Alla fondazione milanese arriva un cda Vaticano.
Esce di scena il fondatore, don Luigi Verzè. I poteri a Profiti.
MILANO - Riparte oggi a Milano il San Raffaele con il cda della Fondazione Monte Tabor: è la prima riunione del board targato Vaticano. Sul tavolo il concordato preventivo, la riorganizzazione societaria e la redistribuzione delle deleghe. Esce di scena il fondatore, don Luigi Verzè. Il cda ha dato piene deleghe a Giuseppe Profiti, Don Verzè si farà da parte. Subito dopo la riunione d’insediamento del nuovo Cda targato Vaticano, la richiesta di concordato preventivo approderà al Tribunale fallimentare di Milano per tentare di incassare il via libera della magistratura al piano che punta a evitare un crac da quasi un miliardo di euro. Oggi si insediano nell'ente il presidente dell’ ospedale Bambin Gesù, Giuseppe Profiti, il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, l’imprenditore Vittorio Malacalza e il giurista Giovanni Maria Flick. Oltre a loro i due esponenti dell’ente non profit internazionale - Massimo Clementi (preside dell’ateneo Vita Salute) e Maurizio Pini (docente della Bocconi).
I problemi sono noti: il finanziamento della Bei da 165 milioni concesso al San Raffaele nel 2007 per supportare la ricerca e la didattica, in realtà, è servito per oltre la metà, 99 milioni per la precisione, a chiudere preesistenti finanziamenti dell’istituto di don Verzè. Il dato emerge dalla relazione redatta dalla Deloitte sullo stato patrimoniale al 31 marzo 2011, inviata al cda della fondazione Monte Tabor che valuta la richiesta di ammissione al concordato preventivo.
Il finanziamento venne annunciato in pompa magna nel 2007 come l’erogazione più importante mai concessa a un istituto italiano di ricerca. In occasione dell’accordo il direttore generale della fondazione San Raffaele, Renato Botti, aveva dichiarato che il finanziamento sarebbe servito per coprire «i costi del personale di ricerca, delle attrezzature biomedicali e dell’allestimento di laboratori e di aule didattiche all’interno del dipartimento di medicina molecolare in costruzione».
Stando alla relazione Deloitte al 31 marzo la posizione finanziaria netta del colosso lombardo della sanità era negativa per 214 milioni di cui 165 milioni costituiti proprio dal debito sul finanziamento ipotecario bei, erogato da un pool di banche coordinato da intesa sanpaolo, con un tasso di interesse fisso al 5,529%. Il contratto di finanziamento, assistito da un’ipoteca sugli immobili di via Olgettina e Cologno Monzese per un valore di 244 milioni, prevede dei covenant in parte non rispettati dal San Raffaele che è stato costretto così a stanziare 1,2 milioni di ratei passivi per lo «sforamento» di tali parametri.
Tuttavia, «nel prospettato accordo con le banche sul finanziamento ponte da 50 milioni è prevista la rinuncia da parte delle stesse banche a esigere l’importo» dei costi dello sforamento che sono pari a 800mila euro all’anno.
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