La seconda è costituita dalla volontà di non voler «in nessun momento intromettersi nel dibattito, tuttora in corso, sulla santità di Pio XII, riguardante il processo dei canonizzazione aperto in suo favore e le polemiche contrarie che lo ritengono ingiusto». Detto questo, papa Pacelli - scrive Frale - era «enormemente» interessato dal luogo della tomba di Pietro e la cappa di segretezza che avvolgeva gli scavi dipendeva soprattutto «dalla necessità di proteggere il prestigio della Sede Romana e della stessa Basilica». A capo degli scavi era monsignor Ludwig Kaas, esponente di spicco del partito cattolico di Centro all'epoca della repubblica di Weimar. Assolutamente inesperto di archeologia e di tecniche di scavo, Kaas era però in stretto contatto con Josef Muller, un ignoto avvocato di Monaco, estraneo al Vaticano ma l'unico a poter visitare la necropoli peraltro inaccessibile a tutti, compresi i cardinali del Sacro Collegio. Fatto sta che il luogo - dove l'imperizia di Kaas creò molti guasti - con il procedere della guerra, con l'occupazione nazista di Roma e la 'Judenaktion' del 16 ottobre del '43, diventò qualche cosa di altro: la sede di una rete informativa segreta in grado di opporsi alla barbarie nazista e di offrire aiuto agli ebrei perseguitati. In questo il libro di Frale si intreccia direttamente con la figura di Pio XII: l'autrice fornisce una grande quantità di informazioni sull'operato del papa in quelle contingenze e ne analizza le motivazioni delle scelte e dei 'silenzì. Tanto da poter concludere: «se fu santo oppure no, se sbagliò politica o fece bene, questo lo diranno gli altri. Ma non si può negare che sotto i sontuosi paramenti pontificali, dietro quell'apparenza tanto compunta e rigorosa, stava la tempra di un uomo non comune. Di quelli che lasciano comunque un segno indelebile nella storia».
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