Da centocinquant'anni c'è stata una rivoluzione nella nostra conoscenza della Bibbia. Il mondo nel quale essa è stata creata è ormai accessibile grazie all'archeologia, alla filologia semitica e a tutte le altre scienze applicate alla Bibbia. L'ambiente universitario propone ormai una concezione assolutamente nuova di questi testi e del loro significato. Ho voluto rendere accessibile il risultato di queste ricerche attraverso il mio libro, ma ho cercato allo stesso tempo di vederle in una prospettiva più ampia, quella della storia dell'interpretazione biblica.
A dire il vero, questa lettura dei testi biblici (gran parte dei quali risaliva già a diversi secoli prima) era radicale quanto quella dei ricercatori moderni, e la trasformazione del senso apparente di questi testi non era affatto meno significativa. Esistevano in effetti diverse scuole di interpreti, alla fine del periodo biblico, tra il terzo e il primo secolo prima dell'era cristiana, il cui scopo era di modificare il senso evidente del testo, a favore di una lettura più attuale e spesso più moralizzante. Per fare questo, cercavano ovunque un senso nascosto dietro il senso apparente.
Un esempio tra gli altri è la storia di Adamo ed Eva. Tutti sanno che questa storia tratta del peccato originale e della caduta dell'uomo. All'inizio, Adamo ed Eva avrebbero dovuto vivere una vita eterna e senza peccato in un meraviglioso giardino. Ma il diavolo, sotto la forma di un serpente, sarebbe venuto a tentare Eva con la mela dell'albero proibito, e avrebbe provocato la caduta di questa prima coppia di esseri umani, e da allora gli uomini vivono una vita mortale e dolorosa. Tutti sanno questo, eppure, nessuno di questi dettagli figura nel racconto della Genesi. Non c'è traccia di peccato originale, né della “caduta dell'uomo”. Il testo non parla mai di una esistenza eterna, non c'è neppure traccia del diavolo, ma solo di un serpente parlante. Anche la presentazione del frutto come mela non si trova nel testo. Tutti questi dettagli sono dovuti agli antichi interpreti e si sono imposti sul racconto biblico e continuano ad imporvisi ai nostri giorni.
L'Antico Testamento è ricco di esempi simili: l'interpretazione tradizionale ha presentato Abramo come il primo monoteista e Giacobbe come “Giacobbe il Giusto”, ma un esame scrupoloso della Scrittura rivela che queste idee non provengono dal testo scritto. Di nuovo, sono il frutto degli antichi interpreti.
Come ad esempio nel Libro dei Giubilei, un testo apocrifo redatto all'inizio del II secolo prima dell'era cristiana, che racconta quasi tutto il libro della Genesi ed una parte dell'Esodo con particolari nuovi. Credo che l'uomo che lo ha scritto avesse l'intenzione che fosse accettato come parte integrante del corpus mosaico. Del resto, il testo è scritto imitando in maniera molto rigorosa l'ebraico biblico, una lingua che non era più di uso quotidiano per l'autore e per i suoi lettori.
A mio avviso, non si può ignorare l'esistenza di ciò che l'archeologia, la filologia e le altre discipline hanno potuto scoprire a proposito della Bibbia. Nessuno vuol far parte di una religione che chiude gli occhi di fronte alla realtà. Ma allo stesso tempo, la sostituzione di questo nuovo modo di comprensione arci-letterale del testo rappresenta una deformazione di ciò che la Bibbia è sempre stata.
Fin dall'inizio, ancor prima che le ultime parti dell'Antico Testamento avessero visto la luce, e molto prima che il canone biblico venisse fissato in maniera definitiva, si leggevano questi testi alla maniera autorizzata dagli antichi interpreti.
La bibbia non si riduceva mai alle sole parole sulla pagina. La cosa era assolutamente chiara per quanto riguarda l'ebraismo. L'idea principale dell'ebraismo come religione è che tutte le azioni di ogni uomo e donna nella vita quotidiana dovrebbero essere rivolte a Dio.
Per fare questo, esiste la Bibbia, certo, che serve da guida. Ma l'ebraismo non si riduce mai a ciò che è scritto nel Pentateuco. Ci sono delle benedizioni, delle preghiere da recitare, e tutti gli altri atti – rituali e altro – da fare nel corso della giornata, passando da una moltitudine di prescrizioni sullo shabbat, sulle feste, ecc. Obbedendo a queste leggi, conformandovisi al meglio, si rivolge – almeno in teoria – la propria attenzione verso Dio. Per far questo, il testo letterale della Bibbia era solo un punto di partenza, e molto spesso era evidente che non si poteva prendere il testo alla lettera.
Nel libro propongo l'esempio della famosa legge del taglione, dove l'ingiunzione occhio per occhio viene reinterpretata dai rabbini in senso opposto. Un occhio perduto deve essere risarcito, ma in nessun caso vendicato con la stessa azione. Nelle interpretazioni si ritrova sempre questa idea, che il testo dice una cosa, ma che in verità significa altro. E molto spesso tra il testo e la sua interpretazione si fanno sentire grandi differenze.
Questo pericolo esiste, soprattutto in assenza di una interpretazione tradizionale, perché allora tutto rimane aperto. Si sono viste ad esempio, soprattutto dopo la riforma protestante, delle interpretazioni che giustificavano la pena di morte per la violazione dello shabbat, o che legittimavano la schiavitù, ad esempio. A dire il vero, credo che questo pericolo può presentarsi anche negli ambienti dell'interpretazione più tradizionale.
Chiunque conosca la storia dell'interpretazione biblica sa, ahimè, che le persone hanno sempre avuto la tendenza a sviare il senso del testo a favore delle proprie idee politiche o altro.
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