In tanti paesi europei si può scegliere di non versare soldi alle organizzazioni religiose. Ecco come funziona
La crisi economica ha colpito i ceti medio bassi e scassato i conti pubblici. La rincorsa a nuovi fonti di finanziamento ha provocato varie polemiche nel nostro Paese, e i privilegi fiscali goduti dalla Chiesa cattolica sono finiti di nuovo al centro dell’opinione pubblica. Oltre
all’otto per mille, le
esenzioni dall’Ici e dall’Ires permettono a
l clero italiano una posizione di grande privilegio nella cristianità. Molti Stati vietano il finanziamento pubblico alle Chiese, mentre altri permettono quantomeno di non pagare a chi non crede. Nel mondo germanofono, grazie al cosiddetto
sbattezzo, le persone possono abbandonare
la confessione religiosa di appartenenza, e non pagare più la
rispettiva tassa.
NIENTE LIBERTA’, SIAMO ITALIANI – Fino al Concordato del 1985 lo Stato italiano pagava direttamente lo stipendio al clero attraverso l’assegno di congrua. Questo meccanismo nasceva come ricompensa per la fine del potere temporale avvenuta tramite la breccia di Porta Pia e l’annessione di Roma all’appena nato Stato sabaudo. Ritenendo superato questo meccanismo, il governo dell’epoca si accordò con la Santa Sede per una revisione del finanziamento della Chiesa italiana basata sull’introduzione dell’otto per mille. Questa quota dell’intero gettito delle persone fisiche sarebbe stata destinanata a istituti concordatari, oppure allo stesso Stato, previa indicazione del contribuente nella sua dichiarazione dei redditi. Il problema nasce dalla mancata destinazione dell’otto per mille. La maggior parte delle persone non indicano gli enti ai quali vorrebbero far confluire la loro quota di reddito, e questa enorme somma di denaro viene ripartita in base alle percentuali delle destinazioni espresse dalla minoranza dei contribuenti. Già questo fatto evidenzia un meccanismo poco trasparente e per nulla rispettoso della libertà delle persone, che de facto premia a dismisura la Chiesa cattolica, che percepisce la quota di gran lungo più cospicua dell’otto per mille. Il clero italico gode però di ulteriori benefici, visto che molti enti sono esentati dal pagamento dell’Ici e dell’Ires, un privilegio fiscale che ha allertato
le autorità europee. Senza contare i numerosi sussidi diretti o indiretti goduti da scuole, università e ospedali gestiti dalla Chiesa.
I FINANZIAMENTI DELLE CHIESE ALL’ESTERO– L’otto per mille evidenzia un grave problema. Milioni di cittadani devolvono incosapevolmente una parte del loro reddito alla Chiesa cattolica, solo perché non esplicitano la loro indicazione. Un finanziamento surrettizio che praticamente esiste solo in Italia. In Europa e negli altri Paesi cristiani sono presenti sia Stati che hanno abolito qualsiasi finanziamento pubblico, sia Nazioni dove i cittadini possono veramente scegliere se finanziare o meno gli enti di culto. In Francia e Stati Uniti la rivoluzione ha abolito ogni finanziamento pubblico alle Chiese, mentre in Gran Bretagna è possibile solo un finanziamento privato su base volontario, o il reddito derivato dal patrimonio delle congregazioni religiose.
In Spagna per la Chiesa cattolica sono previste varie forme di finanziamento.
Alcune sono riconducibili al sistema tributario, come la asignación tributaria, le donazioni deducibili ed una serie di esenzioni fiscali, mentre altre ne sono distinte, come gli esborsi connessi alla prestazione di alcuni servizi religiosamente caratterizzati quali l’assistenza spirituale nelle istituzioni chiuse, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, i contributi a favore dell’edilizia di culto e del patrimonio culturale di interesse religioso. Il sistema della asignación tributaria, in sostituzione del precedente sistema della cosiddetta dotación presupuestaria del Concordato franchista del 1953, è stato attuato in varie fasi a partire dal 1979. Nel 2007 a seguito di trattative tra esponenti della Conferenza episcopale spagnola e del governo spagnolo è stato finalmente raggiunto un accordo interpretativo sul sistema della asignación tributaria che è divenuto così definitivo e il cui il coefficiente dell’Irpef è stato portato allo 0,7%. In cambio la Chiesa cattolica ha accettato definitivamente l’abbandono del sistema della dotación presupuestariae il superamento dell’esenzione dall’Iva. Circa le altre confessioni religiose è prevista la possibilità di dedurre fiscalmente le donazioni volontarie soltanto per quelle che hanno stipulato accordi e cioè la Federación de Entidades Religiosas Evangelicas de España, con la Federación de Comunidades Israelitas e con la Comisión Islamica de España.
LA TASSA SULLA CHIESA – In alcuni Stati di lunga tradizione religiosa come Grecia e Belgio esistono ancora gli stipendi dei preti, pagati direttamente dai Comuni di residenza. Le Chiese in Europa ricevono fondi pubblici tramite la tassazione obbligatoria in Svezia e Danimarca, mentre in Finlandia è possibile evitare la tassa clericale, su un meccanismo del tutto simile a quello vigente in Germania. Nella Repubblica di Weimar si fissò per la prima volta in Costituzione la Kirchensteuer, la tasse delle Chiese, come finanziamento delle congregazioni religiose presenti sul suolo tedesco. Nel Concordato tra Hitler ela Santa Sede venne garantita anche alla Chiesa cattolica il diritto ad una parte fissa del gettito delle Kirchensteuer. La nuova Repubblica federale ha mantenuto, tramite l’articolo 140 della Legge fondamentale del 1949,
la regolamentazione introdotta dalla Costituzione di Weimar
. La Kirchensteuer viene riscossa dagli Stati, e può essere goduta da un’organizzazione religiosa se sussistono alcune condizioni. La comunità di fede deve essere riconosciuta come istituto di diritto pubblico, i suoi organismi direttivi devono aver indicato alcune direttivie che specificano l’utilizzo e l’ammontare della tassa, i parlamenti locali dei vari Bundesländer devono aver espresso parere favorevole alle direttive delle chiese, e infine le persone fiische devono aver espresso la loro appartenenza alle suddette comunità religiose. La tassa sulla chiesa è particolarmente gravosa, perché ammonta all’8 o 9% dell’aliquota pagata sul reddito. Quindi, se una persona paga il 30% di imposta, dovrà devolvere l’8% di quanto versato al fisco alla chiesa di appartenenza. La Kirchensteuer determina un imponente flusso di risorse verso le due grandi grandi congregazioni religiose presenti in Germania, la Chiesa cattolica e quella Evangelica. Negli ultimi anni le due chiese hanno beneficiato di svariati miliardi di euro a testa, un importo anche superiore a quanto ricevuto dal clero italiano. La Kirchensteuer è stata più volte criticata, sia dai liberali della Fdp, sia dalle formazioni di sinistra, i Verdi e la Linke. Un meccanismo abbastanza simile a quello vigente in Germania si riscontra anche in altri due Paesi dove si parla in maggioranza la lingua tedesca, la Svizzera e l’Austria. Le due repubbliche alpine hanno una diversa imposizione, nazionale in Austra, cantonale nella Confederazione Elvetica. In Svizzera, in 18 Cantoni su 26, anche le persone giuridiche sono obbligate a pagare la tassa, un tributo fiscale che permette una notevole quota di denaro, circa 400 milioni di franchi, 300/320 milioni di euro, anche di più visto l’attuale apprezzamento della divisa elvetica. Anche in Germania le imprese devolvono alle chiese una quota della tassa sui loro movimenti di capitale. In Austria la Chiesa cattolica, di gran lunga maggioritaria, riceve circa 400 milioni di euro l’anno,
in Svizzera l’importo delle imposte ecclesiastiche versate dai membri delle due grandi chiese cristiane ammonta a circa 1,3 miliardi di franchi. Anche in questo caso sono importanti le differenze tra i vari Cantoni: alcuni membri versano un’imposta cinquanta volte maggiore rispetto ad altri. Come in Germania le congregazioni religiose devono essere riconosciute, e le persone fisiche sono obbligate a pagare se fanno parte delle comunità spirituali.
LA SALVEZZA NELLO SBATTEZZO – A differenza che in Italia, dove l’intero gettito dell’Irpef è calcolato nella destinazione dell’otto per mille, in Germania, così come in Austria e in Svizzera, le persone possono effettivamente terminare i loro obblighi fiscali nei confronti delle congregazioni religiose. Per smettere di pagare le Kirchensteuer è necessario comunicare la propria fuoriuscita dalla Chiesa di appartenza, una sorta di sbattezzo che termina gli obblighi giuridici, di natura prevalentemente fiscale ma non solo, nei confronti della comunità religiosa che si vuole abbandonare.
Il Kirchenaustritt, letteralmente l’uscita dalla chiesa, è disciplinato in modo differente da Stato a Stato e cambia in Germania anche da Bundesland a Bundesland. Chi vuole abbondare la propria congregrazione religiosa deve normalmente pagare una sommma per coprire le spese burocratiche, che varia da 10 a 31 euro, mentre solo in Brandeburgo e a Berlino, oltre che la città Stato di Brema, lo sbattezzo è gratuito. Nelle due regioni dell’ex Germania Est, così come in Hessen e Nordrhein-Wesfalen, bisogna recarsi nella pretura di competenza, mentre in tutti gli altri Bundesländer l’ufficio di riferimento è quello dell’anagrafe. Anche i minori possono praticare lo sbattezzo, anche se fino ai 14 anni è necessaria la firma dei genitori. In Germania decine di migliaia di persone si sbattezzano ogni anno, sia per convinzioni religiose mutate, sia per non dover più sottostare ad un’imposizione fiscale comunque gravosa. Normalmente sono più numerosi gli abbandoni all’interno della chiesa evangelica, anche se negli ultimi anni, in conseguenza soprattutto degli abusi sessuali compiuti dai preti, anche molti cattolici hanno praticato il Kirchenaustritt.
Nel 2010 più di 180 mila fedeli di Roma hanno scelto di cancellare l’appartenenza alla chiesa cattolica. Simili regole valgono in Austria e in Svizzera, anche se nella Confederazione Elvetica lo sbattezzo si compie presso la propria comunità religiosa e non presso le autorità civili.
IPOTESI ITALIANA ? – Prevedere che una persona finanzi la religione sembra un’impostazione troppo rispettosa dei diritti per essere italiana. In effetti nel nostro Paese non è affatto così, dato che che la gran parte dei finanziamenti dell’otto per mille a beneficio del clero arrivano dalle persone che non hanno indicato alcuna destinazione nella propria dichiarazione dei redditi. Come rimarcato da
un articolo di Lettera 43 La chiarezza è un atto dovuto in particolare nei confronti di quei fedeli che con grande difficoltà pagano tutti i balzelli; ai piccoli imprenditori, commercianti e artigiani che non possono contare sulle stesse esenzioni che diventano una scorretta distorsione del principio di concorrenza. Trasparenza che potrebbe inoltre evitare delusioni e rinunce come in Germania. Perché se è vero che in terra tedesca non si paga più la tassa, in Italia è altrettanto facile togliere la propria firma sul prossimo otto per mille.
In Italia il termine sbattezzo, con il quale si può tradurre il Kirchenaustritt tedesco, ha in realtà un significato diverso. Ecco come la UAAR, l’associazione degli atei e degli agnostici razionalisti,
definisce la questioneLo sbattezzo, visto dalla parte della Chiesa, si chiama apostasìa. Se da un punto di vista dottrinale è un peccato mortale, per il diritto penale della Chiesa, applicabile a tutti i battezzati, rappresenta invece un «delitto» (Codice di diritto canonico, can. 1041).Ne consegue che, per la Chiesa cattolica, chi si proclama ateo e agnostico, anche se non si sbattezza, è da considerarsi un apostata, e pertanto soggetto alla scomunica latae sententiae (can. 1364), un tipo di provvedimento canonico che si applica automaticamente, anche se la Chiesa non è al corrente del “delitto” commesso (lo stesso provvedimento comminato dal codice, per esempio, alla fattispecie di aborto volontario).
Le conseguenze dell’apostasia e della relativa scomunica sono:
• esclusione dai sacramenti;
• privazione delle esequie ecclesiastiche in assenza di segni di pentimento;
• esclusione dall’incarico di padrino o madrina per battesimo e confermazione;
• necessità della licenza del vescovo per l’ammissione al matrimonio canonico.
L’Associazione per lo Sbattezzo nacque negli anni ’80 proprio su queste tematiche. Suo il merito di aver sollevato il problema in Italia: attraverso questa associazione sono partite le prime lettere con le richieste di cancellazione dal registro dei battezzati. Il modulo che presenta sul suo sito, tuttavia, è privo di valore giuridico, non facendo riferimento ad alcuna legge dello Stato italiano. Oggi la parola sbattezzo (la cui prima attestazione risale al XV secolo) è entrata a far parte dei dizionari. Nel 1995 l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti ha avviato una campagna per la “bonifica statistica” dei battezzati. Dopo aver verificato le risposte fumose ed evasive alle richieste di cancellazione ricevute dai parroci (le poche volte che costoro si degnavano di rispondere), ha preferito spostare il confronto in sede giudiziaria. Attraverso un socio individuato ad hoc, ha così intrapreso un ricorso al Garante per la protezione dei dati personali (Stefano Rodotà), chiedendo di intervenire nei confronti delle parrocchie refrattarie alla cancellazione del battesimo. Il 13 settembre 1999 il Garante per la protezione dei dati personali si è pronunciato sul ricorso del socio UAAR. Secondo il provvedimento del Garante non si può cancellare il battesimo, in quanto esso documenta un episodio effettivamente avvenuto.È però possibile, per chiunque lo desideri, far annotare la propria volontà di non appartenere più alla Chiesa cattolica. Si tratta di un riconoscimento importante, con il quale per la prima volta la giurisprudenza italiana ha stabilito una procedura per l’ottenimento di un elementare diritto civile, quello di non essere più considerati “figli della chiesa”.
Nel 2011, in un’epoca di grandi difficoltà finanziarie degli Stati, costretti a tagliare servizi essenziali per poter accedere al credito degli investitori internazionali, una ridefinizione dei contributi da destinare alla Chiesa potrebbe essere una soluzione rispettosa delle libertà di pensiero e capace di scovare qualche risorsa in più per gli esangui conti pubblici. Chi crede ha tutto il diritto di finanziare la propria comunità di appartenenza religiosa, ma chi non ha fede ha lo stesso diritto a non essere tartassato.
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