mercoledì 15 giugno 2011
IL FEMMININO SACRO NEL CICLO ARTURIANO
Qual è il colore caratteristico delle serpi, come del rettile della Genesi? Di che colore gli abiti generalmente associati – dopo relative istruzioni papali – alla peccatrice redenta, la Maddalena penitente? Di che colore la vegetazione del paradisiaco locus amenus dei miti idilliaci di saturnina età aurea, narrati in tutto il globo? Quale il colore emblematico della Grande Madre, la si chiami Aruru, Artemide o Cibele, primo oggetto di venerazione da parte dell'Homo Sapiens? Quale il colore delle foglie di cannabis, usate dagli antichi, al pari dei funghi allucinogeni, come tramite per comunicare col divino? Quale la tonalità della pelle di deità dell'antica quanto fertile valle di Hapys (il Nilo), come Seth, il mitologico rettile, o Apophys, che etimologicamente quanto artisticamente è associato alla “serpe”? La serpe... il cerchio si chiude.
Qual è infine il colore che tinge da protagonista tutta l'opera anonima, il Sir Gawain and the Green Knight?
La risposta a tali e molti altri quesiti è sempre e inevitabilmente una: il “verde”.
Verde come la Madre Terra venerata in modo esclusivo nel Paleolitico, la quale assunse un valore completamente differente nel Neolitico: la Grande Madre che provvedeva ad assicurare all'uomo quanto necessitava fu avvertita come “traditrice” dopo la fine dell'ultima era glaciale (vale a dire nel 9500 a.C.). Ora era il Sole a donare calore e pioggia – indispensabile quest'ultima per coltivare. Nacquero l'agricoltura e l'allevamento, e con loro la società patriarcale.
È a questo punto che il verde (la Terra) acquista un significato complessivamente opposto a quello precedente: la madre amorevole e dispensatrice di ogni bene è ora la tentatrice, avendo l'uomo collegato il coito al parto e sottolineando l'aspetto meramente erotico del femminino, a discapito della sacralità precedentemente attribuita alla sua funzione materna (simboleggiata dalle cosiddette “veneri preistoriche”).
Tuttavia anche nell'età classica, il mito della Grande Madre si conservò, dietro a dee come Afrodite, Artemide, Venere o Diana, od anche dietro a deità maschili come Dioniso (protettore delle feste, del divertimento, del raccolto, del vino e delle orge – tutti elementi sacri alla Grande Madre paleolitica) o Pan. Pan, associato al capro (poi simbolo di Baphomet, Bafometto, il demonio), che, tramite la sua espiazione (il “capro espiatorio”), donava vita, fertilità (come le Terra, la natura). Le corna del capro erano simboli fallici di fertilità e il nome di questa divinità (Pan) richiama il panteismo, la forma di culto del femminino, ove l'uomo si sente unito alla sua Madre Terra e si ritiene pertanto parimenti divino.
In ogni caso, con la caduta – seppur parziale – del mito della Dea Madre, sorsero racconti come il Rotolo della Tentazione (conservato attualmente presso il British Museum londinese), sostanzialmente analogo a quello contenuto nei primi capitoli della Genesi. Qui, nel Rotolo, più esplicito del primo libro mosaico, il “verde” è sinonimo della presunta natura tentatrice del femminino. Non a caso sarà il serpente (da sempre associato alla Madre Terra in quanto fonte di veleno e di cure, e pertanto ambivalente al pari della Grande Madre) a tentare Eva, e la donna (châwâch, Eva in ebraico, significa proprio “donna”) a tentare Adamo.
La donna, nella concezione teologica giudaico-cristiana sarà simbolo di un shatan, secondo la valenza ebraica del termine, vale a dire “tentatore”, “accusatore”, sottoposto però a Dio, e non suo nemico, come nella concezione puramente cristiana di Satana, identificato col demonio e con Lucifero. La menzione di Luxi-fer, “portatore di luce” merita particolari attenzioni: “Lucifero” era infetti un nome riferito a Venus, Venere, dea della fertilità e imago della Grande Madre.
È interessante quindi come il “verde”/femminino divenga a questo punto sottomesso al concetto di “bene”, personificato e inteso come Sole (prima) o come Dio (in seguito), dove per “Dio” si intenda il dju indoeuropeo, associato alla luce, al pari del Sole. Il “verde” è dunque ciò che tenta i figli di Dio, ponendoli alla prova (tramite insidie) per verificare il loro rigore morale: in altre parole, per valutare se siano effettivamente degni del loro status di figli amati dal Signore.
Ed è esattamente questo il valore che assume il colore verde nel Sir Gawain and the Green Knight: è il Cavaliere Verde (the Green Knight), stregato da Morgan le Fay, che porrà alla prova Galvano (Gawain). La sua domina è appunto Morgana, Morgaine in goidelico scozzese e Murgein (poi Urgein) in gaelico irlandese, il cui nome è etimologicamente legato al “mare” (mer in francese, la lingua degli autori della maggior parte delle opere del ciclo bretone) e dunque alla “madre” (mère). Infine Gawain non si rivelerà degno d'esser cavaliere, poiché privo del coraggio necessario per affrontare il Cavaliere Verde unicamente con le proprie forze.
Ecco dunque un “Cavaliere Verde” che mette alla prova, o tenta, al pari di Eva, emblema della Grande Madre (il “verde”), intesa come insidiosa tentatrice, anziché amorevole madre, come era invece per gli uomini del Paleolitico e anche in certi ambienti dell'età classica, ove dietro a divinità maschili si celava la sacralità – prettamente femminile – di Madre Natura.
http://conoscenzaliberta.myblog.it/archive/2010/12/31/il-femminino-sacro-nel-sir-gawain-and-the-green-knight.html
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