Una delle qualità più intriganti di papa Benedetto XVI è il suo stile intellettuale. Lui usa sempre grande quantità di costrutti teorici, come quello della laicità, per riflettere sulla condizione delle società occidentali e della Chiesa. Egli attribuisce anche regolarmente gli aspetti disfunzionali della Chiesa e della società attuale all’abbraccio con una concezione falsa della vita. E ha regolarmente attribuito gli abusi sessuali da parte del clero cattolico ad una errata visione morale. La forza di questo modo di vedere il mondo è che semplifica realtà complesse e offre un focus di riflessione [...] e dialogo a quanti hanno una visione differente. In particolare durante la sua visita in Inghilterra quest'anno papa Benedetto ha suscitato un dialogo utilissimo sul ruolo delle religioni nella società contemporanea. Il suo stile intellettuale impegna i suoi ascoltatori e mostra una prospettiva diversa, anche se poi non li persuade.
In una Chiesa si può anche essere in grado di mettere al bando la cattiva teoria, e prescrivere la vera teoria, contribuendo così a sradicare la corruzione. I punti di forza di questo stile intellettuale sono però altrettante debolezze potenziali. Quando si pensa al grande piano teorico è facile perdere le sottili relazioni che sono altresì di fondamentale importanza. Ed anche molto facile perdere le modalità attraverso cui il tuo punto di vista potrebbe essere anch’esso parte del problema e non semplicemente una guida autorevole per la sua risoluzione. Se la diagnosi è inesatta, il rimedio sarà nella migliore delle ipotesi inutile, e nella peggiore addirittura controproducente. Quando papa Benedetto addossa ad una errata concezione morale la responsabilità per gli abusi sessuali del clero, può offrire uno degli esempi della debolezza di questo stile intellettuale. Il suo pensiero l’ha affermato con forza: e lo ha fatto in almeno tre sedi. Ma di per sé il suo argomentare non è privo di plausibilità.
Esso suggerisce piuttosto come i maggiori trasgressori abbiano ricevuto una formazione basata su una teologia morale tradizionale che ha sottolineato il bene e il male delle azioni commesse indipendentemente dalle circostanze o dalle intenzioni. I membri del clero che avevano commesso abusi, riconosciuta la colpevolezza delle proprie azioni, ne alleviavano il peso confessandosi e sentendosi perdonati da Dio. La loro spiritualità si è concentrata quindi sul rapporto fra il singolo e Dio. Le radici di abusi sarebbero quindi da ricercare nel modo in cui è stata interpretata la vita cattolica e la vita sacerdotale in particolare, prima del Concilio Vaticano II, non certo nelle teorie morali che sorsero dopo di esso.
Ci si potrebbe chiedere come il potere, la sessualità, il celibato, lo status clericale, il peccato, la confessione e Dio stesso siano stati correlati alla metà del XX secolo, e quanto sia cambiato in merito alla svolta degli anni ’60 e poi successivamente. Una simile riflessione si rivolge inevitabilmente alle modalità attraverso cui l'intreccio di questi elementi ha finito per influenzare il pensiero cattolico su Dio e la Chiesa.
Le teorie morali faranno parte della trama di questo arazzo, ma il concentrarsi esclusivamente su di esse comporta una mancanza troppo rilevante.
Questi tipi di domande sono suscettibili di un paziente e intuitivo districarsi del pensiero, della storia, dell'esperienza e del linguaggio simbolico. Esse coinvolgono una buona dose di autocritica e soprattutto la disponibilità ad un cambiamento. E certamente sono meno suscettibili di analisi teoriche in termini di preconcetti. Questo non significa disconoscere lo stile intellettuale del Papa e la sua insistenza su criteri standard di oggettività morale. In un ambiente in cui molti cristiani australiani sono tra coloro che non riscontrano alcun problema morale nel traffico di persone in Malesia per fini politici, trovo l'insistenza del Papa sui valori standard morali assolutamente benvenuta.
Tuttavia, nel caso degli abusi sessuali da parte del clero, ritengo che la sua analisi non sia pertinente. E’ di fondamentale importanza invece, per la Chiesa che egli guida e per le vittime degli abusi, che l’analisi si spinga ancora più in profondità. Andrew Hamilton è consulente editoriale di Eureka Street.
http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201106/110616hamilton.pdf
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