mercoledì 13 luglio 2011

AUSTRIA: 300 PARROCI LANCIANO UN "APPELLO ALLA DISOBBEDIENZA"


Sacerdoti aderenti alla Pfarrer-InitiativeVIENNA-ADISTA. Tira nuovamente aria di tempesta nella Chiesa austriaca, dove i più di 300 parroci, aderenti alla Pfarrer-Initiative – movimento nato a St. Pölten nel 2006 che chiede riforme e cambiamenti nella Chiesa e che ha programmato a Linz per il 6 novembre prossimo una grande convention – hanno lanciato, il 19 giugno scorso, festa della Trinità, un «appello alla disobbedienza».
Dopo che, lo scorso anno, l’Iniziativa dei Parroci aveva reagito duramente alle misure intraprese da Benedetto XVI in ordine alla gestione dello scandalo degli abusi sessuali, giudicandole troppo blande (chiedendo a quest’ultimo di lasciare spazio ad un organismo di giudizio indipendente che investigasse sul suo operato, oppure di dimettersi dal ministero pontificio) e aveva chiesto la convocazione di un nuovo concilio ecumenico e una riforma dell’«attuale struttura assolutista della Chiesa»,
l’ appello ora diffuso richiama a puntuali atti di disobbedienza, articolati in sette punti (www.pfarrer-initiative.at): nel corso di ogni funzione liturgica verrà recitata una preghiera pubblica per la riforma ecclesiale; non verrà rifiutata l’amministrazione della comunione a cristiani di buona volontà, quand’anche fossero divorziati risposati, membri di altre Chiese o persone che abbiano lasciato la Chiesa; non vi saranno più  “parroci volanti”, costretti a celebrare più messe in centri diversi a causa della carenza di preti, ma verrà permesso ai fedeli stessi di celebrare; da ora in poi il cosiddetto servizio della Parola con distribuzione della santa comunione sarà chiamato “celebrazione eucaristica senza prete” e sarà valida anche per le celebrazioni domenicali; si ignorerà la proibizione di far pronunciare l’omelia a laici competenti, tra cui donne che insegnano religione; faranno sì che ogni parrocchia abbia un presidente laico: uomo o donna, sposato o no, allo scopo di contrastare la fusione di più parrocchie fomentando una nuova immagine sacerdotale; infine, si approfitterà di ogni opportunità per promuovere pubblicamente l’ammissione delle donne e degli uomini sposati al sacerdozio.«Inoltre – si legge nell’appello – siamo solidali con quei colleghi che non potranno più esercitare le loro funzioni a causa della loro decisione di sposarsi, ma anche con coloro che, nonostante una relazione, continueranno il loro servizio come sacerdoti. Entrambi i gruppi, con la loro scelta, seguono la propria coscienza, come anche noi, con la nostra protesta. Vediamo in loro, come nel papa e nei vescovi, i “nostri fratelli”. Cosa voglia dire essere “confratelli”, non lo sappiamo. Uno è il nostro Maestro, e noi siamo tutti fratelli. E “sorelle”, si dovrebbe dire tra cristiane e cristiani, però. Per questo vogliamo levarci in piedi, per questo vogliamo partecipare, per questo vogliamo pregare. Amen».Dura la reazione dei vescovi a questa “chiamata alle armi”: per mons. Egon Kapellari di Graz, vicepresidente della Conferenza episcopale, essa mette a repentaglio l’unità della Chiesa. Il papa e i vescovi, ha detto in un comunicato del 28 giugno, sono ben consapevoli delle esigenze pastorali della Chiesa, ma non vi è uno stato di emergenza tale da giustificare una “corsia preferenziale” per l’Austria: «Il legame con la Chiesa universale e con il papa è parte della nostra identità irrevocabile». La lettura della situazione ecclesiale proposta dall’iniziativa dei parroci, ha proseguito, è «selettiva»; le richieste potrebbero sembrare plausibili a molti, ed è legittimo «esprimere apertamente le preoccupazioni delle comunità di fede», ma ciò «è qualcosa di completamente diverso dal fare appello alla disobbedienza, dal minare il carattere della Chiesa universale e dal rinunciare unilateralmente ad obblighi riconosciuti da tutti».
Resta da vedere se ci saranno conseguenze di tipo disciplinare per i promotori dell’iniziativa. Il 5 luglio, il card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza episcopale, ha infatti convocato il portavoce del movimento, mons. Helmut Schuller, che è stato suo vicario generale dal 1995 al 1999. Secondo quanto si legge sul quotidiano Die Press (6/7), pare che Schönborn stia preparando una lettera ai sacerdoti in cui esprimerebbe un’aspra critica all’appello, simile, nei toni, a quello di Kapellari.
Eppure nemmeno l’ episcopato è unanime su questi temi, come aveva dimostrato, l’anno scorso, un’ intervista al vescovo emerito di Eisenstadt mons. Paul Iby, in cui questi aveva messo in discussione il celibato obbligatorio e sottolineato la necessità di riparlare del sacerdozio femminile (Die Presse, 11/5/2010). Certo è che il clero austriaco non ha mai nascosto il proprio scontento e la propria disponibilità a percorrere altre strade per tener viva la credibilità della Chiesa: lo scorso anno, un sondaggio commissionato all’istituto di ricerca Gfk Austria dal programma della emittente televisiva Orf 2 Kreuz und Quer, poi pubblicato dal quotidiano austriaco Die Presse (28/6/2010), aveva evidenziato che l’82% del campione di 500 preti interpellato era favorevole all’ ordinazione di uomini sposati, e che quasi due terzi (il 62%) propendevano per l’abolizione del celibato obbligatorio; il 40% riteneva poi che avere un figlio potrebbe rappresentare un’esperienza positiva per un prete (v. Adista n. 50/10). (ludovica eugenio)
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