giovedì 5 maggio 2011

FEDE CONTRO SCIENZA: L' INQUISIZIONE ROMANA


Il cannocchiale di GalileoL' Inquisizione, rifondata nel 1542 da Paolo III con il nome di Congregazione della sacra, romana ed universale Inquisizione del santo Offizio, fu uno strumento per attaccare in ogni modo i riformisti protestanti ed anche per stroncare ogni minima affermazione che azzardasse il mettere in discussione qualunque pretesa verità riconosciuta dalla Chiesa. Conosciamo tutti i clamorosi, violenti, intolleranti e crudeli processi a Giordano Bruno ed a Galileo Galilei, ma non ci siamo mai occupati delle migliaia di processi e d ovvie condanne al rogo o ad altre torture(5) che si accompagnarono a quelli noti.
In questo periodo storico, se ve n'era ancora bisogno, si sancì la totale intolleranza della Chiesa con la scienza, con ogni dibattito su cose attinenti la natura che non fosse riconducibile all'Aristotele reso accetto alla Chiesa da San Tommaso.
 Il processo ed il rogo di Giordano Bruno segnano l'apertura dell'Anno Santo del 1600 e dell'anno in cui bracieri, roghi e fumo distrussero la splendida ricerca scientifica italiana che ci faceva primi nel mondo e aveva reso l'Italia meta dei pellegrinaggi dei massimi ingegni d'Europa.
Eppure Galileo aveva iniziato un dialogo su Fede e Scienza. Tra il 1613 ed il 1615 si preoccupò di tranquillizzare i cattolici suoi correligionari. Tentò un discorso importantissimo sui rapporti tra scienza e fede. Iniziò nel 1613 con una lettera al suo amico benedettino  e scienziato Benedetto Castelli. Seguirà nel 1615 la lettera a Cristina di Lorena (che sembra aver avuto la supervisione teologica dello stesso Benedetto Castelli soprattutto per quel che riguarda le "citazioni scritturali e patristiche" e considerato un capolavoro nel suo sforzo di riconciliare i testi biblici con le scoperte scientifiche). In tali lettere, e particolarmente nella seconda si prese spunto proprio da un Dottore della Chiesa Sant'Agostino nella sua opera "De genesi ad litteram". Ciò che Galileo (con Castelli) sosteneva è quanto meno ragionevole. Dio, nel dettare le Scritture ai Profeti si rivolgeva loro con il linguaggio che loro potevano intendere. Pertanto se vi sono discordanze tra lo studio della natura e le Scritture, sono queste ultime che debbono essere adattate alle scoperte scientifiche. Scriveva Galileo: Alcune proposizioni delle Scritture "sì come dettante lo Spirito Santo, furono in tal guisa profferite da gli scrittori sacri per accomodarsi alla capacità del volgo assai rozzo ed indisciplinato. ... Stante, dunque, ciò, mi pare che nelle dispute di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalle autorità di luoghi delle Scritture, ma dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioni necessarie ...".(6) Niente.  Agostino dove c'è Tommaso non ha, o almeno non aveva, possibilità di successo.  Non c'era dialogo possibile, solo inchinarsi al volere ed ai dogmi. Come è oggi che dovunque si faccia scienza la Chiesa schiera suoi pretoriani e servi docili non per dialogare ma per condannare, bloccare e ricattare. Quando qualcuno parla di dialogo da parte della Chiesa lo fa perché sa che si tratta di un imbroglio, per smorzare la polemica perché sa che comunque vadano le cose si fa come dicono loro. Da parte laica chi parla di dialogo è solo uno sciocco illuso della buona fede che da 2000 anni la Chiesa non ha MAI avuto.
        Come è noto Galileo ebbe problemi che da apparentemente semplici divennero gravi e poi drammatici. In breve ricapitolo la situazione. Il 3 marzo 1616 era stato emesso dal Sant'Uffizio il Decreto che metteva al bando le opere di Copernico o copernicane pur non dichiarandole eretiche. Nessuna opera di Galileo fu toccata ma, quello stesso anno Galileo fu convocato dal Cardinale Bellarmino nella sua residenza di Santa Maria in Via e, alla presenza del Commissario generale Segizi (notaio) e di due testimoni, lo AMMONI' di essere in errore e di abbandonare le sue credenze. Galileo acconsentì. Ma la sua convocazione aveva creato panico da una parte e maldicenze dall'altra. C'era chi diceva che la sua opera era stata condannata dalla Chiesa con grave nocumento per la sua persona oltre che per la sua opera. Allora Galileo scrisse una breve e dignitosissima lettera al Cardinale Bellarmino chiedendogli un certificato che oggi chiameremmo di buona condotta. Bellarmino scrisse tale certificato che così recita:
"Noi Roberto Cardinale Bellarmino, havendo inteso che il Sig.or Galileo Galilei sia calunniato o imputato di havere abiurato in mano nostra, et anco di essere stato per ciò penitenziato di penitentie salutari, et essendo ricercati della verità, diciamo che il suddetto Sig. Galileo non ha abiurato in mano nostra né di altri qua in Roma, né meno in altro luogo che noi sappiamo, alcuna sua opinione o dottrina, né manco ha riceuto penitentie salutari né d'altra sorte, ma solo gl'è stata denuntiata la dichiarazione fatta da N.ro Sig.re et publicata dalla Sacra Congregazione dell'Indice, nella quale si contiene che la dottrina attribuita al Copernico sia contraria alle Sacre Scritture, et però non si possa difendere né tenere. Et in fede di ciò habbìamo scritta et  sottoscritta la presente di nostra propria mano, questo dì 26 di Maggio 1616."
Ma vi è di più ed il documento che dà buon peso a quanto detto fu scoperto nel 1849 nella brevissima e stupenda stagione della Repubblica Romana. Negli Archivi Vaticani il fisico Silvestro Gherardi trovò un documento(7) a circolazione interna che così dice:
"Il Cardinale Bellarmino riferisce che Galileo Galilei matematico è stato, giusta gli ordini di questa S. Congregazione, ammonito di aver a abbandonare [deserendam, che sostituisce il cancellato disserendam] l'opinione che ha finora sostenuto, essere il Sole, ecc. e che ha acconsentito [acquievit] ; ed essendo stato fermato il decreto della Congregazione dell'Indice, il quale interdice e sospende rispettivamente gli scritti di Nicolo Copernico, Didaco a Stunica e Paolo Foscarini, il Santissimo ha ordinato che tale decreto d'interdizione e sospensione venga pubblicato dal Maestro del Sacro Palazzo."
Tutto sembra limpido ma con la Chiesa non c'è mai nulla di limpido fino in fondo. Ciò che era accaduto in termini giuridici era che Galileo non aveva avuto alcuna condanna tanto da essere di seguito essere considerato recidivo. Per quest'ultima eventualità sarebbe stato necessario non l'AMMONIZIONE ma un PRECETTO da parte di Bellarmino che, come abbiamo visto, non vi fu mai. Quando però Galileo tornò a processo nel 1633 si trovò di fronte una gravissima manipolazione, un altro falso creato contro di lui. Egli venne immediatamente messo sotto accusa per il suo essere recidivo nel difendere le teorie copernicane. Questo essere recidivo era relativo al preteso PRECETTO che gli sarebbe stato fatto da Bellarmino nel 1616. Galileo nega. Gli inquisitori insistono ma Galileo non ricorda alcun precetto. Come se nulla fosse gli inquisitori gli chiedono se ha fatto vedere il precetto a coloro che seguivano le vicende del Dialogo sui Massimi Sistemi del Mondo e che dovevano rilasciare le varie autorizzazioni (imprimatur). Galileo chiede allora di vedere il Precetto che, in quanto tale, deve risultare agli atti controfirmato da colui a cui era stato fatto (siamo nell'aprile 1633). Qui fu costruito uno dei falsi più ignobili della Chiesa (tra quelli noti, dico ...). Il libro dei Precetti e di ogni atto giudiziario in genere, a seguito della carta che era molto assorbente e quindi faceva trasparire tracce di inchiostro sul retro della pagina medesima, questo libro era scritto solo nelle pagine dispari, mentre le pari erano lasciate bianche. Solo il Precetto a Galileo è scritto alla data giusta sulla pagina pari! Ma vi è di più, all'atto del Precetto, l'accusato doveva apporre la sua firma sotto l'atto: la firma di Galileo in questo atto non compare. Tutti gli storici concordano in quanto ho detto: il Tribunale del Sant'Uffizio costruì un falso per poter condannare Galileo nel processo che ora gli faceva, sulla base della recidività.
        Galileo fu condannato (e come poteva non esserlo ?) ed abiurò In Roma, nel Convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633. Giorno nero per la Chiesa, vera tomba di ogni dialogo checché ne dicano alcuni sciocchi. Data funesta che faceva coppia con il 17 febbraio 1600 quando fu ammazzato Giordano Bruno.
        Per quanto discuterò sugli indegni attacchi che ancora oggi provengono dalla Chiesa (a tutti i livelli, a partire dai Papi fino ad arrivare ai più ossequienti servi docili ed ai giornalisti saputelli che snza leggere nulla dicono che Giovanni Paolo II ha riabilitato Galileo, cosa falsa) contro Galileo, è utile osservare che la collocazione del fascicolo «Processo a Galileo» negli Archivi del Vaticano è sotto la voce «criminale» (tra le possibili: dottrinale, giurisdizionale, civile ed economica). Ed è anche utile sfatare un comodo mito. Si sostiene che Galileo era sinceramente pentito e che ubbidì di buon grado alla Chiesa essendo un cattolico osservante (sciocchezze di questo tipo le dice anche Zichichi, ma questo stupisce solo qualche allocco). I fatti mostrano che Galileo aveva ben altre mire al momento della condanna e dell'abiura. Galileo dal domicilio coatto scrisse per la pubblicazione, all'estero purtroppo, la più copernicana tra le sue opere, i Discorsi e Dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (Leiden 1638). E questo fatto la dice lunga sul pentimento e sulla vergognosa abiura impostagli. La Chiesa, per parte sua, mantenne con pervicacia la condanna fino alla fine. Inoltre impiegò circa 200 anni per togliere il divieto alle opere di Galileo e a sostenere ed insegnare le teorie copernicane.
        Un solo cenno al Processo a Giordano Bruno tanto per far capire in cosa consiste in dialogo tra fede e ragione per i gerarchi vaticani.
        Bruno è stato uno dei massimi pensatori europei del Cinquecento. Scisse moltissime opere e molte altre, quelle dell'ultimo periodo non ci sono pervenute perché sequestrate e fatte sparire dall'Inquisizione. Dopo aver percorso l'intera Europa come consigliere ed amico di principi e sovrani vari, Bruno aveva nostalgia dell'Italia e si lasciò convincere da un bottegaio arricchito di Venezia, tal Mocenigo, a tornare in Italia, a Venezia. Il bottegaio pagava bene, offriva anche casa ma voleva conoscere i misteri della Magia in cui Bruno era maestro (su questo argomento, per non capire in modo distorto, si legga il mio Religione, Magia e Scienza nel Rinascimento italiano). La Magia di Bruno era l'arte delle mnemotecnica e comunque magia naturale, il modo di conoscere la natura che egli sempre distinse dalla magia nera. Invece Mocenigo, da ignorante qual era, intendeva conoscere i segreti che gli permettessero di arricchirsi ancora di più (un poco come certi nostri uomini politici di primissimo piano si fecero massoni). Bruno spiegava ed egli non capiva (e come poteva ?). Così si sentì truffato e lo denunciò al Tribunale dell'Inquisizione sapendo che era ricercato da Roma. Fu arrestato a Venezia che mai aveva dato estradizione ma che questa volta su fortissime pressioni della Chiesa cedette. Finché il processo rimase a Venezia, 1592, si ha la documentazione pressocché integrale di tutti gli atti. Arrivato a Roma non si ha più nulla di certo fino alla Repubblica Romana quando qualcosa riuscì ad essere recuperata dagli Archivi Vaticani ad opera di Giacomo Manzoni. Altri documenti furono resi noti da Spampanato nel 1924 finché nel 1942 la Curia di Roma fece uscire un "Sommario del processo di Giordano Bruno" a cura del Cardinale Mercati che, secondo loro era tutto ciò che c'era ancora negli Archivi (naturalmente è falso come è dimostrato dallo smentirsi tra preti). Nel Sommario di Mercati si legge: che già nel 1849 non vi erano negli Archivi Segreti altri documenti sul processo altrimenti "gli astiosissimi ed ignoranti anticlericali li avrebbero trovati"; che i documenti si persero tra il 1815 ed il 1817 quando da Parigi, dove li aveva trasferiti Napoleone nel 1810, si stavano riportando a Roma; che Marino Marini, all'epoca prefetto degli Archivi, ritenne inutili tutti i documenti dei processi del Santo Uffizio e ne autorizzò la distruzione (questa neanche il mio cagnolino Alf se l'è creduta), previa autorizzazione del Cardinale Consalvi che, in quel momento era "distratto". I resti di quella carta furono venduti a Parigi ad una fabbrica di cartoni per 4300 franchi; che "fortunatamente è stato testè (1940) rinvenuto una specie di sommario di tutto il processo". Più oltre, in altro contesto, si legge che Marini ebbe a dire, quando si concluse la Repubblica Romana, "gli Archivi conservano attualmente il loro stato d'integrità che vantavano prima di queste luttuose vicende". È interessante notare che nessun cenno fa il Marini ai traslochi napoleonici. Ciò è davvero incredibile inoltre Napoleone fa un trasloco per appropriarsi di sciocchezze o comunque non cerca documenti a lui ed alla sua causa utili. Napoleone era noto per occuparsi di cose di Scienza e di cultura in genere. Tutto ciò per dire che non abbiamo documentazione credibile. I capi di imputazione(10) ed i testi (prima solo Mocenigo poi due galeotti ai quali fu garantita la libertà se accusavano Bruno e poi vari eretici che avevano condiviso la prigione ma non tutti i suoi compagni di cella) sono tutti quelli contro Bruno. Sono sparite dai documenti le sole pagine (miracolo di Dio !) dove ci dovevano essere i testi a difesa e le argomentazioni di Bruno contro i fratacchioni inquisitori.
        Bruno, isolato in carcere, il 20 dicembre 1694 presenta un memoriale a propria discolpa. Intanto viene sottoposto a continue torture. Nel 1596 vengono proibite tutte le sue opere. Nel 1599 stette sul punto di cedere ma poi dichiarò di non avere di che pentirsi e sfidò ad una discussione qualsiasi filosofo scolastico. Il 20 gennaio 1600 (anno di Giubileo eccezionale), il Papa Clemente VIII decise di consegnare Bruno al braccio secolare (perfida ipocrisia perché si diceva che andava ammazzato senza spargimento di sangue). L'8 febbraio, nel palazzo del Cardinale Madruzzi lo si degrada da sacerdote (!) e gli si comunica la condanna.
DI ROMA, LI 12 FEBBRAIO 1600 SABBATO
Avviso di Roma
    Hoggi credevamo vedere una solennissima giustitia, et non si sa perché si sia restata, et era di un domenichino di Nola, heretico ostinatissimo, che mercoledì, in casa del cardinale Madrucci sententiarono come auttor di diverse enormi opinioni, nelle quali restò ostinatissimo, et ci sta tuttora, non ostante che ogni giorno vadano teologhi da lui. Questi frati dicono sia stato due anni in Genevra; poi passò a legere nello Studio di Tolosa, et poi in Lione, et di là in Inghilterra, dove dicono non piacessono punto le sue opinioni; et però se ne passò in Norimbergh, et di là venendosene in Italia, fu acchiappato; et dicono in Germania habbia più volte disputato col cardinal Belarmino. Et in somma il meschio, s'iddio non l'aiuta, vuol morir ostinato et essere abbruggiato vivo.
        Mentre questa condanna veniva pronunciata Bruno disse "avete più paura voi ad emanare questa sentenza che non io nel riceverla" . Il giovedì 17 febbraio  nel Carcere di Tor di Nona gli viene conficcato un chiodo ricurvo nella lingua perché non possa più parlare ("la mordacchia"); poi fu condotto in Campo de' Fiori e quivi spogliato e legato  fu bruciato vivo. Un fanatico del tempo, lo Schoppl racconta: "condotto al rogo, quando gli fu mostrata l'immagine del crocifisso, torvamente la respinse".
            Dal Giornale dell'Arciconfraternita di San Giovanni Decollato in Roma (Roma 16-17 febbraio 1600):
    "Giovedi a dì 16 detto. A hore 2 di notte fu intimato alla Compagnia che la mattina si dove far giustizia di un impenitente; et però alle 6 hore di notte radunati i confortatori e capellano in Sant'Orsola, et andati alla carcere di Torre di Nona, entrati nella nostra cappella e fatte le solite orazioni, ci fu consegnato l'infrascritto a morte condennato, cioè: Giordano del quodam Giovanni Bruni frate apostata da Nola di Regno, eretico impenitente. Il quale esortato da' nostri fratelli con ogni carità, e fatti chiamare due Padri di San Domenico, due del Giesù, due della Chiesa Nuova e uno di San Girolamo, i quali con molto affetto et con molta dottrina mostrandoli l'error suo, finalmente stette sempre nella sua maladetta ostinatione, aggirandosi il cervello e l'intelletto con mille errori e vanità. E tanto perseverò nella sua ostinatione, che da' ministri di giustitia fu condotto in Campo di Fiori, e quivi spogliato nudo e legato a un palo fu brusciato vivo, acompagniato sempre dalla nostrra Compagnia cantando le letanie, e li confortatori sino a l'ultimo punto confortandolo a lasciar la sua ostinatione, con la quale finalmente finì la sua misera et infelice vita".
          Tutte le sue opere edite e sequestrate furono distrutte e bruciate in un gran falò in piazza San Pietro.
        Chi è che vorrebbe dialogare con questi personaggi ? Qualcuno che crede che siano cambiati ?(9) I cattolici per bene, e ve ne sono molti, la piantino con l'obbedienza. Vengano fuori e si liberino della catene gerarchiche. Per il vivere civile di tutti.
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