giovedì 28 luglio 2011
PEDOFILIA E CHIESA CATTOLICA:NERVI TESI TRA IL VATICANO E IL GOVERNO IRLANDESE
Non è un gesto usuale quello messo in campo oggi dalla Santa Sede per rispondere alle critiche durissime arrivate in queste settimane dall'Irlanda, dove la pubblicazione del rapporto sugli abusi su minori nella diocesi di Cloyne ha portato l'indignazione popolare nei confronti della Chiesa a livelli senza precedenti. La Segreteria di Stato ha reso noto questa mattina di aver richiamato il nunzio apostolico a Dublino, monsignor Giuseppe Leanza, “per consultazioni”.
Il motivo ufficiale è la preparazione della risposta vaticana, richiesta dal governo irlandese sul rapporto Cloyne e in particolare su una lettera datata 31 gennaio 1997 dell'allora nunzio apostolico, monsignor Luciano Storero, ai vescovi irlandesi, che riferisce le “serie riserve” del Vaticano sull'obbligo di denunciare i preti pedofili, contenuto nelle linee guida adottate della Conferenza episcopale due anni prima.
Ma il vice-direttore della Sala Stampa vaticana, padre Ciro Benedettini, illustrando ai giornalisti lo scarno comunicato che annunciava il richiamo dell’ambasciatore, ha sottolineato che si tratta di una «misura cui raramente la Santa Sede fa ricorso».
Nella nota si «evidenza la serietà della situazione, la volontà della Santa Sede di affrontarla con obiettività e determinazione” ma anche una “certa sorpresa e rammarico per alcune reazioni eccessive». Il riferimento va soprattutto alle parole del primo ministro di Dublino, Enda Kenny, pronunciate mercoledì scorso durante un dibattito parlamentare. In quell'occasione, Kenny ha accusato il Vaticano di aver avuto una posizione “calcolatrice e devastante” sugli abusi, di essere dominato da una cultura all'insegna dell'“elitismo e del narcisismo”, e di aver cercato di “ostacolare l'inchiesta di una Repubblica sovrana e democratica appena tre anni fa”.
Lo stesso Cloyne Report definiva la reazione del Vaticano di fronte agli abusi di “nessun aiuto”. Tuttavia, ha sottolineato padre Benedettini, si tratta di un gesto che «va interpretato nella linea di una volontà della Santa Sede finalizzata ad una seria e fattiva collaborazione». Le parole del primo ministro sono state giudicate “violente” e “imprecise” in Vaticano, soprattutto perché ignorano gli sforzi fatti dalla Santa Sede negli ultimi anni per chiarire le proprie procedure e punire più rapidamente i casi di abuso, e che hanno suscitato un ampio dibattito anche in Irlanda.
Nei giorni scorsi, tre vescovi irlandesi – quello di Down and Connor, monsignor Noel Treanor, quello di Dromore, monsignor John McAreavey, e l'ausiliare dell'arcidiocesi di Armagh, monsignor Gerard Clifford – hanno sì preso le distanze dalle parole del premier, aggiungendo però che riflettono bene la “rabbia” e lo “smarrimento” provato dai fedeli irlandesi davanti ai fatti documentati dal rapporto.
La settimana scorsa, era stato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, a prendere posizione sul tema, chiarendo che «la Santa Sede risponderà opportunamente alla domanda posta dal Governo irlandese a proposito del Rapporto sulla diocesi di Cloyne» e aggiungendo tuttavia l'augurio che «il dibattito in corso su temi così drammatici si sviluppi con lanecessaria obiettività, in modo da contribuire alla causa che deve stare maggiormente a cuore a tutti, cioè la salvaguardia dei bambini e dei giovani e il rinnovamento di un clima di fiducia e collaborazione a questo fine, nella Chiesa e nella società».
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