venerdì 6 maggio 2011

FEDE CONTRO SCIENZA: DALL' ERUDITO PAPA AD UNO A CASO


Juan Josè SanguinetiSe si vuole avere un'immagine ben rappresentative del lerciume ideologico esistente a lato di papi (è involontario) eruditi bisogna fare una visita alla catena di siti cattolici che fanno capo a Totus Tuus(8), a parte la non condivisione possibile di neppure una virgola per l' astio l' arretratezza, il fondamentalismo, l' ignoranza, c'è anche una sensazione di paura se solo uno associa quanto lì detto a quanto la Chiesa farebbe ancora inesorabilmente con un poco di potere temporale. Totus Tuus nacque sull'onda della popolarità di Gian Paolo. Al sito principale sono collegati una miriade si siti, blog, forum e fonti di disinformazione in puro stile sovietico.
Da questi siti ho tratto quanto di meglio propone la bassa cultura cattolica su questioni che richiederebbero non studi di sacrestia. Le cose che vengono dette sono infinite con lo scopo di seppellire con la quantità la mancanza assoluta di qualità. Riporto alcuni brani, molto significativi, relativi a come viene trattato l'emblematico Processo a Galileo.
 Mi riferisco ad un solo autore anche qualificato dalle parti sue, perché raccoglie tutte le sciocchezze che si dicono su Galileo.
Juan José Sanguineti, uno che insegna all'Università Urbaniana ed in quella di Navarra, dopo che il Papa aveva parlato di riabilitazione, ci dice [da «Studi Cattolici» n. 391, anno XXXVII, settembre 1993]:
Le critiche [di Galileo, ndr] ad Aristotele indisposero i professori di Pisa, dov’egli aveva cominciato la carriera scientifica come professore di matematica. Il contratto non gli fu rinnovato nel 1592 ed egli si trasferì all’ Università di Padova.
Ecco il primo ritratto di Galileo: un indisponente. Ma davvero il problema era Aristotele ? Eh no ! Galileo aveva espresso un giudizio negativo su una macchina realizzata da un eminente soggetto sopra una macchina che sarebbe dovuta servire a svuotare la darsena del porto di Livorno [così racconta Viviani]. Gherardini in un sua lettera dell'epoca ci fa sapere che tale personaggio era Giovanni de' Medici. Aristotele non c'entra, anche perché all'epoca, e Sanguineti non lo sa o perché ignorante o perché in malafede, Galileo era ancora aristotelico. Gherardini dice che questa controversia fu l'unico motivo che consigliò a Galileo di andarsene [ancora Gherardini]. Mantenendo quindi solo i documenti esistenti in Sanguineti e solo in queste tre righe vi sono due falsi clamorosi: nessuna polemica su Aristotele e decisione di Galileo di andarsene. Ma vi è di più che viene da altre conoscenze dei fatti. La Toscana risultava troppo vicina e legata agli Stati della Chiesa tanto che vi erano limiti alla libertà di espressione. Inoltre la paga era scarsa (e questo per chi conosce tutta la vita di Galileo sarà sempre un assillo per lui) mentre a Padova era migliore. Fu Galileo che, prima di decidersi a lasciare Pisa, si recò a Venezia e contrattò il posto a Padova. Si potrebbe continuare solo su questa frase del saccente e (almeno) disinformato studioso cattolico. Ma davvero non merita. Mi sono soffermato un poco solo per far capire quale lavoro di smontaggio sarebbe necessario: per ogni cosa che lor signori affermano servirebbe un libro intero per metterli a tacere. Ma a che fine tutto ciò ? Il gregge di questi pastori è silente oltreché totalmente ignorante e quindi sarebbero perle ... alle pecore.
        Il savio di casa loro continua così:
Le controversie sono dure. Nel 1604 viene scoperta in Europa una stella nova, non ritenuta tale da Ludovico delle Colombe (1606). contro il quale Galileo polemizza duramente protetto da pseudonimo [vi è qui una nota che rimanda a S. Drake, Galileo at work, University of Chicago Press, Chicago e Londra 1978, pp. 117-120].
Facciamo anche qui un poco di chiarezza. L'uso degli pseudonimi era molto diffuso all'epoca e la cosa non nasceva per proteggersi anche perché proprio in questo caso non vi era assolutamente nulla da cui proteggersi. Ricordo solo che anche gli amichetti di Sanguineti all'epoca usavano pseudonimi (o non lo sa ?). Ricorda quel tal gesuita Orazio Grassi che scrisse un opuscolo per attaccare Galileo, Libra astronomica ac philosophica, firmato con lo pseudonimo anagrammatico di Lorario Sarsi ? Lasciamo quindi queste cose lasciate cadere per caso ma denotanti una perfidia curatesca e passiamo a Ludovico delle Colombe. Chi era costui ? Un filosofo (non naturale) dilettante profondamente screditato che Galileo neppure chiamava per nome ma lo indicava con pippione (sciocco). Costui aveva scritto un libello sulla nuova stella del 1604. Un tal Alimberto Mauri aveva risposto con altro libello ridicolizzando ogni parola del primo. Il pippione ritenne che questo libello fosse di Galileo. Sanguineti, da prete, dà credito a ciò citando S. Drake che è una vera autorità su Galileo. Ma Drake parla della questione in una noticina e non nelle tre pagine di cui si dice nella nota di Sanguineti (io i testi li ho, contrariamente alle pecorelle del gregge di Sanguineti). Dice che ha motivi per pensare che delle Colombe avesse ragione e li espone in Galileo against the Philosophers. Tutto qui ma la frase scritta da Sanguineti suona molto diversamente. Vediamo ora meglio di che parrocchia era Sanguineti. Per ragioni soprattutto d'invidia, legate alla rapida carriera di Galileo ed all'essere tornato a Firenze e Pisa (1610) con sue richieste economiche, molti furono gli oppositori proprio di Pisa e di Firenze: Giorgio Coresio (professore di greco all'università di Pisa), Vincenzo di Grazia (professore di filosofia), Arturo Pannocchieschi (rettore), Cosimo Boscaglia (professore prima di logica e poi di filosofia e vicino a Ferdinando I e Cosimo II de' Medici). Il più agitato del gruppo era però il filosofo dilettante di Firenze, il citato Lodovico delle Colombe, che Galilei chiamava Pippione (soprannome dispregiativo toscano). Tutto il gruppo per ciò veniva chiamato da Galileo "la lega del Pippione". Questi personaggi si incontravano nella casa fiorentina dell'arcivescovo Marsimedici, frequentata anche da due frati domenicani: Nicolò Lorini e Tommaso Caccini. Molte di queste cose erano state riferite a Galileo dal caro amico Cigoli che definiva la congrega come "una certa schiera di malotichi e invidiosi che fanno testa in casa lo Arcivescovo". Fu il ciarlatano Ludovico delle Colombe Cito che, sul finire del 1611, consigliò all'arcivescovo di Firenze di attaccare Galileo con argomenti  religiosi perché l'irriverente metteva in continua discussione le basi stesse del sapere e della natura e cioè Aristotele. Ma su questo il prete tace.
        Vado oltre, leggendo questa frase best seller per i cattolici :
Si discute tuttora sulla priorità di Galileo nell’invenzione del cannocchiale.
        Lo ripeto per l'ennesima volta. Galileo non ha mai inventato il cannocchiale, chi lo dice fa della facile divulgazione che non serve certo ad accrescere al fama di Galileo. E' invece vero che Galileo costruì dei cannocchiali di gran lunga migliori di quelli esistenti in circolazione. Egli migliorò di molto l'ottica dello strumento come racconta diffusamente ne Il Saggiatore (si veda l'Edizione Nazionale delle Opere di Galileo, Vol. 6, pag. 259). L'episodio è assolutamente marginale fa il paio con la mela che cade sulla testa di Newton. Non è colpa di Galileo se vi sono persone che si emozionano per queste idiozie. Galileo non ha mai neppure fatto l'esperimento di caduta di gravi dalla torre di Pisa. Egli racconta di vari esperimenti del genere ma non si ha costanza che li abbia mai realizzati. Galileo non ha dimostrato il sistema copernicano. Nessuno gli attribuisce tal cosa e tanto meno egli stesso lo ha fatto, la fama di Galileo non ha nulla a che fare con questa pretesa dimostrazione. L'invenzione di questi aneddoti per poi scagliare contro di essi l'accusa di falso è tipica dei bambini che inventano i mostri per poi distruggerli tappandosi gli occhi. Serve a qualcosa dire che questi bambini sono in grandissima parte dei filosofi, degli epistemologi cattolici, dei sociologi ? Serve entrare duramente con loro in polemica per la loro infruttuosa ricerca del Paradiso perduto (per colpa di Galileo) ? Anche qui, invece di continuare con questi ritornelli, si dica quale storico della scienza sostiene tali cose e quale e quanta sia la sua preparazione scientifica (conosce la matematica ? fino a che livello ? è mai entrato in un laboratorio ? ha fatto esperienze ?), sono spiacente ma questi sono prerequisiti indispensabili per disquisire di queste cose, altrimenti ritorniamo a ciò che Galileo ha combattuto per tutta la vita, il dar più credito ai testi, all'autorità, che non allo studio della natura mediante discorsi, sensate esperienze e dimostrazioni.
        La fatica di leggere il prete continua:
Nella tradizione medievale e dei primi secoli dell’età moderna era abituale vedere ecclesiastici, religiosi e laici impegnati nel lavoro scientifico; un fatto naturale, se si considera che la scienza moderna affonda le sue radici nelle istituzioni universitarie create dalla Chiesa sin dai secoli XII e XIII. Non è strano, per esempio, che Copernico fosse un sacerdote cattolico che nel 1543 aveva inviato al papa Paolo III la sua opera Le rivoluzioni delle orbite celesti, nella quale esponeva la nuova ipotesi astronomica, senza per altro incontrare difficoltà da parte del Pontefice.
Queste poche frasi mostrano gli abissi che separano la scienza e le bugie spacciate per fede. Come è possibile sedersi ad un tavolo con questi farisei e tentare, tentare soltanto, un dialogo ? Con pazienza e didascalicamente provo a dire qualcosa. In modo acritico qui si riprende una posizione che, se il nostro sapesse da dove proviene, si suiciderebbe. L'affermare che la scienza prosegue in modo lineare per cumulo di conoscenze indipendentemente da fatti esterni è del Positivismo. Il fatto poi che la scienza moderna affonderebbe le sue radici nelle istituzioni universitarie ecclesiastiche del XII e XIII secolo fu teorizzato dal cattolico Duhem agli inizi del Novecento. Cerchiamo di capire cosa voleva il francese.
        Duhem era un fisico teorico poi divenuto storico della scienza, cattolico e francese, degli inizi del Novecento definito da Federigo Enriques come una mentalità logica scolastica portata a misconoscere ciò che vi ha d'intuitivo nella ragione. Duhem utilizza un metodo indiretto di squalifica: Galileo ha pochi meriti perché non vi fu una vera rivoluzione nel Seicento, infatti i principali concetti della fisica elaborati all'epoca erano in realtà presenti in pensatori del XIV secolo. Secondo Duhem quindi la nascita della scienza moderna si presenta non come un atto rivoluzionario, ma come un processo graduale e continuo. La negazione del concetto di "rivoluzione scientifica" aveva un chiaro valore ideologico: contro chi vedeva la scienza moderna nascere rompendo con la cultura medievale e con la religione, Duhem poteva sostenere che la scienza era nata nel Medioevo per opera di uomini di chiesa. Dice Duhem che, "a costo di contraddire le leggende, le concezioni di Galileo sulla dinamica portano l'impronta profonda dei principi peripatetici, si discostano molto poco dalle dottrine  ammesse da un buon numero di fisici del secolo XVI, sono in notevole ritardo sulle intuizioni di qualcuno dei suoi predecessori". Più in dettaglio, in una serie di ponderose opere sulla scienza antica e medievale Duhem attaccò vigorosamente l'immagine di Galileo rivoluzionario e, oltre a sostenere che vari pensatori medievali, in particolare Giovanni Buridano e Nicola di Oresme, avevano anticipato talune fondamentali idee galileiane, adombrò che Galileo era venuto a conoscenza di questi autori tramite la mediazione dei manoscritti di Leonardo ed in qualche modo aveva copiato. Duhem sostenne anche, in Salvare i fenomeni (1908, ed. it. 1986), che, se inserito nella tradizione dell'astronomia, Galileo appariva singolarmente grossolano dal punto di vista metodologico con la sua pretesa di far
accogliere il sistema copernicano come teoria vera, mentre metodologicamente più raffinata era stata la posizione della chiesa cattolica, la quale si era giustamente appellata alla plurisecolare storia dell'astronomia matematica per sostenere che l'eliocentrismo era soltanto una comoda ipotesi calcolistica. Oltre a rivedere profondamente il rapporto tra la figura di Galileo e la scienza a lui precedente, Duhem innovò anche la visione tradizionale circa l'essenza della metodologia galileiana, sostituendo al Galileo empirista dei positivisti un Galileo teorico, che rompe con l'esperienza quotidiana per inaugurare una teoria fisica profondamente contraria all'esperienza comunemente intesa. Quest'ultimo contributo di Duhem al rinnovamento degli studi galileiani fu soprattutto indiretto, poiché lo scienziato francese non dedicò analisi molto approfondite a Galileo, concentrandosi piuttosto sui suoi predecessori. Furono invece la critica epistemologica di Duhem e i suoi lavori di storia, non specificatamente dedicati a Galileo, a dimostrare l'inadeguatezza di una interpretazione empirista della rivoluzione scientifica. A Galileo Duhem dedicò un solo scritto di grande impegno, del 1904, che fu comunque decisivo per illustrare la rottura operatasi tra la scienza della meccanica galileiana e l'esperienza acriticamente intesa. Ma Duhem è, oltre che cattolico, anche francese e cioè profondamente sciovinista. Poiché dietro di sé ha le scuole del XIV secolo dei francescani del Merton College di Oxford e del vescovo occamista francese Oresme, egli non esita ad assegnare ogni merito alla scuola di
Parigi. E riesce anche in un'operazione di gran difficoltà. Egli, che è un cattolico, vuole ridimensionare il ruolo di Galileo, datando la rivoluzione scientifica proprio ai lavori di Oresme che è uomo di Chiesa (inaugurando quel filone che ancora oggi va di moda nei siti della rete totus tuus, che vuole Galileo come un mero continuatore di quanto iniziato da Oresme medesimo). Sembra quasi che per la frenesia di dare la primogenitura ad un cattolico di sicura fede, ci si dimentichi delle condanne con cui la Chiesa, su ordine di Papa Giovanni XXI ed attraverso il vescovo di Parigi Etienne Tempier, nel 1277, colpì un gruppo di professori universitari alla Facoltà delle Arti di Parigi. Censurate furono alcune proposizioni attribuite ai maestri "averroisti" ossia a quegli intellettuali che spiegavano le tesi fisiche e etiche di Aristotele seguendo il commento del musulmano Averroé. Sono 219 le proposizioni riconducibili ad Aristotele che furono giudicate eretiche. Anche lì, la Chiesa aveva bloccato tutto tanto che Edward Grant, che pure è un estimatore di Duhem, nel suo La scienza nel Medioevo, afferma: E' vero, come
sostenne Pierre Duhem, ...che gli articoli 34 e 49 (condannati perché imponevano a tutti di ammettere che Dio potrebbe muovere l'universo in linea retta anche se ciò determinasse un vuoto e di concedere che egli potrebbe creare tutti i mondi che vuole) contribuirono a dare inizio alla scienza moderna ? Se è vero, sarebbe un'ironia che una limitazione di libertà di espressione e di ricerca abbia fatto nascere la scienza moderna. Se questa interpretazione ricevesse sostegno, essa suggerirebbe inevitabilmente che la rivoluzione scientifica, i cui inizi sono associati di solito al grande nome di Galileo, non sia stata che la continuazione delle correnti scientifiche antiaristoteliche generate nel quattordicesimo secolo. ... O non sta forse la verità altrove ? E non ha invece ragione Alexander Koyré ... quando afferma che la condanna del 1277 non produsse che un cambiamento di lieve entità nell'edificio della scienza aristotelica ? Avevano gli articoli condannati, così importanti per Duhem, il valore di un mero intoppo ? ... E l'insistenza sulla potenza assoluta di Dio di compiere qualunque azione fisica non implicante una contraddizione logica, non fu nociva ad uno sviluppo rigoroso di una scienza, come quella aristotelica, le cui parti erano troppo integrate per adattarsi realmente alle richieste teologiche della condanna ? E poi, se, come credeva Duhem, la condanna fu efficace nel generare una reazione radicale alla scienza aristotelica, perché quest'ultima non subì trasformazioni più drastiche nei secoli quattordicesimo e quindicesimo ? Perché il suo rifiuto totale fu posticipato fino allo scorcio del diciassettesimo secolo ? (pagg. 50-51). Insomma, per Duhem, la scienza moderna inizia dalla scuola di Parigi. Ma la Chiesa condannò molte delle cose che lì vennero elaborate. Duhem riesce a dire che la Chiesa fece bene perché si era sbarazzata di proposizioni che non avrebbero fatto fare passi avanti alla scienza ! Caspita ! è un capolavoro che non tiene conto, ad esempio e come traspare dalle considerazioni di Grant, del fatto che bloccare quelle proposizioni è bloccare tutta la critica alla filosofia aristotelica che, anche qui come detto, è un insieme estremamente articolato e tale che toccando alcuni punti si smonta l'intera costruzione. Ma tant'è. Le vicende storiche fecero poi in modo che addirittura l'insieme della filosofia aristotelica diventasse intoccabile, dopo l'intervento miracolistico di San Tommaso su Aristotele.
        E cento anni dopo quest'intervento miracolistico di Duhem i cattolici si sono placati ? Ma neanche per idea ! La posizione del matematico di Alleanza Cattolica Maurizio Brunetti, intervistato dal chierichetto Benassi (se non scavano tra i matematici dove, oltre Zichichi ?), è lapidaria:
L’eccellenza di Duhem come pensatore consiste proprio nel fatto di aver riconosciuto con chiare argomentazioni l’incapacità del metodo scientifico di dire qualcosa attorno a problemi ontologici o di metafisica.
Serve osservare che erano passati solo 300 anni dai citati personaggi senza che accadesse nulla ? Come se oggi dicessimo che Einstein non ha fatto niente perché tutto era dentro il lavoro di Galileo ? Sempre 300 anni sono ! Serve dire che il mondo è pieno di buone intenzioni e di vigilia di scoperte ma è chi fa la scoperta che conta ? Serve raccontare che Buridano ed Oresme hanno avuto grandi meriti ma sono vicini allo zero rispetto a ciò che si fa nel Seicento dove, a parte Galileo, vi sono situazioni sociali, economiche e politiche profondamente cambiate ? Insomma meglio non insistere troppo con il pezzentume culturale che affonda le sue radici nel peggio del Medioevo.
        Resta la vicenda di Copernico che inviò il suo De Revolutionibus Orbium Coelestium a Paolo III nel 1543. Vediamo l'imbroglio.  Furono il giovane astronomo tirolese Retico (Retyk) ed il vescovo Giese, amico di Copernico, ambedue protestanti, a convincerlo a dare alle stampe la sua opera. Il lavoro di stampa iniziò nel 1542 seguito da vicino da Retico (vi furono però delle difficoltà iniziali: un protestante che si faceva portatore dell'opera di un cattolico!) il quale prima che l'opera vedesse la luce, dovette abbandonare. Ma nello stesso 1542 a Roma viene riorganizzata l'Inquisizione e viene costituito il Tribunale del Santo Uffizio (Paolo III) mentre partono i lavori per il Concilio di Trento (1544 - 1563) per avviare la Controriforma che vedrà subito il processo ai cardinali (Morone e Pole) fautori del dialogo con i protestanti e la conseguenza della proclamazione di Tommaso d'Aquino dottore della Chiesa (Paolo IV, 1565) e dell'istituzione della Congregazione dell'Indice (Pio V, 1571). Il seguimento della stampa dell'opera di Copernico passò, proprio allora, ad un teologo protestante molto erudito ed interessato all'opera di Copernico, Andreas Osiander. E questo personaggio è al centro di una brutta operazione di manipolazione del lavoro di Copernico perché, contro la volontà di Copernico, vi aggiunse una prefazione non firmata in modo che sembrasse dello stesso Copernico (e sembra abbia anche manipolato il titolo che doveva essere solo De Revolutionibus con particolare riferimento al moto della Terra, e non De Revolutionibus orbium coelestium riferite al generico moto delle varie sfere celesti). In questa prefazione praticamente si sosteneva che l'intera opera era basata su una finzione, su una ipotesi matematica utile per fare i conti. E questo avveniva quando Copernico era sul letto di morte (1543) ed era impedito a fare qualunque cosa. Ed appena morto Copernico il libro vide la luce con la manipolazione suddetta (il manoscritto originale, senza manipolazioni, fu poi ritrovato a Varsavia intorno al 1850). Quindi non fu Copernico ad inviare l'opera a Paolo III (anche se l'opera è a lui dedicata) ma il falsario Osiander quando Copernico era morto ! E dalla sua condizione di cadavere è vero che non ebbe problemi con la Chiesa.
        Ad evitare di discutere solo di questo pezzo ignobile(9), chiudo riportando solo l'ultimo rosario di perle che porta con sé:
Copernico aveva tuttavia formulato un’ipotesi matematica fondata su indizi di natura ottica e sull’argomento della semplicità.
Tutto ciò richiedeva ovviamente la conoscenza dell’inerzia e della legge di gravitazione, allora ancora da scoprire. Keplero, e più tardi soprattutto Newton, avrebbero contribuito a completare la teoria copernicana nelle sue esigenze dinamiche
Nella storia dell’eliocentrismo Galileo ebbe un’importanza secondaria, al contrario di Keplero (cui purtroppo Galileo non diede retta quale fonte informativa e argomentativa). Infatti le osservazioni astronomiche di Galileo favorirono sì il copernicanesimo, senza però dimostrarlo.
Quando l’opera [il Dialogo, ndr] viene letta a Roma produce pessima impressione[...]. La scoperta del monito del 1616 (che era stato dimenticato e al quale l’autore non aveva accennato) situa Galileo in una posizione giuridica irreparabile. Processato nel 1633, viene condannato alla prigione a vita, pena benevolmente commutata quasi immediatamente con l’arresto domiciliare nella sua villa ad Arcetri (Galileo non fu mai incarcerato). [C'è qui da osservare che il nostro prete è ignorantello anche in diritto canonico. Se la cava con la parola monito che vorrebbe essere ammonimento ma nel seguito si capisce essere precetto. Sul fatto poi che il settantenne Galileo non fu mai incarcerato ci sarebbe da chiedersi il perché visto che aveva abiurato ma evidentemente il prete conosce la crudeltà dei suoi simili. In ogni caso Galileo passò il resto della sua vita, quasi cieco in domicilio coatto, con un ferreo controllo alla sua porta e con la compagnia della figlia Suora che gli rubava pure qualche provvista].
Il Dialogo sopra i massimi sistemi era un’indubbia difesa della teoria copernicana, a favore della quale veniva impiegato soprattutto l’argomento (sbagliato) delle maree. Come ogni scienziato, Galileo ragionava per ipotesi, considerando l’eliocentrismo più fondato del geocentrismo, sebbene probabilmente s’accorgesse che non riusciva a dimostrarlo. Ma nel Dialogo egli impiega brillanti argomenti retorici allo scopo di persuadere il lettore della superiorità del copemicanesimo. Scientificamente non dimostrava ciò di cui voleva convincere mediante retorica  [questo è il modo con cui questo maramaldo liquida una delle opere più importanti della storia del pensiero scientifico e non solo. Questo cialtrone insegna degnamente in università papali. Potrei iniziare a spiegare il principio d'inerzia e relatività ma è del tutto inutile, anche perché lor signori usano scambiare la relatività con il relativismo].
Senza la tempesta provocata dal caso Galileo, il copernicanesimo si sarebbe forse imposto in maniera più semplice [lo sa il prete che il sistema copernicano era impossibile ? perché era un sistema aristotelico con l'anomalia della Terra ruotante intorno al Sole e che o tutta la fisica aristotelica crollava o crollava il sistema copernicano o tutti e due o vi era la sua razionalizzazione galileiana].
La vicenda di Galileo, con tutta la sua drammaticità, non era la lotta della ragione astratta e idealizzata contro l’autoritarismo di una fede oscura (concezione illuministica), ma appartiene alla storia della scienza occidentale nel suo vivo rapporto con la visione del mondo scaturita dalla fede cristiana. Non dimentichiamo che le scoperte dello scienziato pisano avvengono in un contesto eminentemente cristiano: il suo genio come fisico non sarebbe comprensibile al di fuori del grande movimento scientifico delle università europee che risale ai secoli XIII e XIV. Gli storici della scienza sono oggi d’accordo nel riconoscere l’importanza indiretta della Chiesa nella nascita della scienza moderna e nel superamento della visione cosmologica greca. D’altronde non ci sono analoghi esempi di difficoltà tra tribunali ecclesiastici e scienza fisico-matematica o astrofisica. Le teorie di Newton, Faraday, Maxwell, Planck o Einstein non sono state problematiche per la fede cristiana: il caso Galileo è un incidente unico nel suo genere nella storia della Chiesa. [A parte il ripetere il ritornello di Galileo che non esisterebbe senza Oresme e Buridano, ha citato tutti scienziati che fortuna loro non c'entravano nulla con la Chiesa di Roma]
Galileo volle andare troppo in fretta ma [...] dimostrò nella pratica la possibilità di un’autonoma scienza sperimentale e quantitativa della natura. L’autonomia, però, non significa esclusività. L’ecologismo moderno ci dimostra che l’approccio alla natura non può essere unicamente tecnico e quantitativo.
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