia dice che era imbarazzata nel vedere donne adulte comportarsi come tredicenni. Anche le direttrici ci incoraggiavano ad indulgere in questo atteggiamento. Dopo un po’ era diventata un’abitudine difficile da abbandonare. 
Le numerarie assistenti non potevano essere lasciate sole. Le numerarie dovevano sempre accompagnarci dovunque andassimo dentro e fuori dei Centri. Non potevamo possedere né avere accesso al denaro; le numerarie dovevano pagare per tutto. 
Questi atteggiamenti e condizioni costituivano la base della mia vita nell’Opus Dei. La mia vita era controllata e repressa e avevo pochissime possibilità di entrare in contatto col mondo esterno. I nostri giornali erano censurati e la nostra televisione veniva spesso spenta se ritenuta inadatta da una delle numerarie fanatiche. La mia vita claustrofobica lasciava ben poco spazi all’individualità o alla creatività. Come ragazze di campagna, spesso eravamo oggetto degli scherzi delle numerarie. Loro erano per lo più di città, ridevano per il nostro accento, il nostro modo di parlare e le nostre tradizioni rurali. 
Spesso eravamo anche bersaglio dei loro malumori, ma non potevamo dare loro la correzione fraterna. La direttrice stava sempre dalla parte della numeraria in questione. Vivevo una vita di conformismo e indottrinamento. Cominciai a fare domande su alcune contraddizioni che vedevo, ma venivo rapidamente tacitata con la motivazione che sarei andata all’inferno anche soltanto per aver pensato quelle cose. Per la mia mancanza di istruzione ero incapace di formulare una risposta. 
Alla fine non ne potei più. Non potevo accettare le incoerenze che avevo intorno. Ero confusa su chi fosse Dio. Mi sembrava che Escrivá fosse più venerato di Dio stesso. A volte mi accorgevo che spesso passavano settimane senza che io sentissi la parola Dio. Si parlava sempre del "padre" o del "nostro padre". Avevo bisogno del Dio che conoscevo prima di entrare nell’Opus Dei. 
Una mattina, umida e ventosa, lasciai il Centro dell’Opus Dei e le mie numerose amiche numerarie assistenti. La numeraria che mi accompagnò alla partenza lanciò la mia borsa per terra e se ne andò senza nemmeno salutarmi. Ero sconvolta dal comportamento di questa persona che apparentemente si dedicava a Dio. Quando salii sul mezzo pubblico, che mi avrebbe riportato alla mia famiglia, capii che, mentre ero nell’Opus Dei, mi avevano persino sottratto la capacità di comprare un biglietto. 
Arrivai a casa, dalla mia famiglia che mi perdonava, ferita, confusa, in preda al senso di colpa e ad un grave shock. Lentamente cominciai a capire che il mondo non era così crudele o cattivo come l’Opus Dei lo dipingeva. C’erano molte persone buone. 
Cercai di tirare avanti per un po’, dicendomi che tutto andava bene e che io potevo farcela. Tuttavia, essendo stata privata di tutte le facoltà sociali e della fiducia in me stessa, avevo urgente bisogno di assistenza psicologica. Dopo un lungo periodo, lentamente riconquistai la mia autostima. Tornai a scuola e finii la scuola e andai all’università, dove mi laureai. Spero di ottenere un master nel giro di qualche anno. Ho un buon lavoro, una macchina, una casa e una buona relazione. 
Ci sono molte numerarie assistenti nel mondo che vivono una vita simile a quella che ho descritto. Sento che i diritti umani di queste donne sono stati gravemente violati dai comportamenti e dalle regole dell’Opus Dei. Tuttavia l’Opus Dei continua a giustificare e a permettere l’esistenza di questo tipo di condizione. Essa può essere descritta soltanto come grave sfruttamento di un gruppo vulnerabile di donne nel nome di Dio. 
Conosco molte donne molto infelici e psicologicamente disturbate che stanno ancora nell’Opus Dei dando tutto per questa organizzazione. Ho vissuto in prima persona le automutilazioni di alcune di queste persone e posso ancora sentire i loro gemiti soffocati di notte. Erano diffusi depressione e disordini alimentari. Alcune numerarie assistenti che non ce la facevano più fisicamente a lavorare, vennero espulse senza spiegazioni, denaro e una casa dove andare. 
Molte non parlano per la loro mancanza di istruzione e per il senso di colpa che sentono. Molte vivono temendo i membri dell’Opus Dei e la loro capacità di compiere ritorsioni su coloro che parlano contro di essi. Mentre molta gente è consapevole dei metodi di reclutamento usati dall’Opus Dei e del tipo di vita che le numerarie vivono in particolare, la vita delle numerarie assistenti è spesso sconosciuta. Vi sollecito a interessarvi delle circostanze in cui queste donne vivono. Dobbiamo dare voce a questo gruppo di donne silenzioso, vulnerabile, dimenticato. Non ho trattato il tema delle punizioni corporali perché non erano quelle, la punizione nella nostra vita. Avevamo cose ben peggiori da affrontare. 
Vi prego di riflettere sulle parole della Carta dei diritti umani: articolo 7: nessuno deve essere sottoposto a tortura o a un trattamento crudele, inumano o degradante o alla punizione. Articolo 8 (2): Nessuno deve essere tenuto in schiavitù. 
Vi sono molti altri temi che non ho trattato. Tuttavia, ho tentato di dare un’idea della vita che le numerarie assistenti vivono. Pregate per loro.


FONTE

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