Giuseppe detto Sergione e Carlo Alberto: oggi in carcere per usura, qualche anno fa sulla bocca di tutti per il collegamento con la storia della cittadina vaticana.
Chi lo vedeva a volte presentarsi alla Banca dell’ Agricoltura dei Colli Portuensi per “versare”, come diceva sempre, si ricorda che era tanto grosso da non riuscire a entrare nell’automobile. Chi l’ha conosciuto “ma è roba de quarant’anni fa”, invece, non ha proprio voglia di parlarne: “So’ cose che è meglio dimenticare, e poi che l’hanno arrestato non vuol dire niente: lo sai quanti ministri arrestano entro la fine dell’anno?”. Chi invece l’ha osservato all’opera fa sapere che sapeva come gestire le sue vittime. Mai aggressivo, quasi accomodante nei modi. La sua forza risiedeva anche nel suo passato: il biglietto da visita di ex membro della Banda della Magliana bastava ad incutere timore e rispetto dai suoi ‘clienti’. Clienti tra i quali comparivano commercianti, imprenditori, anche ex carabinieri e vip come Marco Baldini, ‘spalla’ di Fiorello, indebitato per gioco d’azzardo e scommesse.
SERGIONE S.R.L. - Giuseppe De Tomasi, alias Sergione, era a capo di un gruppo criminale composto esclusivamente dai suoi familiari dedito all’usura, all’estorsione e al riciclaggio. Oggi per lui si sono riaperte le porte del carcere, raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Roma, Tommaso Picazio. Secondo l’accusa, Sergione aveva creato una holding familiare, una sorta di gruppo criminale tra congiunti basato su un imponente giro di usura e la gestione di sale da gioco. “Familiare” anche il nascondiglio di parte del tesoro della banda: un cuscino dove sono stati trovati 30 mila euro. “In quell’occasione ci è sembrato strano – hanno spiegato gli inquirenti – il fatto che De Tomasi non mollasse mai il cuscino, anche quando si è accasciato per un malore”. La banda imponeva tassi usurai che raggiungevano anche il 5% mensili. Il figlio di Sergione, Carlo Alberto, gestiva tre sale da gioco a Roma che ora sono state poste sotto sequestro. “I giocatori d’azzardo per fare fronte ai debiti si rivolgevano all’uomo per chiedere prestiti” ha aggiunto Rizzi.
SERENDIPITY – Soldi prestati a strozzo, l’accusa mossa dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo che e’ giunto a scoprire l’attivita’ illecita di Sergione grazie ad un’altra inchiesta da lui condotta, quella del sequestro di Emanuela Orlandi. Sergione e il figlio, Carlo Alberto (arrestato anche lui oggi), vennero ascoltati in Procura alcuni mesi fa in quanto, in base ad una perizia fonica, risultano essere coinvolti nella vicenda di quasi trent’anni fa. Giuseppe De Tomasi sarebbe infatti il ‘Mario’ che , il 28 giugno ’83, sei giorni dopo la scomparsa di Emanuela telefonò a casa della famiglia della ragazza. Carlo Alberto sarebbe la persona che nel 2005 chiamo’ alla trasmissione ‘Chi l’ha visto’ affermando che nella basilica di Sant’Apollinare era sepolto Enrico De Pedis, detto Renatino. Vicende lontane nel tempo com’è lontana l’amicizia che lega Sergione con Roberto Simmi, padre di Flavio ammazzato il 5 luglio scorso in strada a Prati.
CHE STORIA E’? – Simona Maisto, il magistrato che oggi segue il caso Orlandi ci ha detto che, riguardo la perizia telefonica, c’erano maggiori certezze riguardo l’identificazione di Giuseppe rispetto a quella di Carlo Alberto, e suona un po’ strana, come cosa, visto che di sicuro la qualità della prima registrazione era peggiore rispetto a quella della seconda: un registratore Geloso degli anni ’80 qualitativamente non può combattere con le registrazioni della Rai degli anni 2000. Eppure questa storia della registrazione telefonica andrebbe riraccontata, alla luce dei fatti di oggi:
Sabato 25 e domenica 26 chiama Pierluigi, che dice di avere 16 anni. Non esiste, a quanto se ne sa, trascrizione di questa telefonata. “Emanuela è viva e sta bene ma si vuole allontanare da casa per un po’. Tornerà presto”, dice, e aggiunge due particolari decisivi: cita la Avon e riferisce dell’idiosincrasia della ragazza per gli occhiali. Dopo questo, Pierluigi esce di scena e non ci torna più. Si presenta Giulio Gangi. Appena assunto al Sisde con il ruolo di coadiutore, arriva a casa dei genitori di Emanuela per cominciare un’indagine. E’ lì perché è legato da affettuosa amicizia con la figlia di Mario Meneguzzi, zio di Emanuela; ma ai genitori non lo dice. Mette sotto controllo il telefono e opera una vera e propria perquisizione, ripetuta nei giorni seguenti. Motivo? Crede che Emanuela sia stata rapita da un’organizzazione criminale dedita alla prostituzione giovanile. Ma dice alla mamma che riavrà la figlia a breve, massimo in capo a qualche mese. Perché? Dirà poi che voleva “rasserenarla” (dal libro “Mistero Vaticano” di Pino Nicotri, Kaos Edizioni). Il 28 il telefono torna a squillare: è “Mario”. Ha un bar dalle parti di ponte Vittorio e vuole scagionare un suo amico rappresentante della Avon. Ha visto Emanuela. Si fa chiamare Barbara, è stufa della routine familiare ma tornerà alla fine dell’estate, per il matrimonio della sorella.
Questa registrazione racconta la storia di una persona che vuole assolutamente rassicurare gli Orlandi sul fatto che la figlia è ancora viva. Ma non aveva nessuna intenzione di mettere in piedi la storia del “rapimento internazionale” montata poi, con i Lupi Grigi, il Turkesh e così via. Quella scatenatasi nei mesi successivi, dopo il primo intervento del Papa sul tema: il giorno in cui, temporalmente parlando, il caso di Emanuela Orlandi divenne da semplice scomparsa in rapimento con complotto internazionale.
IL COMPLOTTO INTERNAZIONALE - Una pista già analizzata in altre sedi, e che si caratterizzava per una caratteristica: non ha mai fornito una sola prova tangibile dell’esistenza in vita di Emanuela. Tutti erano lì, a raccontare ciò che c’era da fare per far liberare la Orlandi, e nessuno che avesse la forza di scattarle una mezza foto con il giornale del giorno prima, anche solo per accreditarsi di fronte alla “concorrenza indiavolata” che si era scatenata in quei giorni, soprattutto per motivi di politica internazionale che con la scomparsa di una ragazzina c’entravano ben poco. Anzi, quasi zero. Come era scomparsa la ragazzina?
Dalla scuola, Emanuela telefona a casa; parla con una delle sorelle, Federica, e le dice che uno le ha promesso 375mila lire per distribuire prodotti delle sorelle Fontana al Salone Borromini, e viene all’uscita per sapere se può andarci. Le dice. Però combacia, se non fosse che questa storia, secondo Ettore, era già arrivata agli orecchi del vigile e del poliziotto tramite Pietro. Quindi non combacia. O meglio, combacia con quello che dice Emanuela. Quello che è accaduto realmente non lo sappiamo. All’uscita di scuola, Raffaella Monzi – un’altra studentessa – secondo la sua testimonianza raggiunge Emanuela, per aspettare con lei “l’uomo della Avon”. Poi se ne va, mentre le si avvicina “un’altra ragazza” – dirà lei – che le sembra un’altra allieva (Laura Casagrande); questa, però, negherà. Da quel momento la cittadina vaticana sparisce.
Tutto qui. Un uomo, o forse un ragazzo più grande, le ha fatto questa proposta, e dopo qualche ora la ragazzina è scomparsa. Niente boss della criminalità organizzata, niente intrighi internazionali con inglesi e turchi e russi e americani, niente monsignori bollenti impegnati in improbabili festini, una storia come tante. Anche la storia di Pierluigi, il ragazzetto che chiama per primo e di cui non c’è una testimonianza audio, anche lui intento a far credere che la ragazzina sia viva e si sia soltanto allontanata, e non rapita.
LA HOLDING - Dice l’Ansa che nell’operazione, denominata ‘Luna nel Pozzo’, sono finiti in manette anche la moglie di ‘Sergione’, Anna Maria Rossi, la figlia Arianna, la consuocera, il genero e l’ex fidanzata del figlio. Una struttura ‘familiare’ in cui tutti avevano un ruolo preciso: dai semplici ‘autisti’ agli esattori, destinati a riscuote le somme dalle vittime. In totale sono circa 54 le perquisizioni effettuate e sotto la lente ce n’è una, quella presso l’abitazione della figlia di De Tomasi, Arianna, dove gli inquirenti sospettano sia nascosto il “tesoro” della banda. I conti correnti sequestrati sono 21, dieci gli immobili tra cui anche delle villette in costruzione. Le forze dell’ordine hanno posto sigilli anche a 10 autovetture e sequestrati le quote azionarie di 10 società.
VITTIME ILLUSTRI - Tra le vittime anche un nome noto, quello di Marco Baldini, conduttore radiofonico e storica spalla di Fiorello nei suoi show. In totale Baldini ha ricevuto da Sergione circa trentamila euro, prestiti dovuti alla sua ossessione per il gioco e in particolare per le corse ippiche. Un pensionato, Sergione, per Baldini, ‘un signore di una certa età che poteva prestarmi dei soldi’, ‘con me lui non si è mai comportato male o da malavitoso’, ha aggiunto. Nelle rete dei prestiti a tassi da capogiro, secondo quanto emerso dall’ordinanza, anche due ex carabinieri, alcuni imprenditori, un medico legale (indebitato per circa 50mila euro e ritenuto poco collaborativo dagli inquirenti) e alcuni commercianti del settore carni tra cui un venditore ambulante di porchetta nella zona di piazza Navona, finito nei guai per un debito di 70mila euro. Una storia che c’entra poco con la scomparsa di Emanuela Orlandi. Ma d’altronde, anche la scomparsa di Emanuela Orlandi potrebbe, alla fine, entrarci poco con tutte le piste investigative oggi di moda. Persino quella fichissima della Banda della Magliana. Emanuela Orlandi potrebbe non essere un Romanzo Criminale, ma una semplice storia di cronaca nera.
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