domenica 19 dicembre 2010

Scandalo pedofilia: USA, Ora la Chiesa è in bancarotta

1985, quando la curia iniziò a tremare

È proprio vero che gli Stati uniti precedono sempre l'Europa. Nel caso dello scandalo dei preti pedofili che sconvolge ora Olanda e Germania, il ritardo è di ben 25 anni: infatti gli Usa presero coscienza del fenomeno già nel 1985, quando un prete della Louisiana, Gilbert Gauthe, si dichiarò colpevole di molestia sessuale nei confronti di 11 ragazzi.
Ma fu nel 1992 che scoppiò il più clamoroso caso di «pedofilia seriale» da parte di un prete, James Porter, accusato di aver avuto rapporti sessuali con più di 90 bambini nella sua parrocchia di Fall River in Massachusetts negli anni '60, e con altri trenta successivamente in altri stati, tra cui il Minnesota. Poi Porter si spretò, si sposò, ebbe dei figli, ma fu accusato di molestie anche dalla quindicenne baby sitter dei suoi bambini.
Nel 1992 più di 200 persone sporsero denunce contro di lui, ma poiché era difficile raccogliere testimonianze, l'incriminazione fu formalizzata per «soli» 32 casi. La vicenda Porter mise a nudo i dilemmi delle diocesi. Fino agli anni '70 la Chiesa inviava i suoi ministri con un problema sessuale nel Paraclete Treatment Center a Jemez Spring nel New Mexico: anche Porter vi era stato trattato. Nel 1994 questo centro accettò di pagare 5,7 milioni di dollari a 21 persone del Minnesota abusate da Porter dopo che era stato curato nel centro. Comunque già all'epoca la maggior parte dei preti in difficoltà veniva mandata a una nuova clinica, in Maryland, il Saint Luke Institute, in cui sono passati centinaia di sacerdoti, senza grandi risultati però, come si è visto dagli innumerevoli casi di recidiva.
Già alla fine del '92 il Wall Street Journal calcolava a più di 400 milioni i dollari pagati dalla Chiesa cattolica in risarcimenti per molestie. Per tutti gli anni '90 le rivelazioni di scandali (e i risarcimenti) si moltiplicarono. Il parossismo fu raggiunto nel 2002, quando il Boston Globe pubblicò un'inchiesta (per cui ricevette anche il premio Pulitzer) in qui rivelava che la diocesi aveva sistematicamente coperto John J. Geoghan, un prete poi spretato, accusato di aver molestato più di 130 bambini in 30 anni: in tutti quegli anni, a seguito di ogni denuncia, la burocrazia diocesana non faceva altro che allontanarlo dalla sua parrocchia solo per trasferirlo in un'altra. L'arcivescovo di Boston, il potentissimo cardinale Bernard F. Law dovette decidersi a comunicare alla magistratura ordinaria i nomi di ben 80 preti che tra il 1960 e il 1980 avevano compiuto molestie sessuali sui chierichetti o sugli allievi dei corsi di catechismo.
Per comprendere le dimensioni del fenomeno, basta affidarsi al John Jay Report del 2004. Secondo questo rapporto commissionato dalla Conferenza episcopale Usa, tra il 1950 e il 2002 si erano contate 6.700 «accuse credibili» di molestie sessuali nei confronti di 4.392 preti Usa (il 4% circa dei 110.000 preti che avevano servito in quel periodo). Gli abusi erano aumentati negli anni '60, avevano raggiunto il massimo negli anni '70, per poi declinare e tornare negli anni '90 al livello degli anni '50. L'81% delle vittime erano maschi. La maggioranza delle vittime era in età post-puberale (il 78% aveva tra gli 11 e i 17 anni). Ma di questi 4.392 preti, solo 1.021 erano stati denunciati, solo 252 condannati e solo 100 avevano scontato pene in prigione.
Più consistenti, e più dolorose, sono state le pene finanziarie. Già a metà degli anni '90 si stimava che la Chiesa avesse sborsato mezzo miliardo di dollari in spese legali e risarcimenti. I risarcimenti avevano superato il miliardo e mezzo di dollari nel 2006 e nel solo 2007 le varie diocesi hanno pagato più di 900 milioni di dollari (di cui 660 la diocesi di Los Angeles per conciliare 508 casi, e 198 la diocesi di San Diego per patteggiare 144 casi).
Comunque, già negli anni '90 i risarcimenti per molestie sessuali erano arrivati a cifre così astronomiche che nel '94 le assicurazioni Usa si rifiutarono di stilare polizze che coprissero le diocesi da tali rischi. La Chiesa americana è perciò costretta a devolvere una parte sempre più consistente delle proprie entrate semplicemente per risarcire gli ex chierichetti. E il flusso complessivo di donazioni s'inaridisce perché i fedeli sono stufi di vedere i propri oboli, in teoria destinati alla carità, in realtà essere usati per aggiustare un po' di palpate. Non solo, ma sono crollate le iscrizioni alle scuole private cattoliche, su cui si basano in gran parte le finanze della chiesa Usa. La pedofilia ha quindi determinato la bancarotta non solo morale, ma anche economica della chiesa statunitense. E gli Stati uniti rappresentano la maggiore entrata per il Vaticano.
In Italia si è sempre sottovalutato questo scandalo negli Stati uniti, un po' perché non si tiene conto del radicato, immenso disprezzo verso i papisti da parte dei riformati e dei discendenti dei padri pellegrini, un disprezzo di cui noi cattolici siamo ignari. Nella tradizione seicentesca puritana i preti papisti erano sempre visti come copulatori indemoniati, sodomizzatori di bambini dediti a pratiche contro natura (proprio come i cattolici ritenevano che le messe protestanti fossero delle orge). Un po' perché la pedofilia è negli Usa lo scandalo per eccellenza da cui è difficile che il cattolicesimo possa riaversi. Per gli Starti uniti agli albori del terzo millennio, i preti pedofili hanno un impatto pari a quello che ebbe lo scandalo delle indulgenze nella Germania cinquecentesca di Martin Lutero. Ma l'infallibile pontefice romano non se ne rende conto.

FONTE

di Marco D'Eramo - Il Manifesto 11/3/2010
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