lunedì 20 dicembre 2010

RACCONTI DELLA CREAZIONE: LE DUE VERSIONI A CONFRONTO


Satana osserva Adamo ed Eva(fonte sacerdotale)

A) Il primo racconto della creazione (1,1 - 2,4a) viene attribuito ai circoli sacerdotali del Tempio di Gerusalemme e rivela un intenso lavoro di elaborazione teologica. Esso viene datato all’ incirca intorno ai secoli VI-V a.C., epoca in cui gli ebrei si trovavano prigionieri a Babilonia e in cui si auspicava un destino migliore per il popolo di Israele. Risente di un clima di attesa e non a caso il testo è coevo ai grandi libri profetici. I biblisti moderni usano parlare di una "creazione bagnata", in cui tutto esce dalle acque.
In un certo senso può essere definito una piccola "apocalisse genetica", anzi "rigenetica", nel senso che il redattore vuol far coincidere la fine della storia del popolo ebraico (costretto all' esilio) col suo inizio; dalla tragedia della distruzione del regno si vuol passare al recupero delle origini, come se si volessero azzerare tutte quelle epoche in lui gli uomini hanno sperimentato solo gli aspetti negativi dell' antagonismo sociale. Qui infatti all' antropologia del racconto jahvista si preferisce la cosmologia.
Tutti gli esseri dell' universo vengono creati secondo un ordine crescente di dignità, di cui il vertice è l'essere umano: una sequenza di eventi che si conclude col riposo sabbatico. Nella teologia ebraica non è l'uomo che "dà senso" alle cose, in quanto egli stesso fa parte di questo "senso", cioè all'interno del "creato" l'uomo è il ricettacolo del "senso" per eccellenza, come cosa che gli è "data" dal creato stesso, tant'è che si parla di essere umano, maschile e femminile, a "immagine e somiglianza" di dio, che è a sua volta maschile e femminile, in quanto lo "spirito" di Jahvè in ebraico si dice, al femminile, "ruach": dunque "padre" e "madre", "re" e "regina".
La stessa nozione di "dio" (Jahvè-Elohim) è il tentativo di dar un "senso ordinato" ("cosmos") a un creato (o meglio a un'esistenza terrena) che non ha più senso ("caos"), a un creazione storico-terrena in cui l'essere umano ha perduto il significato della propria vita, avendo dato origine alle civiltà basate sullo schiavismo. Ciò che era "naturale" tra gli esseri umani è diventato "artificiale" (la separazione dei ceti e delle classi) e in questa artificiosità la nozione di "dio" viene introdotta proprio per recuperare in maniera simbolica la naturalità perduta.
L’autore di Gen 1, 1-2,4a non ha fatto altro che sintetizzare, in maniera molto originale, varie mitologie orientali e mesopotamiche, che ha conosciuto vivendo in esilio, con la storia del suo popolo. Nelle prime sette tavolette d’argilla dell’Enuma Elish ("Quando in alto") sono descritte la creazione dei cieli e della terra e di tutto ciò che vi è in essa, compreso l’uomo, e la lode a un eroe di sangue divino, Marduk, che poi è il dio fondatore della città di Babilonia, che nel settimo giorno si riposò (cessò ogni suo lavoro), dopo aver abbattuto Tiamat, il drago del caos, e averlo separato in due: con una metà creò il cielo, e in esso gli astri, e con l'altra la terra, e in essa gli esseri viventi. Marduk costruisce l'uomo dalla terra, ma invece di alitargli nelle narici il suo spirito vitale, mescola la pasta argillosa col sangue maledetto del dio Kingu, il dio ribelle ucciso da Marduk, sicché l'uomo diventa incline al male sin dalla nascita.
Anche la Genesi di Eridu, il poema di Gilgamesh o il poema assiro Atrahasis tendono a mostrare la creazione come una vittoria di dio su forze malvagie, centrifughe, che tendono a riportare l'universo al nulla che era un tempo. La stessa creazione di Adamo è preceduta dall'epos sumera della Creazione di Adapa. In genere anzi nell'antico oriente la creazione avveniva attraverso una battaglia tra divinità, per cui il modello più significativo che rappresentava dio era il guerriero intento a combattere.
La differenza sta nel fatto che il racconto ebraico, più sobrio e più concreto (tant'è che non si vede una cosmogonia di più dèi in conflitto tra loro, come p.es. nella Teogonia di Esiodo), concede meno spazio al mito e alle vicende fantastiche, e permette agli esseri umani di avere sempre un ruolo di primo piano. P.es. nell'epopea di Gilgamesh l'eroe, che vede l'immortalità appartenere solo agli dèi e a un unico uomo relegato in un'isola, è convinto, peraltro invano, di poterla ottenere individualmente. Nella Genesi invece l'albero della vita appartiene a tutti gli uomini e le donne dell'Eden e, per conservarne i frutti, si tratta soltanto di operare la scelta giusta: non c'è una condanna metafisica da subire con rassegnazione.
L'uso della parola "Elohim" sta comunque ad indicare gli "dèi dei popoli mesopotamici", di cui quello ebraico è parte integrante: un dio per ciascun popolo. Tradurla come "theòs" o "deus", intendendo un ente totalmente autonomo rispetto all'uomo e indipendente dal creato, un essere assoluto che esiste di per sé, chiuso nella propria autosufficienza, non ha alcun senso per la teologia ebraica.
Vi è anche chi sostiene che, pur essendo grammaticalmente plurale, Elohim, nella Genesi (5,22; 6, 9-11; 17,18), non è che un "plurale di eccellenza" o un "plurale astratto", che esprime in sommo grado il concetto di divinità e, insieme, l’infinita molteplicità degli attributi che essa assomma in sé, contenendoli nella loro espressione assoluta, più elevata e pura. In Genesi 2-3 e in altri passi, l’identità di Elohim è fusa esplicitamente con quella di Jahvè e dunque la traduzione del primo versetto sarebbe "In principio (bereshit) Dio (Elohim) creò (bara‘) il cielo [anzi, secondo la cosmologia ebraica dell’epoca, "i cieli", "shamaim"] e la terra".

(fonte jahvista)

B) Il secondo racconto (2,4b - 3,24), che si reputa più antico (sec. X-IX a.C.), è attribuito alla tradizione jahvista, così chiamata perché designa dio con il nome di Jahvè. I biblisti qui parlano di una "creazione asciutta", in cui dio deve far piovere per dar vita alla terra, e l’uomo viene creato con la polvere.
Il racconto risale presumibilmente al periodo salomonico, o immediatamente successivo, epoca in cui le relazioni diplomatiche e i matrimoni del sovrano creavano un clima di intensi scambi con le altre culture, anche quelle del Vicino Oriente. Ma pur essendo nato in Israele, esso utilizza anche simboli e materiale mitologico delle culture vicine.
Il racconto appare più concreto dell'altro semplicemente perché cerca di focalizzare il momento in cui è avvenuta la separazione all'interno della comunità primitiva tra la proprietà collettiva dei beni e quella individuale, fonte di tutti gli antagonismi sociali. In tal senso vuol essere anche una critica alle illusioni della fase monarchica del popolo d'Israele.
Quello sacerdotale invece vuol far capire, pur nella sua inevitabile astrattezza, che, prima di questa separazione, gli esseri umani vivevano "felici" sulla terra, in quanto non condizionati da conflitti di ceti o di classi. E' ancora più mitologico dell'altro in quanto il redattore s'illude di poter far rivivere al popolo ebraico una nuova epopea, che riprenda i temi dell'antichità, attraverso la mediazione dell'alto clero, che si ritiene, autonomamente, l'unico ceto in grado di ridimensionare le ambizioni della monarchia giudaica.
Quando viene detto che furono creati "il cielo e la terra" si vuole appunto intendere qualcosa di positivo, che non comprende certo gli "inferi". In un racconto insomma si vuol far sognare una primordiale età dell'oro; nell'altro invece che la perdita di questa felicità, con tutti i suoi prezzi da pagare, non può essere attribuita al caso o a qualche evento naturale, bensì allo stesso genere umano. I miti di creazione che provengono dal mondo extra-biblico spesso presentano una concezione negativa dell’uomo, considerato schiavo degli dèi, quindi non libero, non responsabile del male che compie.
La Bibbia insomma comincia a occuparsi della creazione in un’epoca relativamente recente, nel periodo post-esilico, quando i popoli che abitavano nella Mezzaluna fertile e in Egitto, da secoli si erano già interrogati su questo tema e avevano prodotto opere considerevoli. Questo ritardo può forse essere spiegato col fatto che l'ebraico era un popolo molto concreto, con un forte senso "storico" delle proprie tradizioni (basate prevalentemente sull'Esodo), poco avvezzo a porsi domande cui non era per nulla facile trovare risposte. Solo quando si trovò a dover riflettere su esperienze particolarmente negative, il genio creativo e culturale di questo popolo si cimentò anche in tale impresa.
Infine va detto che, benché le copie esistenti del più antico testo ebraico (almeno fino alle scoperte di Qumran) risalivano solo al X secolo d.C., il confronto con la traduzione greca dei "Settanta" o "Septuaginta" (scritta dal 200 a.C. al 150 a.C. circa; i manoscritti più vecchi ancora esistenti risalgono al 325 d.C.), depone a favore di una trascrizione fedele da parte dei copisti e traduttori. Confermata peraltro anche dalla scoperta, negli anni 1947-1956, dei rotoli del mar Morto (manoscritti datati al periodo 200-100 a.C.): sono alcune piccole varianti sono state rilevate e nessuna cambia il significato di un brano.

LE DUE VERSIONI A CONFRONTO


Fonte Sacerdotale
cap. 1
[1]In principio Dio creò il cielo e la terra. [2]Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
[3]Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. [4]Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre [5]e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
[6]Dio disse: «Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». [7]Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E così avvenne. [8]Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
[9]Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l'asciutto». E così avvenne. [10]Dio chiamò l'asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona. [11]E Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie». E così avvenne: [12]la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. [13]E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
[14]Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni [15]e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne: [16]Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. [17]Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra [18]e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. [19]E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
[20]Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». [21]Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. [22]Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». [23]E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
[24]Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie». E così avvenne: [25]Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona.
[26]E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
[27]Dio creò l'uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
[28]Dio li benedisse e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra;
soggiogatela e dominate
sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente,
che striscia sulla terra».
[29]Poi Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. [30]A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. [31]Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.
cap. 2
[1]Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. [2]Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. [3]Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto. [4a] Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.
Fonte Jahvista
cap. 2
[4b]Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, [5]nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata - perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo [6]e faceva salire dalla terra l'acqua dei canali per irrigare tutto il suolo - [7]allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente.
[8]Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato. [9]Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. [10]Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. [11]Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c'è l'oro [12]e l'oro di quella terra è fine; qui c'è anche la resina odorosa e la pietra d'onice. [13]Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d'Etiopia. [14]Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l'Eufrate.
[15]Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
[16]Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, [17]ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti».
[18]Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile». [19]Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. [20]Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. [21]Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. [22]Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. [23]Allora l'uomo disse:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall'uomo è stata tolta».
[24]Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. [25]Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna.
cap. 3
[1]Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». [2]Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, [3]ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». [4]Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! [5]Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». [6]Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. [7]Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
[8]Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. [9]Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?». [10]Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto».
[11]Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?».
[12]Rispose l'uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato». [13]Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
[14]Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché tu hai fatto questo,
sii tu maledetto più di tutto il bestiame
e più di tutte le bestie selvatiche;
sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
[15]Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe
e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».
[16]Alla donna disse:
«Moltiplicherò
i tuoi dolori e le tue gravidanze,
con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
ma egli ti dominerà».
[17]All'uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo
per tutti i giorni della tua vita.
[18]Spine e cardi produrrà per te
e mangerai l'erba campestre.
[19]Con il sudore del tuo volto mangerai il pane;
finché tornerai alla terra,
perché da essa sei stato tratto:
polvere tu sei e in polvere tornerai!».
[20]L'uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.
[21]Il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e le vestì. [22]Il Signore Dio disse allora: «Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre!».
[23]Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. [24]Scacciò l'uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all'albero della vita.


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