Il paradiso per il sacerdote erano le isole Cayman. Per lui, insospettabile religioso con un incarico nel settore amministrativo del Vaticano, era stata progettata la creazione nelle isole Cayman di una società off-shore sui cui conti far transitare gli importi dei libretti al portatore del prelato. Ma non era il solo. Quello che avevano organizzato diversi funzionari di un istituto di credito italiano era una vera e propria rete di alto profilo con un unico scopo:l’evasione internazionale in paradisi fiscali come la Svizzera e Lussemburgo. E tutto ha funzionato alla perfezione fino all’arrivo della guardia di finanza di Roma che ha denunciato 14 persone e recuperato 3 milioni di euro già riciclati in Svizzera.
Tra i ‘clienti’ dell’organizzazione c’erano imprenditori, i proprietari di una clinica privata della capitale, antiquari.
I dipendenti del gruppo bancario italiano si muovevano personalmente per raccogliere i contanti in tutta Italia,soprattutto a Roma, Milano, Firenze e Modena e portarli in una filiale a Lugano dove venivano depositati su conti ‘cifrati’.
Ma le commissioni per portare a termine le rischiose operazioni di ‘ripulitura’ erano comunque elevate, anche nei casi “standard”: di solito si avvicinavano all’1% delle somme trasferite ma erano destinate a crescere fino a sopra il 2% nei periodi (Pasqua e Natale) in cui la richiesta del particolare “servizio” finanziario raggiungeva i picchi più alti.
Il trucco era quello di far “girare” meno contante possibile per evitare di essere fermati al confine dalle Fiamme Gialle e di vedersi sequestrare il “bottino”. Si erano perciò inventati un sistema di ‘compensazione’ on the road. Il denaro infatti solo di rado varcava materialmente la frontiera. Chi voleva trasferire le somme le consegnava personalmente al funzionario di banca che, a sua volta, le metteva a disposizione di altri clienti, al contrario, bisognosi di “liquidi” da spendere in Italia. Qualche giorno dopo, le operazioni venivano registrate presso la banca estera, a credito e a debito a seconda dei casi e per i contanti movimentati. In cambio, i correntisti dovevano pagare una percentuale sulle somme e compilare una ricevuta, utilizzata come “pezza di appoggio” dell’operazione. Ma non era l’unico modo per riciclare. Tra i più gettonati, nonostante la grande complessità del sistema, il ricorso a società fantasma nei paradisi fiscali, costituite tramite fiduciarie in Svizzera e in Lussemburgo, che venivano utilizzate sia per l’emissione di fatture false (relative a finte consulenze) allo scopo di trasferire all’estero denaro solo formalmente giustificato dalle fatture, sia per realizzare, a favore dei clienti più ricchi un sistema complesso di “cartolarizzazione” dei crediti. A questo punto la fiduciaria cartolarizzava il credito emettendo obbligazioni che venivano tutte acquistate da una società “fasulla”, di solito intestata a professionisti esteri, ma riconducibile di fatto alla prima azienda italiana venditrice del portafoglio. Prima della scadenza delle obbligazioni, la società fasulla apriva un conto corrente presso la filiale svizzera del gruppo bancario. Era su questo conto che la fiduciaria, dopo aver ricomprato i titoli emessi e trattenuta una piccola percentuale per il servizio reso, versava la parte restante sul conto aperto a favore dell’impresa fasulla. E infine l’ultimo passaggio, quello decisivo: la società fasulla era posta in liquidazione e i fondi venivano trasferiti in contanti su un nuovo conto corrente rigorosamente “cifrato”, di solito intestato a un’altra falsa società, ma a disposizione dell’azienda italiana che in questo modo poteva godersi il suo ‘nero’.
FONTE
http://www.telesanterno.com/evasione-fiscale-per-il-sacerdote-il-paradiso-fiscale-erano-le-isole-cayman-sequestrati-3-milioni-coinvolti-anche-personaggi-modenesi-0401.html
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