Tutto l’elenco è come sempre ad altissimo livello: ci sono i big dei più importanti gruppi web, da Jeff Bezos, fondatore di Amazon a Chris Hughes co-fondatore di Facebook, assieme a esperti di sicurezza informatica, militari, banchieri, teste coronate come Sua Maestà la regina dei Paesi Bassi.
I RAPPRESENTANTI DELL’UE. E ancora Joaquìn Almunia, il vicepresidente della Commissione europea, e Neelie Kroes commissario per il Digitale della Ue, Pascal Lamy, direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet. Solo un russo, Alexey Mordashov, numero uno di Severstal.
Per la Cina era presente il viceministro degli Esteri Fu Ying. Il Cancelliere dello scacchiere britannico, il conservatore George Osborne accanto a Peter Mandelson, l’eminenza grigia degli anni blairiani.
Non sono mancati, poi, i veterani del meeting come David Kissinger e David Rockefeller. E giornalisti di spicco come John Micklethwait, il direttore dell’Economist.
TRA CRISI ECONOMICA E RIVOLTE ARABE. Mente l’evento 2010, a Sitges, in Spagna, aveva all’ordine del giorno ‘la crescente influenza del Cyber Technology’, ‘Promises of Medical Science‘ (le promesse della medicina) e ‘Can We Feed the World‘ (Come è possibile nutrire il mondo). Quest’anno, secondo le indiscrezioni, in primo piano ci sono la crisi economica con focus sui Pigs europei a rischio crac, il ruolo delle nuove tecnologie e la Primavera araba.
«UN INCONTRO TRA AMICI». Durante le riunioni, ha reso noto il sito ufficiale di Bilderberg, «non vengono proposte risoluzioni e non ci sono votazioni». E allora, qualcuno si è chiesto, perché si riuniranno? Andrew Kakabadse, guru della consulenza e professore di management internazionale allo sviluppo presso la Cranfield University (un ateneo con solidi legami nel settore dell’ingegneria e della difesa) lo ha definito «fondamentalmente un incontro di amici».
Il sito web ufficiale, nato solo nel 2010 (prima non esisteva forma di pubblicità) lo definisce «un piccolo forum internazionale, flessibile, informale e ufficioso… dove non si prendono decisioni e non si fa politica». Insomma, una conferenza organizzata da una commissione permanente (steering Committee) della quale fanno parte due membri di circa 18 nazioni.
L’attuale presidente, il belga Etienne Davignon, disse nel 2009 al giornale EuObserver che il Bilderberg aveva aiutato la creazione dell’euro negli Anni ’90.
TEORIE COSPIRATIVE NEL WEB. Il fatto che le discussioni che vi si svolgono siano top secret – non sono mai registrate o riportate all’esterno – ha infiammato, in Rete, le teorie su un complotto élitista che mirerebbe all’instaurazione di un «nuovo ordine mondiale».
E c’è anche chi ha ironizzato sul curioso effetto di Re Mida al contrario che avrebbe la scelta della sede (almeno negli ultimi anni: i meeting 2009 e 2010 si sono tenuti in Grecia e Spagna). E già si è chiesto: che succederà ora alla Svizzera? Nel Paese elvetico qualcuno, come il leader dei giovani socialisti, ha provato a protestare per la «scarsa trasparenza» della riunione. Ma è stato messo subito a tacere.
ROCKEFELLER AL SUVRETTA. Di certo c’è che i lavori del club 2011 si sono tenuti al Suvretta, lussuoso hotel di St. Moritz tra eccezionali misure di privacy: un telone di plastica è stato alzato attorno all’albergo per impedire ogni sguardo indiscreto. Solo pochi, fugaci scatti hanno immortalato i profili di alcuni big – come David Rockefeller – all’interno della auto che li accompagnavano al meeting.
«CULLA DEL CAPITALISMO GLOBALE». Kakabadse ha intervistato alcuni dei passati partecipanti per capire come operi la rete di infulenza globale. «Bilderberg è il luogo dove si plasma la visione del mondo transatlantica e capitalista», ha spiegato aLettera43.it. «Lo chiamerei smart power, cioè creare un consenso intorno a idee che poi vengono trasferite nella società da chi ha ruoli di responsabilità».
E la trasparenza, il controllo democratico? Secondo Nada Kakabadse, «questi incontri hanno due facce: è positivo il fatto di poter contare su un’élite coesa che riduce il rischio di guerre e conflitti. I dubbi, invece, sorgono sugli interessi promossi da riunioni estranee al sistema di elezioni democratiche. Forse sono quelli di individui molto benestanti?».
IL VALZER DEGLI INVITI. Domande che restano in sospeso. Di certo, tutti gli intervistati hanno riconosciuto che «è un onore essere nella lista. Solo esserlo stati indica la posizione raggiunta nella vita».
Capitò a Margareth Thatcher, a Tony Blair e Gordon Brown tra gli altri, invitati alla vigilia della loro incoronazione a leader. «Tanto che», ha scherzato la Kakabadse, «uno potrebbe domandarsi se siano diventati leader perché invitati o invitati perché in procinto di diventarlo». Un po’ come la questione dell’uovo e della gallina. Più scomoda, invece, è un’altra domanda. Che è quella che si fanno, sconsolati, tutti quelli ammessi una sola volta al club. E che poi sono stati ignorati. (di Daniele Lorenzetti)
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