Concina, che non è cresciuto nel grigiore di stanze di partito ma ha maturato una lunga esperienza nel mondo imprenditoriale, si è appellato dalle colonne de “Il Foglio” direttamente a Joseph Ratzinger, rivolgendo al pontefice una “supplica accorata e sincera” a rivedere le decisioni assunte.
“Perché non ascoltare”, ha scritto, “questa voce che parla in favore del suo pastore, uomo intelligente, colto, affettuoso, disponibile?”, aggiungendo candidamente: “Non ci si rivolge così al Santo Padre, lo so. Ma utilizzo i sentimenti più veri che posseggo. Ho incontrato altissimi prelati che gentilmente ma mellifluamente mi hanno fatto parlare, senza la minima intenzione di ascoltarmi davvero e di affrontare il problema”.
Dello stesso avviso Marco Sciarra, assessore alla cultura della giunta di centrodestra: “Ha sicuramente vinto una ristretta parte del clero locale che non ha mai amato i suoi metodi genuinamente pastorali. Ha certamente perso quella Chiesa scevra da connivenze con meschini interessi locali anche politici. Scanavino è stato un magnifico collante tra varie realtà della società. Per esempio conquistava i carcerati non con le prediche ma con l’esempio. Ma per paradosso non è stato il collante all’interno del clero abituato a vecchi formalismi”.
Il clero, già, il potentato. A padre Giovanni vecchie cariatidi rimproverano d’essersi spinto troppo in là…Tanto per fare qualche esempio, i retrivi sono stati scandalizzati dalla sua disponibilità a sottoporre all’esame del dna il “santissimo corporale” del miracolo di Bolsena, a trattare con gli animalisti che giustamente da lungo tempo contestano la barbara usanza di far scorrere una palombella tra fuochi e petardi, nonché a portare per la prima volta in carcere il Corpus Domini. E, ancora, ha inaugurato una mensa della Caritas a Todi (ne ha progettata una anche per Orvieto) e annunciato l’apertura di una struttura per ragazze madri.
Insomma, una storia drammatica con risvolti tragici se si considera il suicidio, il 30 novembre scorso, di Luca Seidita, diacono e assistente diretto del prelato, cui proprio il Vaticano, sicuramente prestando più fede a voci calunniose che al giudizio dello stesso Scanavino, ha negato l’ordinazione sacerdotale. “Volevo diventare sacerdote”, ha lasciato scritto il giovane nel suo bigliettino d’addio, “tutta la mia vita è stata dedicata a questo. Mi è stato negato”.
La reazione del vescovo nei confronti delle gerarchie e a difesa povero Luca è stata immediata. Probabilmente Oltretevere non attendevano che questo per farlo fuori, per eliminare questo pastore d’anime divenuto nel giro di pochi anni (dal 2003) troppo ingombrante per i suoi modi (non era difficile incontrarlo per strada, magari in tuta da jogging, o essere ricevuti in udienza). Per levarselo di torno gli hanno fatto da Roma diverse proposte “di ripiego”, ma lui, fedele alla sua vocazione, le tutte ha garbatamente rifiutate, optando per il convento da cui proveniva, la vita monastica, gli studi, la preghiera, la semplicità che caratterizza il suo stile, la sua personalità.
Ma prima di andarsene ha parlato con toni fin troppo espliciti che lasciano bene intendere cosa si cela dietro la sua rimozione.
“La Chiesa di Orvieto-Todi”, ha detto, “ha un cancro che bisogna curare anche con il bisturi perché l’unità va recuperata in ogni sua dimensione. Tuttavia se il Santo Padre ritiene che non debba essere io a farlo, va bene”.
Al suo posto è stato nominato amministratore apostolico, in attesa dell’arrivo di un nuovo presule, mons. Giovanni Marra, vescovo emerito dell’arcidiocesi di Messina, affacciatosi sulla Rupe solo per vedere il vicario generale e subito rientrato a Roma dove dal 2007 è componente della Congregazione dei vescovi.
“Spero di incontrarlo”, ha annunciato, non senza ingenuità, “ma finora non mi è stato possibile”. E vale la pena riportare stralci da un’intervista rilasciata a Paolo Crecchi e pubblicata martedì 8 marzo dal quotidiano “Il Secolo XIX”:
Il Papa l’ha costretta a dimettersi «Il Santo Padre ha deciso che per il bene e l’unità di questa Chiesa io mi facessi da parte».
Ci racconti tutto «Le cose non andavano bene già da un paio d’anni. Qui in diocesi abbiamo una comunità di sacerdoti che servono una zona di montagna... undici parrocchiette».
Continui «La comunità ha accolto nel tempo alcuni giovani. Per non creare disguidi con il seminario ufficiale, che è ad Assisi, ho deciso di mettere ordine»
Come? «Chiudendo questo tipo di esperienza. E sistemando, naturalmente, quei quattro o cinque giovani che c’erano»
Ordinandoli sacerdoti «Sì. Però qualcuno ha subito scritto a Roma che non erano adatti»
Perché? «Etichette»
Dicerie, malignità su presunti e particolari orientamenti sessuali?«Ecco. Proprio quello. Ma erano storie passate»
Anche del diacono che si è ucciso si dicevano queste cose?«Esattamente. Ma su di lui avrei messo la mano sul fuoco, era stato con noi cinque anni e per dodici mesi, addirittura, mio segretario particolare. Supponevo di conoscerlo bene»
Non è bastato «Quando dicono che sei così sei fritto... Sono problemi delicati, diventano un cavallo di Troia».
Si spieghi meglio «Le cose non sono mai tanto semplici e lineari. Diciamo che se io me ne fossi andato avrei fatto un piacere a diverse persone»
Scusi, a chi può dare noia il vescovo di Orvieto? «Non lo so... Ma ormai è andata così e buonanotte»
Si è parlato di cattiva gestione delle risorse della diocesi «Ma per piacere»
Dove se ne andrà? «Torno in convento»
(…)
La sentiamo sereno. Ci sveli dunque chi l’ha fatta fuori «Eh, cari miei. Certi contrasti avvengono sempre all’interno della Chiesa. Magari all’inizio c’è chi ha intenzione davvero di fare pulizia, non dico di no...»
All’inizio «Però poi viene strumentalizzato. Anche in questo caso, forse, c’era qualcuno che dietro alla sete di verità era animato dalla volontà di...»
Prendere il suo posto? «Bravo! Ah! Ah! Ah! Proprio questo!»
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