Le autorità ecclesiastiche sapevano che Tony Walsh era un prete pedofilo, ma ci misero 16 anni per allontanarlo.
Quando in Vaticano si scoprì che Tony Walsh era un prete pedofilo, le autorità ecclesiastiche chiesero al prelato di ritirarsi per almeno dieci anni in un monastero, ma non fecero altro per denunciare il caso o espellere Walsh dalla comunità Cattolica. Le rivelazioni sull’ennesimo caso di pedofilia nella Chiesa in Irlanda sono contenute nel diciannovesimo capitolo del Murphy Report, il rapporto che venne preparato nel novembre del 2009 dalla Commissione d’ inchiesta che si occupò dello scandalo dei preti pedofili nel paese.
Il capitolo in questione non era ancora stato resto noto perché lo scorso anno Walsh era sotto processo. Il 6 dicembre scorso, Tony Walsh è stato condannato a sedici anni di carcere per aver abusato sessualmente di tre minorenni tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta.
I membri della Commissione che hanno scritto il rapporto criticano le autorità ecclesiastiche
Il processo canonico per scomunicare Walsh e spretarlo iniziò nel gennaio del 1992, a quasi un anno di distanza dal momento in cui le autorità ecclesiastiche decisero di procedere contro il prete. La richiesta di ridurre Walsh allo stato laicale fu inviata a Roma nel 1993, ma il prelato fece appello e il Vaticano decise di accogliere le sue promesse. Per ottenere la sua estromissione ci vollero alcune lettere inviate dall’arcivescovo di Dublino direttamente al Papa.
Walsh fu ridotto allo stato laicale nel 1996 a sedici anni di distanza dalle prime proteste per alcuni casi sospetti di pedofilia. Ottenne una liquidazione pari a diecimila euro, ma continuò a presentarsi in giro come prete.
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