21 aprile 2011 - Lo rivela l’ Espresso. Avere il papa dalla propria parte avrebbe evitato contestazioni alle guerre in Kossovo e in Iraq.
L’amministrazione americana ai tempi di George W. Bush voleva arruolare Karol Wojtyla cercando una benedizione per la guerra giusta o quantomeno una neutralità positiva che non avrebbe compromesso i piani di battaglia americani. I dossier segreti ottenuti da Wikileaks, che L‘ Espresso pubblica in esclusiva e di cui ha dato un’anticipazione all’Ansa, rivelano le manovre della diplomazia statunitense negli ultimi anni di Karol Wojtyla. Descrivono la collaborazione del Vaticano durante il conflitto in Kosovo, quando Giovanni Paolo II viene convinto a non denunciare i raid contro la Serbia.
DIFESA DEI PROPRI INTERESSI –
Ma, secondo quanto riferisce il settimanale, anche sull’Iraq cardinali e alti prelati erano pronti ad aprire le porte di San Pietro alle ragioni di Bush, sostituendo le valutazioni morali al pragmatismo su cosa sarebbe successo dopo la rimozione di Saddam Hussein. Il governo statunitense avrebbe avuto, secondo Wikileaks, una visione molto laica del Vaticano: “La Santa Sede dichiara che il fondamento della sua politica estera è la difesa della persona umana ma in realtà spesso agisce come uno Stato-nazione nella difesa di quelli che percepisce come i suoi interessi. Washington invece vuole sfruttare il Vaticano, che ha una rete diplomatica ramificata e potente, per dare più forza alla sua strategia. Il modello è l’intesa con Wojtyla contro il comunismo costruita durante la Guerra fredda: Un dialogo con vantaggi reciproci”.
BALCANI – Dopo la caduta del Muro Il governo statunitense coinvolge la Santa Sede nella soluzione dei conflitti nei Balcani. Infatti, a quanto si legge, gli americani dichiarano: “Durante la campagna aerea della Nato in Kosovo abbiamo lavorato a stretto contatto con il Vaticano per eliminare le sue critiche all’azione militare (una denuncia del Papa della campagna come una ‘guerra ingiusta’ avrebbe reso la coesione dell’ Alleanza molto più difficile da mantenere)”.
11 SETTEMBRE – Dopo l’11 settembre 2001 la Casa Bianca si concentra subito sull’obiettivo principale: ottenere il consenso della Santa Sede a un attacco contro l’Iraq. E’ una questione che viene affrontata in un cablo del 28 settembre 2001: “Per quanto gran parte dei membri del Ministero degli Esteri vaticano potrebbero essere personalmente in favore di una risposta aggressiva, la posizione ufficiale della Santa Sede sarà basata sulle preoccupazioni geopolitiche del Vaticano. In questo specifico conflitto, l’Iraq è prevalente nelle loro preoccupazioni. Ogni rappresaglia che dovesse includere l’Iraq minerebbe la positiva neutralità del Vaticano”. Gli americani convincono il Vaticano a sostenere la necessità di cacciare Saddam e ad approvare un’iniziativa militare sotto l’egida delle Nazioni Unite.
(Ansa)
PASSATO SENZA IMPORTANZA – Il 6 febbraio 2003, all’indomani del celebre discorso all’Onu in cui vengono mostrate le presunte prove sulle armi di distruzioni di massa di Saddam, l’ambasciatore americano incontra monsignor Franco Coppola, responsabile per il Medio Oriente. Il prelato dice che “il Vaticano non è contrario al fatto che Saddam sia una minaccia per il mondo e per il suo popolo e che dovrebbe essere rimosso”. Quando i marines entrano a Baghdad, davanti al falco neocon Bolton tre cardinali chiave – oltre a Tauran, Camillo Ruini e James Stafford – paiono pronti a dimenticare e perdonare: “I tre cardinali hanno espresso il loro rispetto per la difficile decisione che il presidente Bush ha preso e il loro apprezzamento per gli sforzi americani per evitare perdite civili… Tauran e i suoi colleghi hanno reso chiaro che non intendono proseguire nel dibattito sulle motivazioni della guerra ma guardano oltre al futuro dell’Iraq e ai bisogni della popolazione’. E Ruini dichiara: “Se il futuro andrà bene, il passato perderà la sua importanza”.
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