lunedì 20 dicembre 2010
Usa, nuove accuse a Ratzinger: non cacciò un prete colpevole di abusi
Dalle carte processuali risulta chiaro che il Pontefice, all’epoca ancora cardinale, non ridusse allo stato laicale Padre Alvin Campbell, che confessò abusi su molti bambini e scontò molti anni di carcere.
Joseph Ratzinger che sarebbe poi divenuto Papa Benedetto XVI si rifiutò di sconsacrare un sacerdote americano che ammise di aver molestato numerosi bambini e fu condannato anche al carcere, semplicemente perché il religioso non sarebbe stato d’accordo. Per l’ennesima volta questo nuovo caso venuto alla luce fornisce le prove delle direttive che venivano attuate durante il pontificato di Papa Giovanni Paolo II, che di fatto insabbiavano la crisi esplosa in questo periodo impedendo di agire ai vescovi statunitensi. Secondo la documentazione processuale esaminata dall’Associated Press per il caso del defunto padre Alvin Campbell si evince che il Cardinale Joseph Ratzinger, impedì al vescovo Daniel Ryan della diocesi di Springfield, Illinois, di ridurre allo stato laicale il sacerdote:”la richiesta in questione non può essere accettata in quanto manca la richiesta dello stesso padre Campbell,” Ratzinger scrisse il 3 luglio 1989. all’epoca per arginare la penuria di nuovi sacerdoti causata dalla crisi delle vocazioni Giovanni Paolo II rese più difficile abbandonare il sacerdozio: la prima conseguenza di questa politica fu la difficoltà per i vescovi di allontanare i preti che avevano commesso abusi; infatti le nuove regole dal1980 tolsero la possibilità ai vescovi,senza un processo canonico, di sconsacrare autonomamente. Ora tali norme sono state ridimensionate in seguito allo scandalo.
MANI LEGATE - Il vescovo di Campbell chiese che venisse spretato, e in maniera rapida, anche per evitare alle vittime il dolore di un altro processo, dopo quello penale, ma la risposta di Ratzinger fu perfettamente in linea con la politica della chiesa dell’epoca. Il Vaticano ha sempre negato che in casi opportuni i vescovi non potessero agire in modo indipendente. ”Nulla nel nuovo codice ha mai impedito ad un vescovo di esercitare il proprio potere discrezionale di limitare il ministero o di assegnare un prete ad un posto di lavoro lontano dak contatto con il pubblico“, afferma Jeffrey Lena, avvocato della Santa Sede negli Stati Uniti. Ma l’opinione di papa Wojtyla in merito alla laicizzazione dei sacerdoti era nota a tutti grazie alla lettera indirizzata al clero del 1979, nella quale scrisse che l’ordinazione rimane “per sempre impressa nella nostra anima” e che “non si può rinunciare al sacerdozio“. E Campbell proprio questo disse per opporsi alla sconsacrazione: “Una volta che uno è sacerdote, lo è per sempre“.
“RAGIONI DI SALUTE” – “L’idea era che il sacerdozio fosse così sacro che non si potesse fare nulla per allontanare nessuno che non fosse d’accordo“, racconta padre Tom Doyle, avvocato canonico che si occupò del caso Campbell e che difese alcune vittime . “Non è che non fosse possibile – lo era - ma solo alla condizione che il sacerdote accettasse la richiesta di laicizzazione“. Per quindici anniCampbell commise abusi:come arrivò a Spriengfield? Fu trasferito dopo che, esercitando come cappellano militare, fu prima ammonito e, poi allontanato dal servizio dopo aver abusato di almeno un ragazzo, secondo i militari e la conferma della chiesa. Nel dossier dell’esercito che lo riguarda si racconta che il sacerdote sfruttò la sua posizione come cappellano, “praticando indecenti atti omosessuali“, con un ragazzo di meno di 16 anni che era sotto la sua supervisione. Ma nonostante questo il vescovo Joseph McNicholas, allora alla guida della diocesi di Springfield, riteneva corretto scrivergli: “Stia certo che qui lei verrà accolto a braccia aperte“. Non è però del tutto chiaro se McNicholas sapesse. Campbell fu nominato parroco al suo ritorno alla diocesi. E in almeno tre casi dopo il ritorno al lavoro diocesano, fu sollevato dall’incarico “per ragioni di salute“, un eufemismo in uso nella Chiesa per descrivere gli abusi sessuali.
SE NON VUOLE ANDARE VIA, RESTA - Dopo che i volontari di un’associazione per le vittime di stupro avvertirono le autorità in seguito alla denuncia di alcune vittime, la polizia scoprì che il prete adescava i ragazzi offrendo loro videogiochi, biciclette, orologi e altri doni e poi li portava nella sua camera da letto del secondo piano. Campbell è stato condannato a 14 anni di prigione nel 1985, dopo aver ammesso di aver molestato sette ragazzi durante il suo incarico come parroco della parrocchia di St. Maurice Parish a Morrisonville. E ’stato rilasciato nel 1992 dopo aver scontato circa sette anni per violenza sessuale e abusi sessuali. Ryan ha aspettato quattro anni dopo la condanna di Campbell prima di chiedere la sconsacrazione del prete. Nella sua lettera al 1989 aRatzinger, Ryan ha circostanziato in modo chiaro i molti reati commessi contro i minori e ha richiesto la sua laicizzazione, sottolineando che il caso era di dominio pubblico nella diocesi e che per i suoi crimini e quelli di un altro sacerdote avevano dovuto affrontare la spesa di 1,5 milioni di dollari per danni e spese legali. “Ho timore di infliggere ulteriore dolore alle vittime delle sue attività criminali e alle loro famiglie,” scrisse Ryan. “Temo che la diocesi subirà ulteriori danni a livello pastorale, a livello di immagine, per non parlare del maggior danno finanziario“. MaRatzinger tifiutò , citando la politica del Vaticano, e disse al vescovo di aprire un procedimento per un processo canonico benchè non è mai stato chiarito se veramente ci fu un giudizio perCampbell. Tre anni dopo la prima lettera di Ryan a Ratzinger, la richiesta comunque è stata concessa. Per monsignor Kenneth Lasch, un sacerdote in pensione e avvocato canonico che ha difeso le vittime di abusi. “Roma in quel momento applicò una politica per la quale, a meno che un sacerdote non fosse stato condannato canonicamente, non avrebbe proceduto alla laicizzazione“.
CHI HA PIU’ COLPE? – David Clohessy, direttore del Survivors Network of those Abused by Priests, ha detto che nel caso Campbell “e in altre centinaia di casi simili, Ratzinger ha scelto di mettere la preoccupazione per la sorte di pedofili pericolosi e per la reputazione della chiesa al di sopra delle preoccupazioni circa la sicurezza dei bambini“. Per altri invece la responsabilità principale è da attribuire a Papa Wojtyla, le cui direttive l’allora cardinale tedesco interpretò. “Ratzinger ha solo obbedito al suo capo“, ha detto Doyle. Giovanni Paolo II “è certamente più colpevole di Benedetto“, afferma invece monsignor Lasch. Infatti papa Wojtyla promulgò nel 1983 il Codice di Diritto Canonico, il Sacramentorum Sanctitatis Tutela, che concesse più diritti nei processi per i sacerdoti e scoraggiò le sanzioni penali. ”Non esistono disposizioni esplicite per la laicizzazione non volontaria”, ha detto mons. John Alesandro, un avvocato canonico e professore presso l’Università Cattolica. “Ma penso che la maggior parte canonisti credesse che, Codice di Diritto Canonico o meno, il papa avrebbe potuto farlo“. Giovanni Paolo però decise di non far nulla, e legò le mani durante la crisi ai vescovi, di fatto aiutando i colpevoli.
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