sabato 30 giugno 2012

IOR, UN CONTO SEGRETO INTESTATO A UN LAICO «PER IL RICICLAGGIO»

Gotti TedeschiI pm a caccia del nome del beneficiario - di Fiorenza Sarzanini
ROMA — La prima indicazione l'ha data Ettore Gotti Tedeschi nel suo interrogatorio di fronte ai magistrati romani. Ma poi ha rifiutato di svelare l'identità del titolare del conto. E tanto è bastato per avviare una nuova fase di indagine. Perché quel deposito aperto presso lo Ior appartiene a un laico e perché potrebbe essere il veicolo di operazioni di riciclaggio di soldi. È la pista più scottante dell' inchiesta avviata nella capitale, quella che esplora i rapporti tra le gerarchie ecclesiastiche e i pochi privilegiati — politici, faccendieri, funzionari dello Stato — ammessi all'interno della banca vaticana che lì, con la garanzia dell'anonimato, possono mettere al sicuro il proprio denaro.

Accade tutto due settimane fa, quando il banchiere licenziato dal board dell'Istituto opere religiose il 24 maggio scorso, viene interrogato dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dal sostituto Stefano Rocco Fava. I pubblici ministeri hanno già esaminato il suo memoriale che attraverso lettere, email e appunti ripercorre i suoi due anni al vertice, gli scontri con il direttore generale Paolo Cipriani, le «pressioni» della segreteria di Stato, la sua ricerca di consenso da parte del Pontefice. «Quando chiesi notizie sui conti laici iniziò la guerra», aveva scritto Gotti in quella sorta di «testamento» affidato alla segretaria e destinato proprio al Papa e a due amici «se dovesse succedermi qualcosa». Ed è su questo che i magistrati sollecitano spiegazioni, tenendo conto che il banchiere ha indicato alcuni «nemici» e nella lista ha inserito lo stesso Cipriani, ma anche alcuni fedelissimi del cardinale Tarcisio Bertone come Marco Simeon, potente direttore di Rai Vaticano e responsabile delle relazioni istituzionali della televisione di Stato.

Ecco quanto racconta Gotti ai magistrati romani: «Mi ero incuriosito perché avevo letto che una personalità coinvolta in un'inchiesta giudiziaria era titolare di un conto presso lo Ior. Chiesi subito spiegazioni a Cipriani, ma lui si rifiutò di parlarmi di quella vicenda. E di fornirmi dettagli. Mi confermò soltanto il nominativo, non volle dirmi nulla». I pubblici ministeri cercano di saperne di più, vorrebbero conoscere il nome della persona. A questo punto il banchiere decide di avvalersi «della facoltà di non rispondere». E tanto basta per infittire il mistero e convincere gli inquirenti ad avviare una nuova fase di accertamenti. È vero che il presidente dello Ior non ha competenza sulla gestione dei depositi, ma il rifiuto di Cipriani alimenta il sospetto sulle operazioni compiute.

Il direttore generale è inquisito con lo stesso Gotti dalla Procura di Roma per il riciclaggio di 23 milioni di euro transitati su un conto esterno. E nel corso di quell'indagine avrebbe mostrato forti resistenze rispetto alla possibilità di aiutare gli investigatori a ricostruire le movimentazioni di denaro. Un atteggiamento analogo a quello di Gotti che però, dopo il licenziamento avvenuto il giorno prima dell'arresto del maggiordomo del Papa e con un velenoso strascico di polemiche circa l'eventualità che fosse proprio lui uno dei «corvi», ha fatto sapere di voler collaborare e dagli inizi del mese risponde alle domande dei magistrati della capitale e di quelli napoletani che indagano su Finmeccanica e su alcuni appalti assegnati alla Santa Sede.

A chi appartiene dunque quel conto? E perché tanto mistero? Il fatto che Gotti lo leghi a notizie apparse sui giornali fa presumere che possa essere collegato a una delle inchieste sulle tangenti avviate negli ultimi anni. Certamente durante le verifiche sui soldi versati per ottenere commesse nell'ambito dei «Grandi eventi» sono stati scoperti «passaggi» su conti Ior e non è escluso che la persona di cui parla Gotti sia legata proprio a quella «cricca». Ma le verifiche si indirizzano anche su altri filoni come la P4 o la stessa Finmeccanica. Indagini che riguardano centinaia di migliaia di euro pagati per accaparrarsi i lavori e che i destinatari potrebbero aver fatto transitare su depositi «garantiti» proprio per farne perdere le tracce.

Le verifiche sono state affidate al nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza che già indaga su una decina di conti intestati a religiosi, ma che in realtà sarebbero stati utilizzati come prestanome da chi aveva bisogno di muoversi dietro il paravento dell'anonimato. Preti e suore che avrebbero messo a disposizione il proprio conto consentendo ai reali beneficiari di poter occultare le proprie ricchezze tra i proventi di donazioni benefiche e i fondi accantonati per il sostentamento dei bisognosi.

Corriere 29.6.12
http://spogli.blogspot.it/
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